Esteri

La guerra in Ucraina

Perché Putin rischia di fare la fine di Stalin - Seconda parte

Le mosse del Cremlino ricordano quelle del dittatore comunista con la Finlandia

Le successive trattative con la Germania nazista, soprattutto il colloquio fra Molotov e Hitler nel novembre 1940, si arenarono e portarono alla rottura fra le due potenze continentali fino a quel momento alleate, proprio perché Stalin voleva completare il lavoro e conquistare la Finlandia, mentre Hitler non era più disposto a concederglielo. Non appena finirono quelle trattative, il dittatore tedesco decise di invadere l’Urss: la performance pessima dell’Armata Rossa in Finlandia lo aveva anche convinto che battere i sovietici sarebbe stato molto facile.

Putin, il nuovo Stalin

Ora, sostituiamo Stalin con Putin e la Finlandia con l’Ucraina di oggi. Lo scenario è simile in modo inquietante. Non c’è una guerra mondiale, d’accordo. Ma una condizione di forte tensione internazionale. Le prime proposte di Putin all’Ucraina potevano apparire ragionevoli, ma Zelensky ha rifiutato perché forte dell’esperienza della guerra civile nel Donbass e dell’annessione della Crimea. Nella prima fase dell’offensiva sovietica (pardon! russa) in Ucraina, l’Armata entrò nel Paese lungo tutto il confine settentrionale, orientale e meridionale, quattro direttrici di offensiva che dimostravano chiaramente come l’intento fosse quello di conquistare il Paese, come traspariva dal discorso alla nazione di Putin del 24 febbraio.

L’intento era quantomeno quello di rovesciare il presidente Zelensky e il governo ucraino. I russi tentarono di prendere Kiev al primo giorno, con l’attacco aviotrasportato di Hostomel, fallito la prima notte di guerra. Poi il 25 febbraio mandarono una colonna fin dentro Kiev. Respinta anche questa manovra iniziarono il lento accerchiamento della capitale, mentre premevano su tutti gli altri fronti, senza riuscire a sfondare. Dopo un mese di guerra e dopo aver subito migliaia di perdite (le cifre sono ancora coperte da censura), Putin ha dunque cambiato passo. Ha cambiato i vertici dell’Armata, nominando al comando il più rodato generale Aleksandr Dvornikov. Ha ritirato le divisioni che accerchiavano Kiev e si sta concentrando sull’obiettivo più sensibile e importante per la Russia: il controllo del Donbass. Come per la Finlandia, l’opinione pubblica occidentale si è svegliata contro l’invasore, la Russia è stata espulsa dal Consiglio per i diritti umani e dalle democrazie occidentali continuano a partire armi e volontari per l’Ucraina.

Ricorda qualcosa? Ovviamente sì, anche se dobbiamo sempre tener presente che la storia non si ripete mai allo stesso modo. E magari stavolta può anche andare peggio. Ma è probabile che Putin, come Stalin prima di lui, possa concentrarsi su un obiettivo territoriale (e rinunciando alla conquista dell’intero Paese) così da poter cantare comunque vittoria e porre fine alla guerra. Ma anche in questo caso non vanno dimenticate le altre due lezioni della guerra finlandese: l’insoddisfazione di Mosca per la vittoria di Pirro ottenuta sul campo, può spingerla a premere di nuovo per la conquista del Paese invitto. E questo comporterebbe delle ripercussioni internazionali molto peggiori, perché gli Usa e gli alleati europei sarebbero ancor meno disposti a scendere a compromessi.

In secondo luogo, la pessima performance militare dell’Armata, benché nascosta dai propagandisti russi e dai loro numerosi amici in Occidente, è ben visibile a chi di dovere. La Nato, adesso, considererà l’esercito russo molto meno temibile di quanto si ritenesse prima della guerra. E per fortuna di Putin, stavolta dall’altra parte non c’è un Hitler che decide di invadere l’Urss. Ma ci sono Paesi di confine che chiederanno di aderire alla Nato senza aver troppa paura di una rappresaglia militare russa. Fra questi, c’è proprio la Finlandia.

Stefano Magni, 15 aprile 2022

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