Chiesa

Era meglio Ratzinger

Il teologo invece del pastore Francesco. Ma l’approccio del Papa di apertura al “gregge” non ha frenato l’emorragia di fedeli

Papa francesco morto ictus

A molti le mie opinioni sul pontificato del compianto Papa Francesco appariranno inevitabilmente severe, a diversi fuori luogo, o comunque “evitabili” (soprattutto in questo momento), e a qualcuno persino irrispettose, o peggio, eretiche. Ma poco importa per chi, come il sottoscritto, ha sempre prediletto l’eresia rispetto alla dilagante e servile ipocrisia dei conformisti. E continua a farlo, anche adesso, rispettando il punto di vista di tutti, ma senza necessariamente abdicare al proprio, solo per il gusto di apparire agli occhi degli altri affranti, pentiti, o semplicemente nell’intento di compiacere gli indignati di turno.

Probabilmente, a condizionare le mie opinioni sarà anche la fragilità della mia fede, questo lo metto in conto. E certamente, come in molti hanno già avuto modo di osservare leggendo le mie analisi precedenti sul tema, non posseggo una preparazione teologica tale da potermi addentrare approfonditamente nei meandri della materia. Ma la mia, si badi bene, vuole essere più che altro un’analisi politica dell’attualità, e non certamente un trattato dottrinale. Definiamola pure “profana”, visto che, a differenza di molti osservatori, anch’essi, al pari di Francesco, evidentemente “in aria di santità”, la sacralità non mi è mai appartenuta e mai mi apparterrà.

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Ma, comunque sia, pur trovandomi nella condizione di “profano”, o se preferite di “eretico”, e con tutto il rispetto che si deve alla memoria di un uomo appena passato a miglior vita e di un pontefice destinato a rimanere a lungo nel cuore di milioni di fedeli, su Bergoglio non posso fare a meno di ribadire, non fosse altro per coerenza, quello che ho sempre detto e pensato. Estremamente di rado ho condiviso le sue idee, la sua visione e il suo approccio rispetto ai problemi cruciali del nostro tempo. Al Francesco “pastore”, che parla la stessa lingua del gregge, e che ama la “periferia”, ma molto meno (forse troppo poco) il “centro”, ho sempre preferito la raffinatezza intellettuale del grande teologo Benedetto XVI, di certo meno vicino all’uomo, ma sicuramente più vicino a Dio. Al pacifismo ideologico di Bergoglio preferisco di gran lunga l’interventismo di Wojtyla, il cui approccio “politico” risultò a suo tempo determinante per restituire all’Europa orientale pace, libertà e democrazia. E non bisogna certo essere “vaticanisti” o conoscere a memoria ogni singolo passo delle sacre scritture, come oggi qualche perbenista sostiene, per poter esprimere un giudizio sulla realtà che ci circonda, che, al contrario, è sotto gli occhi di tutti, sebbene in molti si ostinino improvvidamente a non volerla vedere.

Il convinto superamento del “tradizionalismo” di Ratzinger e l’apertura al “gregge” teorizzata da Bergoglio non hanno minimamente contribuito a bloccare, in quest’ultimo decennio, l’emorragia di fedeli già in atto da tempo nel vecchio continente, e, per di più, la spasmodica attenzione alla periferia non ha fatto altro che acuire la crisi di quell’Europa dove il Cristianesimo era stato egemone nel corso di tutta la sua storia, e dove la battaglia della fede doveva essere combattuta e vinta.

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L’ideologismo neutralista che ha contraddistinto il pontificato di Francesco ha inoltre determinato un’evidente perdita di peso specifico di un Vaticano troppo pacifista per poter contribuire attivamente alla riaffermazione della pace. Del resto, se è vero, com’è vero, che “tutto ciò che è successo nell’Europa orientale non sarebbe stato possibile senza Giovanni Paolo II”, come ebbe a dire un certo Mikhail Gorbačëv a Muro di Berlino crollato e Unione Sovietica dissolta, allora è allo stesso modo probabile che, con un approccio come quello di Francesco alla Guerra Fredda, saremmo ancora oggi intenti a cercare di scacciare gli spettri dei cosacchi dalle fontane di San Pietro.

E affermare ciò, si badi bene, non equivale certamente a fare un torto alla memoria del pontefice recentemente scomparso. Piuttosto, l’intento di chi scrive è quello di compiere un’analisi da una prospettiva distante da quell’iper-conformismo accomodante del momento, che impone a tutti uno sguardo acritico e univoco (sebbene in molti casi poco coerente) sul pontificato, appena consegnato agli annali, targato Jorge Mario Bergoglio.

Salvatore Di Bartolo, 28 aprile 2025

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