I principali media in Italia si sono occupati principalmente della problematica “dazi” per tutta la settimana passata, tralasciando, o mettendo in secondo piano, la guerra in Ucraina, il conflitto in Medio Oriente e il “colpo di stato” messo in atto in Turchia dal “dittatore” Erdogan.
Le esercitazioni
Non era uno scherzo mediatico la notizia che martedì 1° aprile l’esercito della Cina Popolare ha condotto esercitazioni congiunte attorno alla Repubblica di Cina-Taiwan, utilizzando più di 20 navi, almeno 70 aerei e alcuni bizzarri video di propaganda, nell’area dello Stretto che separa i due Paesi per avvertire e punire il governo di Taiwan per quella che Pechino chiama arbitrariamente “attività separatista”.
La presunta provocazione era la recente assertività del presidente di Taiwan, Lai Ching-te, che a marzo ha designato la Cina Popolare come “forza ostile straniera” e annunciato le misure per contrastare le sue operazioni di spionaggio e influenza, compreso un aumento della spesa in rapporto al Pil destinata alla difesa.
Messaggio agli Usa
In particolare, il segretario alla difesa Usa Pete Hegseth aveva appena lasciato l’Asia, dove aveva promesso sforzi di “deterrenza credibile” da parte degli Stati Uniti contro Pechino nell’Indo-Pacifico.
Per alcuni analisti esperti di Indo-Pacifico la propaganda cinese in merito all’esercitazione aveva probabilmente come destinatari anche gli Stati Uniti. A Pechino vogliono sia convincere l’amministrazione Trump che il presidente taiwanese Lai è un piantagrane, sia dissuadere gli Stati Uniti dal mantenere ad alti livelli il loro supporto alla Repubblica di Cina Taiwan.
Rinnovato il sostegno Usa
Tale mantenimento/supporto è stato messo un dubbio da quando il presidente Trump è entrato in carica per la seconda volta, sconvolgendo l’ordine globale e riproponendo gli Stati Uniti quale superpotenza fortemente coinvolta nella regione. La messa in discussione pubblica del valore di Taiwan da parte del presidente Usa, le sue accuse di furto industriale e il suo probabile minore coinvolgimento in Ucraina hanno lasciato molti sull’isola governata in modo democratico a chiedersi se il suo partner più importante non fosse più così affidabile.
Ma negli ultimi giorni ci sono stati segnali evidenti che, almeno per ora, gli Stati Uniti hanno intenzione di mantenere il loro supporto alla libertà di Taiwan. Domenica scorsa, a Tokyo, Hegseth ha incontrato il suo omologo giapponese, il generale Nakatani, e ha dichiarato che gli Stati Uniti stavano “ripristinando la deterrenza” che era diminuita durante la presidenza Biden. Nello specifico Hegseth ha dichiarato che “l’America è impegnata a sostenere una deterrenza solida, pronta e credibile nell’Indo-Pacifico, anche attraverso lo Stretto di Taiwan”.
Inoltre, nelle Filippine, quando ha incontrato il presidente Ferdinand Marcos, lo stesso Hegseth ha affermato che i due Paesi dovrebbero stare “spalla a spalla” per scoraggiare il conflitto e questo per il fatto che la Cina Popolare è impegnata nell’escalation delle ostilità con le Filippine per il territorio conteso nel Mar Cinese Meridionale.
Mentre Hegseth era ancora in Asia, alcune fonti hanno riferito di un promemoria interno del Pentagono secondo cui la priorità d’ora in poi sarà scoraggiare un’annessione cinese di Taiwan, rispetto ad altre regioni, tra cui Europa e Medio Oriente, cosa che ha dato una certa rassicurazione a Taiwan.
La reazione di Taipei
Da parte sua, il governo di Taipei il 1° aprile ha confermando che il Comando del Teatro Orientale dell’Esercito Popolare di Liberazione cinese aveva avviato esercitazioni militari congiunte intorno a all’isola, presentandole come “un severo avvertimento contro le forze separatiste che promuovono l’indipendenza di Taiwan”.
Per Taipei, questo ennesimo atto rappresenta una chiara sfida all’ordine internazionale basato sulle regole e costituisce un tentativo unilaterale di mettere in pericolo la pace e la stabilità nello Stretto di Taiwan e nell’intera regione indo-pacifica.
Il Ministero degli affari esteri taiwanese ha quindi condannato con fermezza tali provocazioni ingiustificate e ha invitato il governo di Pechino a cessare immediatamente ogni attività militare ostile.
Status quo interesse condiviso
La triste realtà è che negli ultimi mesi, la Cina Popolare ha intensificato le azioni di intimidazione militare e operazioni marittime nella cosiddetta “zona grigia”, non solo nei pressi della Repubblica di Cina-Taiwan, ma anche in prossimità di Nuova Zelanda, Australia, Mar Cinese Meridionale, Repubblica di Corea, Giappone e Filippine. Tali comportamenti sistematici e mirati dimostrano in modo inequivocabile che la Cina Popolare agisce come forza destabilizzante nella regione e oltre.
In questo contesto, l’Unione europea, che considera la pace e la stabilità nello Stretto di Taiwan di importanza strategica per la sicurezza regionale e globale, ha un interesse diretto nel mantenimento dello status quo e si oppone a ogni tentativo di modificarlo con la forza.
Tale mantenimento della pace e della stabilità nello Stretto di Taiwan rappresenta un interesse condiviso a livello internazionale. Tuttavia, la Cina Popolare continua ostinatamente a condurre esercitazioni militari volte a intimidire Taiwan, nel tentativo unilaterale di alterare lo status quo. Queste azioni non solo minacciano la sicurezza regionale, ma danneggiano anche l’immagine internazionale della Cina Popolare stessa.
Per il governo di Taipei, Taiwan, in quanto membro responsabile della comunità internazionale, continuerà a collaborare con le nazioni democratiche per difendere congiuntamente la pace, la stabilità, la prosperità e lo sviluppo globale e regionale.
In queste ore l’attenzione, oltre che alla “guerra dei dazi”, dovrebbe anche rivolgersi a trovare una risposta alle conquiste territoriali russe in Ucraina e alle strampalate rivendicazioni americane sulla Groenlandia in modo che pure il Comitato centrale del Partito Comunista di Pechino non possa cervelloticamente sfruttare queste problematiche per giustificare la minacciata aggressione a quella democrazia taiwanese che tanto la infastidisce.