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Green pass, quantomeno inserite l’autocertificazione

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di Paolo Becchi e Giuseppe Palma

In pieno agosto il clima è rovente non solo per l’ondata di “Lucifero”, ma anche per l’adozione dell’ultimo decreto legge da parte del governo, il dl n. 111 del 6 agosto 2021. Un “decreto-matrioska” che arriva  ad integrare precedenti decreto legge, come ad esempio la modifica all’art. 9-ter del decreto legge 22 aprile 2021 n. 52, inserendo la norma che dal 1° settembre al 31 dicembre 2021 – data in cui lo stato di emergenza dovrà essere non semplicemente prorogato ma rinnovato – il possesso del green pass diventa obbligatorio anche per il personale scolastico, i docenti di ogni ordine e grado, gli studenti universitari oltre che sui mezzi di trasporto pubblico a lunga percorrenza (cioè per gli spostamenti che interessino almeno due regioni oltre quella di partenza). Il decreto dovrà essere convertito in legge dal Parlamento entro il 5 ottobre 2021. Ci sono migliaia di emendamenti ma è solo una questione di” facciata”. Le Camere si limiteranno a ratificare con maggioranza “bulgara”.  Ormai passa di tutto.

Cosa è il green pass

Il green pass è in buona sostanza un lasciapassare governativo che lo Stato rilascia al cittadino se questo si trova in una delle seguenti condizioni: 1) nel caso in cui abbia effettuato entrambe le dosi vaccinali, ove prescritte, ed ha una durata di 9 mesi dalla data della seconda dose, ovvero se abbia effettuato una sola dose ma con valenza fino alla data prevista per la seconda; 2) qualora sia guarito dalla Covid (valenza 9 mesi); 3) in presenza di un esito negativo a seguito di tampone, con un valore di 48 ore. Non esiste dunque un obbligo vaccinale in senso stretto, ma un obbligo per così dire indiretto: puoi non vaccinarti, ma se non ti vaccini non puoi andare a scuola o prendere il treno, a meno che non ricorri ad un tampone ogni due giorni. Un ricatto, insomma, ma ben studiato per aggirare la Costituzione e consentire ai giuristi di regime che tutto è in ordine. Un problema tuttavia si pone.   

Il caos Lamorgese sul green pass

Chi fa i controlli? Inizialmente il ministro degli interni Lamorgese aveva dichiarato che il personale di ristoranti, cinema, bar, etc. si sarebbe dovuto limitare a controllare il green pass con lo scanner che consente una corretta lettura del QRCode, ovvero con semplice controllo visivo, in ogni caso in forma anonima, senza la possibilità – ed è questo che ha sottolineato il ministro il 9 agosto – di controllare documenti e dati anagrafici dei cittadini, compito che spetta di regola esclusivamente alle forze dell’ordine o agli altri soggetti competenti per legge.

Fatto sta che con circolare ministeriale del 10 agosto (n. 15350/117/2/1), scritta coi piedi e piena zeppa di errori grammaticali e refusi, il Ministro ha rinnegato la sua parola facendo riferimento al quarto comma dell’art. 13 del Dpcm 17 giugno 2021, il quale consente il controllo dei documenti e dati anagrafici dei cittadini a soggetti diversi da quelli previsti dalla legge (forze dell’ordine e personale uffici pubblici), come ad esempio il personale dei servizi di ristorazione. E così ancora una volta ci troviamo di fronte ad un uso distorto dei Dpcm, anche da parte di Draghi.   

E come se non bastasse pure il Garante della privacy – a quanto pare – ha dato il suo ok. Eppure, il Regolamento Ue n. 953/2021, all’art. 10 comma 3, prevede che occorre in ogni caso rispettare la segretezza dei dati personali riservando il trattamento degli stessi ai soli organi deputati al controllo dalla legislazione di ciascuno Stato: “I dati personali inclusi nei certificati […] sono trattati dalle autorità competenti dello Stato membro di destinazione o di transito, o dagli operatori di servizi di trasporto passeggeri”. Non si fa cenno, come è evidente, a personale dipendente di bar, ristoranti, cinema o altro.

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