Parecchi e autorevoli commentatori, e non solo appartenenti alla sinistra, si augurano di tutto cuore che i progetti di Donald Trump falliscano. Rimpiangono, costoro, lo stile più sobrio di alcuni precedenti presidenti Usa. Di Clinton e Obama, per esempio, e alcuni rimpiangono pure Joe Biden scordando i suoi molti insuccessi in politica estera. Si tratta in ogni caso di intellettuali e giornalisti molto critici nei confronti degli Stati Uniti e piuttosto teneri, invece, con potenze totalitarie come Russia e Cina.
Si noti, in ogni caso, che si tratta delle stesse persone che in precedenza pubblicavano un giorno sì e l’altro pure commenti anti-americani e anti-occidentali, equiparando gli Usa alle odierne autocrazie e sostenendo che non dobbiamo affatto nutrire sentimenti di superiorità. Noi e loro in realtà siamo uguali. Anzi, loro sarebbero migliori poiché non si riparano dietro il velo di una democrazia formale.
Ribaltamento della storia
Si tratta spesso di docenti universitari di fama, che si autoproclamano liberali, e di intellettuali che scrivono su giornali e blog, naturalmente anch’essi liberali a tutto tondo. Capita così di assistere a un vero e proprio stravolgimento della storia contemporanea. Furono per esempio gli Usa ad aggredire il Vietnam del Nord, sostenuto dalla Cina di Mao Zedong e dalla defunta Unione Sovietica. Ho Chi Minh era un pacifista, e i cattivi americani lo costrinsero a combattere una guerra per lui risultata vittoriosa.
Peccato che quello di Hanoi fosse un regime stalinista, che intendeva unificare con la forza un Paese in cui buona parte della popolazione non voleva vivere sotto un regime comunista, mentre quella del Nord vi era costretta con metodi coercitivi.
Ora il Vietnam è cambiato e vorrebbe intensificare i contatti con l’Occidente, anche per timore dell’espansionismo cinese. Ma resta il fatto che nordvietnamiti e vietcong non erano affatto gli angeli senza macchia e senza paura esaltati nei cortei studenteschi degli anni ’60 e ’70 del secolo scorso.
E non è finita. Capita anche di leggere che sono stati gli Usa e i loro alleati ad aggredire l’Iraq di Saddam Hussein, dimenticando quanto il ras di Baghdad aveva fatto. E furono sempre gli americani ad aggredire l’Afghanistan, scordando Al Qaeda, Bin Laden, Torri gemelle di New York e quant’altro.
L’ordine delle autocrazie
Naturalmente gli intellettuali e giornalisti di cui sopra sono pure convinti che Vladimir Putin abbia ragione a definire l’Ucraina un Paese inesistente. E che Xi Jinping sia nel giusto quando dichiara che Taiwan è parte integrante della Repubblica Popolare, rivendicando ai cinesi il diritto esclusivo di risolvere la questione, anche con le armi se necessario.
Ma dove sta, allora, la presunta superiorità delle autocrazie? Probabilmente nel fatto che, non essendo sottoposte al controllo di un’opinione pubblica, mantengono l’ordine con molta più facilità di quanto accada da noi. Ma si tratta, per l’appunto, di un ordine cimiteriale, in cui una sola parola sbagliata può costare la vita o anni di prigionia nei gulag e nei laogai.
Ciclone Trump
Donald Trump, con il suo grande attivismo, sta stravolgendo il quadro internazionale e costringe tutti a guardare in faccia la realtà. Un “nuovo sceriffo” che sta cambiando il volto dell’America, un “politico barbarico”, come mi è capitato di leggere in un blog, molto pratico e intenzionato a perseguire i suoi obiettivi. Il tycoon newyorkese puntava da molto tempo il dito contro l’Europa, accusata di aver prosperato sul piano commerciale ed economico negli ultimi decenni, lasciando in toto agli Usa le incombenze militari e della difesa. Trump ha deciso che non si poteva continuare così e si comporta di conseguenza.
Più che ai diritti umani è interessato a recuperare la forza economica e commerciale degli Stati Uniti, riprendendosi spazi che i suoi predecessori avevano cortesemente lasciato a cinesi e russi. Per esempio nell’America Latina (si pensi al caso fondamentale di Panama). Non ha inoltre paura di dire apertamente che gli Usa sono fortemente interessati alla Groenlandia vista la sua posizione strategica. E qui gli europei si rendono ridicoli quando osservano che si tratta di un territorio che dipende dalla Danimarca, membro dell’Ue.
Tardivo risveglio europeo
E c’è anche chi, in Europa, vagheggia un ordine mondiale irenico, con un’Unione europea pacifica e pronta a fare da ponte tra Usa e potenze autoritarie. Una mera utopia, purtroppo spesso ripresa dal nostro presidente della Repubblica nei suoi sempre più numerosi discorsi all’estero. Si tratta, ahinoi, di mere espressioni di sentimento, del tutto inadatte in una realtà in cui i venti di guerra soffiano potenti.
Una risposta ha tentato di fornirla Emmanuel Macron, offrendo il piccolo arsenale atomico francese come “scudo” per parare la minaccia di Putin (il quale, ne siamo certi, non è rimasto affatto impressionato). L’Europa, insomma, si è svegliata troppo tardi, come troppo tardi si è accorta che la propria difesa non può essere appaltata ad altri.
Ben vengano, dunque, i continui shock trumpiani. Dopo decenni di torpore nei quali l’America ha ceduto sin troppo agli avversari suoi (e anche nostri), il tycoon sta cercando di recuperare il terreno perduto. Non sappiamo ancora se l’impresa andrà davvero in porto, dal momento che Putin e Xi sono ossi duri. In ogni caso non sarà l’innamoramento per Zelensky a salvare l’Europa, giacché la nostra salvezza è legata, come sempre, ad un solido rapporto con gli Stati Uniti.