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Giorgetti: “Anche oggi si taglia l’Irpef domani”

Il governo promette meno tasse al ceto medio, ma rimanda tutto a un futuro indefinito. Intanto le risorse vanno altrove

Immagine generata da AI tramite DALL·E di OpenAI

Il governo continua a promettere, ma per il ceto medio il taglio delle tasse resta una chimera. Anche due giorni fa, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha rassicurato tutti: il percorso è “già avviato”, l’intenzione “più volte dimostrata”, ma servirà tempo. Quanto? Nessuno lo sa. L’orizzonte è “pluriennale”. Tradotto: se ne riparla — forse — tra un paio di leggi di Bilancio.

Nel frattempo, gli oltre 20 miliardi messi sul piatto tra taglio del cuneo fiscale, sforbiciata alle prime due aliquote Irpef e decreto Bollette sono andati tutti in direzione di chi guadagna meno. Misure legittime, per carità, ma che hanno lasciato scoperto quel ceto medio che lavora, produce e sostiene la spesa pubblica. Proprio quello evocato con toni solenni dalla premier Giorgia Meloni, quando indicava il 2025 come “l’anno delle riforme”. Riforme che, a giudicare dalle parole di Giorgetti, rischiano di slittare a data da destinarsi.

Le critiche di Marattin

A ricordare l’urgenza ci ha pensato in Aula Luigi Marattin (Misto), che ha portato all’attenzione del governo le storie di Marco, Paolo e Silvia, italiani qualunque che si sentono ormai trattati da bancomat fiscale. “Marco, Paolo e Silvia hanno beneficiato di una riduzione della pressione fiscale pari a 18 miliardi”, ha replicato Giorgetti, difendendo le scelte dell’esecutivo e rivendicando una riduzione dell’1,3% nel 2024. Ma quei 18 miliardi, ha ribattuto secco Marattin, “non sono stati stanziati per i redditi medi, come sostiene, ma per quelli bassi, sotto i 35mila euro”.

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Le priorità di spesa

E mentre il ceto medio aspetta, a Bruxelles è stata inviata la quinta richiesta di modifica al Pnrr. L’Italia cerca spazio, tra nuove tappe, obiettivi ricalibrati e margini stretti. Intanto però incombono impegni internazionali pesanti, come l’aumento delle spese per la difesa previsto dal vertice Nato di giugno, e le incertezze legate al contesto globale – con i dazi a fare da spauracchio e l’Europa che ancora valuta il piano Rearm.

In questo scenario, trovare 4 miliardi per tagliare di due punti l’Irpef sullo scaglione 35-50 mila euro, come chiede Forza Italia, sembra un’impresa da prestigiatori. Anche un intervento più contenuto rischia di far saltare i delicati equilibri di bilancio, come dimostrano i 3 miliardi già stanziati contro il caro bollette.

Alla fine della giornata, il messaggio è chiaro: chi guadagna di più, ancora una volta, aspetti il suo turno. Il taglio delle tasse arriverà. Domani.

Enrico Foscarini, 9 maggio 2025

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