Politica

Perché i prof “appendono” la Meloni

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Cerco di spiegarvi perché i professori mettono Giorgia Meloni a testa in giù. E lo farò attraverso la sociologia partecipante, visto che appartengo a quel mondo e che non vengo dalla “destra” – anche se da qualche anno vi sono approdato È insomma un mondo che conosco bene: so su quale livello di impostura culturale, di assenza di idee, di ipocrisia, sia fondato. Non posso nutrire la riverenza e a volte il timore o il senso di inferiorità che molti sempre stati a destra manifestano verso l’intellighentsia rossa. Non sono superiori alla destra, anzi sono manifestamente inferiori, solo che sono più organizzati e compatti e quando qualcuno di loro viene aggredito, la tribù si muove a difenderlo. Al contrario quando ciò avviene a destra, spesso il malcapitato viene lasciato sbranare dai cani da suoi stessi (in teoria) compagni d’arme

Ciò detto, l’appendere Meloni a testa in giù ha spiegazioni più antropologiche che non ideologiche. Riguarda più l’habitus dell’homo academicus, per citare Pierre Bourdieu che pure era di sinistra, ma intelligente. Quella di insultare, denigrare, disprezzare, fino a voler appendere, l’avversario politico è una specie di seconda natura dell’homo academicus soprattutto di facoltà umanistiche e di scienze sociali. Questo accademico è tribalmente di sinistra non per ragioni politiche ma per adattamento darwiniano all’ambiente. Tra i vari titoli e comportamenti che richiedono di restare nell’ambiente e magari farvi carriera, c’è l’appartenenza a sinistra ma soprattutto l’odio per la “destra”. In tal senso Gozzini e Levis Sullam saranno rimasti sorpresi perché negli ambienti che frequentano, essenzialmente autoreferenziali, è assolutamente normale lanciare epiteti verso Giorgia Meloni o ironizzare su novelli piazzali Loreto.

Per capire bisogna risalire al crollo della prima repubblica. Fino ad allora i professori e soprattutto quelli di storia contemporanea (una sotto categoria che odia Meloni più degli altri e vedremo perché) erano divisi per partiti. Il Pci la faceva da padrone ma non vi era alcuna guerra di sterminio verso professori vicini alla Dc, al Pri e persino al Psi di Craxi. Perfino i pochissimi missini erano rispettati. Era anche il segno di una tradizione accademica che credeva nell’autonomia del sapere e dell’Università: il collega poteva essere fascista ma era prima di tutto soprattutto un collega, non un cane da abbattere.

Poi con l’arrivo di Berlusconi, l’impazzimento. Anche professori fino a mesi prima democristiani, socialisti, repubblicani si schierarono contro il Cavaliere, dipinto come male assoluto. Quello che ricordo è soprattutto un sentimento di paura, una paura panica, irrazionale, irragionevole. La cui reazione era l’odio politico verso il fondatore di Forza Italia. E ovviamente l’ostracismo morale verso quei pochissimi professori (parliamo sempre di discipline umanistiche e di scienze sociali ) che si erano schierati per il centrodestra. Persino gli ignavi, i cerchiobottisti, i terzisti, venivano additati con sospetto.

Da allora il frame si è costituito e ha subito poche modifiche, solo che al posto di Berlusconi, c’è stato Matteo Salvini e, appunto da ultimo, Giorgia Meloni. La quale sembra essere particolarmente odiata dagli storici mentre l’odio verso Salvini era più proveniente da sociologi (forse per la questione immigrazione). Ed è particolarmente odiata perché rispetto a Salvini, che non ha molto passato, Giorgia, ancorché nata nel 1977, è incolpata rappresentare la storia del Novecento (Fini non fu demonizzato invece ma perché in funzione anti Berlusconi). E infatti sul fascismo vi è stato un imbarbarimento del discorso storico accademico parallelo all’imbarbarimento etico ed anche linguistico delle condotte dei docenti.

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