Esteri

La sinistra vuole uno Stato palestinese senza se e senza ma

Mozione Pd-M5S-AVS per il riconoscimento unilaterale di uno Stato palestinese: nessuna condizione, nessun prerequisito, nemmeno la rinuncia al terrorismo. Hamas e il 7 Ottobre rimossi

Schlein Conte © Khwanchai Phanthong's Images tramite Canva.com

Se si tende l’orecchio, si distinguono perfino i brindisi coordinati fra l’ufficio politico di Hamas e la redazione di Al Jazeera. Con zelo da assemblea studentesca, la estrema sinistra italiana in versione “campo largo” – Pd, Movimento 5 Stelle e AVS – ha partorito una mozione, l’ennesima, per il riconoscimento immediato dello Stato palestinese.

Riconoscimento unilaterale

Ma non uno Stato palestinese funzionante. Non uno Stato palestinese che nasce da una pace negoziata. No. Una cosa più di sinistra: la fantasia di uno Stato palestinese improvvisato basato su slogan, astrazioni e il solito disprezzo per Israele che anima la sinistra radicale europea.

La mozione è tutto ciò che ci si aspetterebbe da una classe politica che rappresenta l’industria dell’indignazione professionale permanente. Schlein, Conte, Bonelli & Fratoianni chiedono al governo di riconoscere la Palestina ora, senza indugi, senza attendere un processo di pace e senza subordinare tale riconoscimento a qualcosa che assomigli ad un governo democratico o alla rinuncia alla violenza. Nessuna tabella di marcia, nessuna condizione, nessun prerequisito: solo un riconoscimento à-la-carte.

Secondo il testo, l’Italia deve assumere un ruolo guida nel sollecitare gli altri Paesi europei a seguirne l’esempio. Gli autori invocano la soluzione dei due Stati, ma non mostrano alcun interesse per l’unica via plausibilmente percorribile: negoziati diretti e compromessi reciproci. Al contrario, la mozione inquadra Israele come l’unica fonte del conflitto, presentando l’apolidia palestinese come un’ingiustizia sionista, piuttosto che come conseguenza dei ripetuti rifiuti alle offerte di pace e del continuo radicamento di gruppi terroristici.

Il linguaggio attinge alla peggiore retorica rivoluzionaria comunista. Condanna l'”occupazione”, denuncia le operazioni militari israeliane e chiede la cessazione di tutte le vendite di armi a Gerusalemme. Il termine “terrorismo” compare solo in riferimento alle azioni israeliane; gli autori di stupri, mutilazioni e rapimenti non compaiono da nessuna parte nel resoconto morale.

7 Ottobre rimosso

Persino le contraddizioni interne vengono spacciate per virtù. La mozione afferma il “diritto di esistere” di Israele da una parte e lo mina dall’altra, cancellando qualsiasi considerazione di sicurezza o rivendicazione territoriale che possa giustificare la sua attuale posizione difensiva. Finge che il 7 Ottobre sia storia antica o un malinteso. Riduce lo sforzo di Israele di smantellare le infrastrutture di Hamas ad un atto di punizione collettiva, senza chiedersi quale responsabilità spetti al gruppo terroristico che si insinua tra i civili mentre persegue l’obiettivo storico della distruzione dello Stato ebraico.

Questa non è un’iniziativa di pace. È un gesto politico concepito per la massima visibilità e il minimo sforzo. Il riconoscimento della Palestina, nel contesto delineato dalla mozione, non ha nulla a che fare con la diplomazia; è espiazione – è una crociata woke, per il colonialismo, per l’imperialismo, per il razzismo sistemico, per l’ipocrisia occidentale, per qualsiasi risentimento storico che la sinistra stia covando questa settimana.

La causa palestinese funge da contenitore in cui vengono riversate tutte queste frustrazioni, mentre la realtà del governo palestinese – autoritarismo, corruzione, violento fazionismo – viene opportunamente ignorata.

Il pubblico della mozione

Né si tratta dell’Italia. Il vero pubblico della mozione è il circuito degli attivisti transnazionali, le ong, i funzionari di Bruxelles e i comitati editoriali che trattano la continua esistenza di Israele come una provocazione. Per il Pd e i suoi compagni di strada, è un modo per rilanciare vecchi istinti ideologici – antiamericanismo, anticapitalismo, romanticismo terzomondista – sotto la bandiera del diritto internazionale e dei diritti umani, termini che svuotano di significato impiegandoli in modo così selettivo.

Ci si aspetterebbe che una mozione su una questione così delicata considerasse almeno gli interessi strategici europei o le implicazioni di sicurezza per i partenariati mediterranei dell’Italia. Invece, la proposta sembra un saggio da matricola universitaria, al primo anno di scienze politiche: emotivamente insistente, storicamente vaga e priva di qualsiasi conseguenza pratica se non quella di alimentare le divisioni. Ciò che si chiede non è la pace, ma una posizione: un segnale di virtù, ottenuto a scapito della coerenza strategica.

Alla fine, l’alleanza Pd-M5S-AVS ha fatto ciò che l’estrema sinistra europea sa fare meglio: inscenare un rituale di purificazione in cui Israele viene dipinto come l’eterno aggressore, i palestinesi come le eterne vittime e coloro che complicano questa narrazione – che siano centristi israeliani, moderati arabi o palestinesi dissidenti – come irrilevanti.

Questa non è una tabella di marcia per la pace. È una lettera di appoggio ai peggiori attori del conflitto. E dimostra, ancora una volta, che per un certo filone della politica italiana, nessuna causa è troppo violenta, nessun movimento troppo teocratico, finché condivide il nemico preferito. Hamas non ha bisogno di inseguire la vittoria. La sinistra italiana lo fa per loro.