Economia

Cortocircuito elettrico per Biden: meno emissioni uguale più Cina

Le agevolazioni per i veicoli elettrici si scontrano con l’esigenza di sicurezza nazionale di non dipendere da Pechino. I casi Ford e General Motors

Joe Biden

Ricordiamo tutti il detto popolare “botte piena e moglie ubriaca” (e sorvoliamo sull’indubbio aspetto poco femminista). È la situazione in cui si trova l’amministrazione Biden. Il settore è quello essenziale detto “automotive” e Il quesito è il seguente: è più importante diventare indipendenti dalla Cina o ridurre le emissioni di carbonio?

Se si riducono le emissioni di carbonio, forse non si diventa così indipendenti dalla Cina. E se si diventa indipendenti dalla Cina, forse non si riducono granché le emissioni di carbonio.

Scontro sul credito d’imposta

Premettendo che l’amministrazione non nomina la “Cina” ma elegantemente usa l’espressione “Foreign Entity of Concern”, andiamo a ripercorrere l’interessante confronto i cui protagonisti sono General Motors, Ford e il governo Usa. 

Ford e General Motors sono due dei più antichi produttori di auto negli Stati Uniti e due dei maggiori rivali del settore. Le due aziende competono fra loro da oltre un secolo: ma oggi non stanno propriamente gareggiando per realizzare una Mustang o una Camaro migliori. Quello che le vede contrapposte sono quattro parole nascoste nel codice americano: “foreign entity of concern”, entità straniera di interesse. 

È questo l’ultimo terreno di scontro di questa rivalità aziendale: come dovrebbero essere scritte dall’amministrazione Biden quest’anno le regole per un credito d’imposta sui veicoli elettrici. Il tutto ha a che fare con le parti di produzione cinese presenti nelle auto elettriche made in Usa.

Ford e GM hanno idee diverse su come interpretare quella regola, che vale un credito d’imposta per i consumatori pari a 7.500 dollari per vettura, grazie ai quali per esempio Tesla può vendere il suo Model Y sotto i 33 mila dollari. Ma il punto è: per ottenere il credito, “the car can’t include any parts made by a foreign entity of concern” .

A interpretarla in modo estensivo, la parola “any” implica neppure il pomello del volume della radio (fosse ancora presente). Ma ovviamente nelle vetture elettriche le batterie non sono certo accessori secondari.

Partner cinesi

In un mercato in espansione rapida come quello delle EV, la sfida principale è ridurre i costi di produzione, soprattutto per le case automobilistiche tradizionali come Ford e GM. Entrambe considerano i veicoli elettrici il futuro dell’industria e stanno investendo miliardi di dollari in nuovi impianti e accordi sulle materie prime.

Uno di questi grandi investimenti di Ford è una nuova fabbrica in Michigan, che costerà (o dovrebbe costare) 3,5 miliardi di dollari e si avvarrà (o dovrebbe avvalere) della collaborazione di un’azienda cinese, la “Contemporary Amperex Technology Co Ltd“ (CATL), per produrre batterie agli ioni di ferro litio, una tecnologia che promette di abbattere il costo delle stesse rispetto a quelle cui siamo abituati.

GM invece ha puntato su joint venture con aziende coreane per costruire i suoi impianti di batterie, anche se possiede quote in una miniera di litio in Nevada dove è presente un’azienda cinese come secondo azionista

È molto difficile per qualsiasi azienda evitare completamente la rete asfissiante di società cinesi in questo settore. GM teme che se Ford potrà costruire il suo impianto con tecnologia cinese migliore e ottenere comunque il credito d’imposta, ciò le darebbe un grande vantaggio nella transizione ai veicoli elettrici.

Dilemma Biden

L’amministrazione Biden si trova in una posizione difficile. Da una parte, c’è la priorità della lotta al cambiamento climatico con la riduzione delle emissioni, che spingerebbe per regole più morbide sui crediti d’imposta. Dall’altra, c’è la sicurezza nazionale, con la volontà di rendere gli Stati Uniti meno dipendenti dalla Cina anche nel settore automotive e delle materie prime. 

In attesa della decisione di Biden, Ford ha già fermato i lavori per la costruzione della sua fabbrica di batterie in Michigan, minacciando di ridimensionare i piani e mettere a rischio migliaia di posti di lavoro.  

La posta in gioco è alta: le regole su questi crediti d’imposta potrebbero fare la differenza su quanti americani acquisteranno auto elettriche nei prossimi 10 anni, influenzando di conseguenza le scelte produttive delle case automobilistiche. Il futuro dell’industria automobilistica americana passa anche da questa diatriba tra i suoi due colossi storici. 

E in Europa? Passati (forse) gli entusiasmi prodiano-grillini per la Nuova Via della Seta sarà interessante capire quali politiche deciderà il vecchio continente su una quesitone essenziale per il nostro futuro.

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