Esteri

Ecco come Biden sta perdendo il Mar Rosso

Primo attacco Houthi mortale: il piano di rappresaglie limitate sta fallendo miseramente perché non è deterrenza. Esposta al mondo la debolezza Usa

Biden (White House)

Ormai le notizie dal Mar Rosso, a meno che non si tratti di polemiche su navi e missioni italiane, faticano a trovare spazio su giornali e tv. Certo, si sa che c’è una crisi in corso, ma non c’è piena consapevolezza della sua gravità.

Nonostante il dispiegamento di assetti navali occidentali, non solo i missili Houthi sembrano sempre più precisi, tanto che vanno a segno con una certa frequenza, ridicolizzando l’ombrello Usa – rischio che avevamo segnalato. Mercoledì l’ennesimo attacco ha provocato le prime vittime: due marinai filippini e uno vietnamita che erano a bordo della True Confidence, una portarinfuse battente bandiera delle Barbados, di proprietà di Stati Uniti e Liberia, in navigazione nel Golfo di Aden.

Un’altra nave, la portarinfuse Rubymar, battente bandiera del Belize e di proprietà del Regno Unito, è affondata lo scorso fine settimana dopo essere stata abbandonata a seguito di un attacco Houthi. Timori di disastro ambientale per le 21.000 tonnellate di fertilizzante nella stiva.

Il primo attacco mortale dovrebbe far elevare l’allerta al massimo livello. Secondo i dati delle Nazioni Unite, il traffico nel Canale di Suez, che collega il Mar Rosso al Mar Mediterraneo verso l’Europa, è diminuito di quasi la metà. I mancati introiti per i diritti di passaggio stanno già mettendo in grave difficoltà finanziaria l’Egitto, con non trascurabili rischi di destabilizzazione politica.

Il rischio geopolitico

In gioco non c’è solo un’arteria marittima cruciale per il commercio globale, con tutto ciò che ne consegue in termini economici. I rischi geopolitici stanno rapidamente superando quelli marittimi ed economici.

Quanto sta accadendo ormai da mesi nel Mar Rosso è il peggiore smacco per gli Stati Uniti dai tempi dell’11 Settembre, persino superiore al recente disastroso ritiro dall’Afghanistan. L’amministrazione Biden sta radendo al suolo la credibilità della deterrenza Usa. La superpotenza egemone a livello globale che non riesce ad avere la meglio su una milizia è uno spettacolo avvilente per noi ma incoraggiante per i nemici dell’America.

Piano fallito

La Casa Bianca ha avvertito che ci sarà una risposta all’attacco di mercoledì contro la True Confidence. Washington ha già lanciato una serie di raid aerei contro le postazioni Houthi nello Yemen. Ma il piano di limitarsi ad abbattere droni e missili in arrivo, e lanciare rappresaglie limitate per indebolire gradualmente la capacità Houthi di lanciare attacchi, sta fallendo miseramente. Gli Houthi si sono già fatti beffe di reiterati avvertimenti e linee rosse Usa. E sono ancora lì, continuano a colpire, con sempre maggiore precisione, e hanno lanciato il loro primo attacco mortale.

Dan Shapiro, il massimo funzionario del Pentagono in Medio Oriente, ha dichiarato in audizione al Congresso che i comandi militari hanno “una buona idea” degli obiettivi Houthi distrutti, ma non conoscono il “denominatore”, ovvero quanti sarebbero in tutto gli obiettivi da colpire.

Non è deterrenza

L’errore di fondo dell’amministrazione Biden è ostinarsi a concepire e ad affrontare questi conflitti separatamente e non per quello che sono: una guerra multi-teatro – Ucraina, Gaza, Mar Rosso. Finché il regista – il regime iraniano in questo caso – ne esce indenne, finché gli viene permesso di godersi lo spettacolo mangiando popcorn senza pagare un prezzo per le sue azioni, non c’è deterrenza.

La preoccupazione di Washington di non offrire pretesti per un allargamento del conflitto supera di gran lunga quella di ripristinare la credibilità della deterrenza Usa. Il che, tradotto, significa che gli Usa subiscono la deterrenza dell’Iran, esercitata attraverso il suoi proxies, più di quanto Teheran subisca la loro. La volontà di Washington di non allargare il conflitto a Gaza, e anzi arrivare quanto prima ad un cessate-il-fuoco, anche evitando di reagire agli attacchi dei proxies iraniani, li sta in realtà incoraggiando nella loro escalation.

La strategia iraniana fa affidamento su proxies sacrificabili anziché sulle proprie forze, proprio per evitare una risposta diretta degli Usa e dei loro alleati che rischierebbe di destabilizzare il regime. Colpire gli Houthi, per altro con attacchi “proporzionati”, semplicemente non è un deterrente.

Un banale esempio: tutti sanno che è una nave spia iraniana – la Behshad – a fornire agli Houthi le informazioni necessarie sui bersagli da colpire. E infatti si trovava nel Golfo di Aden quando è stata colpita la True Confidence. Ma niente, la Marina Usa non l’ha ancora affondata, quando era la prima cosa da fare.

Se il pretesto degli Houthi è l’operazione di Israele nella Striscia di Gaza, è ormai evidente che la sfida è all’ordine internazionale a guida Usa. Gli Houthi e il loro sponsor – l’Iran – mirano al controllo del Mar Rosso, o almeno a dimostrare di poterlo contendere a Washington. E chi c’è dietro Teheran? La Cina, ben contenta che venga esposta la debolezza di leadership Usa, e mostrato al mondo che la US Navy non riesce a proteggere la libertà di navigazione, uno dei pilastri dell’ordine internazionale a guida Usa, da una milizia che controlla uno dei Paesi più poveri del mondo.

Non in Afghanistan, non in Ucraina, sono nel Mar Rosso gli equilibri di potere che stanno cambiando.

Passi falsi dall’inizio

La crisi è la conseguenza dei passi falsi dell’amministrazione Biden fin dal primo giorno, quando ha deciso di ribaltare la politica estera e qualsiasi singola misura adottata dall’amministrazione Trump, tornare alla politica di engagement con l’Iran smantellando, come primo passo, il regime sanzionatorio antiterrorismo nei confronti gli Houthi.

Sanzioni nei confronti degli Houthi sospese il 25 gennaio 2021 e revocate il 5 febbraio. Due giorni dopo gli Houthi ringraziano attaccando l’Arabia Saudita. Seguono alcuni giorni di imbarazzi e giochi di parole, ma il 16 febbraio viene revocata anche la designazione degli Houthi come gruppo terroristico globale.

Eccole, le prime geniali mosse degli “adulti” tornati al comando. Poi il monito all’Arabia Saudita: la guerra nello Yemen “deve finire”, fino a togliere il sostegno Usa a Riyad. E ora si trova costretta lei stessa a bombardare gli Houthi.

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