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Altro che troll russi: i veri putiniani sono italiani, figli di un Paese mai stato anti-comunista, ma solo post-comunista

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Sicché abbiamo scoperto anche in Italia che esistono i troll russi. Che novità. La stampa scandinava e quella della anglosfera studiano il fenomeno seriamente almeno dal 2014. Noi sembriamo cascare dal pero. E forse solo perché il Pd ha perso le elezioni e non sa ancora spiegarsi il perché. Quel che però manca ancora e forse mancherà per un bel pezzo nelle analisi che leggiamo è un altro aspetto della storia: quello che riguarda i troll spontanei, i veri putiniani italiani. Non quelli che sono pagati per stare 24/7 a spaccarsi la schiena sul loro pc a diffondere la propaganda pro Cremlino, ma quelli che sinceramente si indignano ogni volta che provi a dire qualcosa contro il loro idolo russo.

A dire il vero sono molto facili da censire e da trovare nel web. Basta scrivere un articolo su Putin, o su qualunque tema che riguardi direttamente o indirettamente la Russia. Sono tanti, non ti lasciano mai in pace nei commenti, non hanno senso dell’umorismo, se non per dirti con disprezzo che “non conti niente” e facendoti capire che se provi ad alzare la cresta c’è qualcuno pronto a tagliartela. Sono flessibilissimi nei loro giudizi: fino al giorno prima ti dicevano che Erdogan era il Male, oggi Erdogan è un rispettabile alleato, ti spiegano che Putin è l’unica vera barriera contro l’Islam, ma se si allea con l’Iran allora l’Iran diventa “la grande Persia millenaria”, faro di civiltà contro la barbarie americana. E pazienza che sia proprio l’attuale regime degli ayatollah, tutt’altro che millenario, ad aver imposto per primo il velo alle donne e inventato il terrorismo suicida: resta sempre un alleato… contro il terrorismo. Hanno sdoganato Assad, che fino all’altro ieri vedevano (giustamente) come un sanguinario dittatore arabo a capo di un paese nemico. E sono capaci di voltare le spalle a Israele e considerarlo un nemico, anche se finora lo hanno visto come un paese amico. Ma solo finché Putin sarà amico di Netanyahu. Se la Russia va in guerra contro la Georgia, i georgiani diventano tutti mafiosi e “islamici”, anche se sono ortodossi. Se la Russia va in guerra contro l’Ucraina, allora gli ucraini diventano tutti nazisti. E gli alleati fascisti della Russia, che si arruolano nelle milizie del Donbass sono fascisti contro il globalismo liberale che combattono contro i fascisti… ma è tutto molto coerente.

Sono pronti ad accettare ogni risultato che sia approvato da Putin. Se vince con i due terzi dei voti, contro partiti già allineati al suo comando, sono pronti a dire che “il popolo lo vuole”. Che se non c’è opposizione, è perché “il popolo non la vuole”. Che se in Crimea votano con percentuali bulgare per l’annessione alla Russia, è perché “è la volontà del popolo della Crimea”, espressa e protetta dai soldati russi nelle urne. E non si fanno domande. E’ questo il bello: non si fanno mai domande. Esattamente come i comunisti di un tempo, se un leader viene riconfermato per la decima volta di fila con il 98 per cento dei voti, pensano che sia quella la vera democrazia. Mica come da noi che ci son sempre premier “non eletti dal popolo” e dove “comandano le lobby”.

Sono flessibilissimi anche nel giudizio storico. Ti spiegano che fino all’89 sarebbero stati pronti ad andare sulle montagne a combattere i rossi, ma adesso amano la memoria dell’Armata Rossa. Quando incontri sul web qualcuno che dice cose come “Stalin ha battuto i nazisti da solo, gli americani hanno solo finto di combattere” e ti prepari a identificarlo come un vecchio comunista dei tempi di Peppone, poi scopri che invece è un giovane che vota Lega o altri partiti di centrodestra. Lo stesso che magari ti dice che è anticomunista e poi, senza soluzione di continuità, che “a Est della cortina di ferro c’era dignità”, perché “si difendevano dal globalismo”. E magari quelli che provavano a scavalcare il Muro e venivano ammazzati, erano traditori? Ebbene, questi fans del presidente post-comunista, uomini sovietici fuori tempo massimo, non sono il prodotto di quelle poche decine di troll stipendiati da Mosca, che pare abbiano chiesto insistentemente a Mattarella di dimettersi. Sono piuttosto il prodotto di tre generazioni di ben altri troll, stipendiati dallo Stato italiano: gli insegnanti della nostra scuola pubblica. Perché se andiamo a vedere i testi di storia, a tutti i livelli, dalle elementari all’università, noi troviamo solo ed esclusivamente un’educazione filo-sovietica. Esageriamo? No, provate a chiedere a chiunque cosa sia stato il Vietnam e riceverete solo risposte degne della propaganda di Breznev.

D’accordo che pochi leggono, ancora meno studiano e gli insegnanti non sono tutto. Ma creano un clima culturale, creano, nei decenni, una mentalità, un codice non scritto, di cose che si possono dire e cose che non si possono dire. Noi non abbiamo mai potuto dire, ad esempio, che gli Usa abbiano difeso la democrazia (se non in un periodo storico molto limitato dal 1943 al 1945, ma solo perché c’erano i partigiani dalla loro parte). Non abbiamo mai potuto dire che fu l’Urss a provocare la guerra fredda, occupando mezza Europa contro (e non in conformità con) gli accordi di Yalta. Non abbiamo mai potuto parlare dei crimini sovietici, se non in modo edulcorato e addomesticato, che non dia fastidio alle coscienze degli antifascisti, senza mettere in discussione il fatto che i crimini nazisti siano unici e metastorici. Non solo: non abbiamo mai potuto dire che la nostra, quella liberale e occidentale, sia la vera democrazia. Non abbiamo, allo stesso tempo, mai potuto dire che la loro, quella totalitaria e socialista, fosse una dittatura. Perché la nostra democrazia è sempre stata vista come un paravento di qualcosa, dei poteri forti, degli interessi borghesi, delle ingerenze americane, o quant’altro. La loro dittatura, invece, al massimo è stata considerata inefficace, ma mai criminale e mai realmente come una dittatura.

In Italia non c’è mai stata una cultura anti-comunista. E oggi è normale che si ragioni come in un paese post-comunista, come se fossimo in Russia. I pochissimi tentativi di fare cultura anti-comunista, nel cosiddetto ventennio berlusconiano, sono finiti subito. La Commissione Mitrokhin? Affossata. Il Libro Nero del Comunismo? Grande caso mediatico, ma letto da pochi, anche solo per le sue dimensioni e il suo contenuto troppo duro per i palati normali. E qualche tentativo di fare storia “revisionista”, condannato dagli stessi che, magari, oggi, si lamentano dei troll russi. Perché la ruota gira e il mostro che hanno allevato, adesso divora loro.

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