Esteri

L’oscurantismo culturale dilagante in Occidente

Si moltiplicano i casi di censura e intimidazione negli atenei più prestigiosi: vittime Kathleen Stock a Oxford e Helen Joyce a Cambridge. Bibbia vietata nello Utah

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Il mix di “politically correct”, “wokismo” e “cancel culture” si sta man mano trasformando in un cancro che rischia di divorare non solo le università anglo-americane, ma anche le società delle due nazioni leader dell’Occidente.

I lettori potrebbero pensare che chi scrive stia esagerando, ma purtroppo non è così. Lo dimostrano, tanto per iniziare, alcuni recenti episodi avvenuti nei due più antichi e prestigiosi atenei britannici: Oxford e Cambridge.

Censura a Oxford

La società studentesca “Oxford Union” ha invitato a parlare la filosofa femminista Kathleen Stock, che recentemente ha dovuto lasciare l’Università del Sussex dopo aver ricevuto numerose minacce, e subito altrettanti boicottaggi.

Pur essendo per l’appunto femminista, la Stock ha posizioni “eterodosse” sull’identità di genere, poiché sostiene che il sesso è un fatto naturale e non culturale.

Ed è in buona compagnia. Per aver difeso tesi analoghe J.K. Rowling, la celebre autrice della saga di Harry Potter, è stata ostracizzata dall’industria editoriale e cinematografica. Al punto che il suo nome è addirittura sparito nei film tratti dai suoi libri.

Tornando a Kathleen Stock, la sua conferenza alla “Oxford Union” è stata interrotta dai fautori del “politically correct”, che non l’hanno lasciata parlare urlandole insulti a più non posso. Ironicamente, quest’anno ricorre il bicentenario della stessa “Oxford Union”, per il quale è stato scelto lo slogan “Celebrando 200 anni di libertà di parola”.

Censura a Cambridge

Una situazione – se è possibile – ancora peggiore si è manifestata a Cambridge. L’ateneo ha invitato a parlare sull’ideologia di genere Helen Joyce, editorialista della rivista The Economist, nonché autrice del libro “Trans”, ovviamente non in linea con le posizioni del “politicamente corretto”.

Centinaia di manifestanti le hanno impedito di tenere la conferenza prevista, accusandola di essere “fascista”. La Joyce si è dovuta nascondere in una stanza per un paio d’ore, assieme ad alcuni studenti che temevano di essere riconosciuti dai dimostranti. La Joyce, scortata dalla polizia, ha poi lasciato l’ateneo usando una porta sul retro.

Vietata la Bibbia

Ancora più clamorosa la notizia che giunge dagli Stati Uniti. Nello Stato dello Utah, dove la diffusione biblica è altissima, è stata vietata la lettura della Bibbia nelle scuole elementari e medie. Come si spiega una decisione così balzana? Presto detto.

Un genitore ha scritto al quotidiano The Salt Lake Tribune, pubblicato nella capitale dello Stato, Salt Lake City, sostenendo che la Bibbia è un libro pornografico secondo una norma introdotta nel 2022 per tutelare i minori, per l’appunto, dalla pornografia. Il testo sacro del cristianesimo conterrebbe, a detta del summenzionato genitore, episodi di volgarità e violenza del tutto inadatti ai più giovani.

Incredibilmente, le autorità statali gli hanno dato ragione. Il risultato è che la Bibbia è stata ritirata dalle biblioteche scolastiche e pubbliche in genere, e d’ora in poi si potrà leggere solo in privato. C’è da sperare, ovviamente, che altri Stati dell’Unione non seguano l’esempio dello Utah ma, visto l’andazzo, non possiamo affatto esserne sicuri.

Si noti, tra l’altro, che lo Utah è lo Stato dei Mormoni (che costituiscono circa il 62 per cento degli abitanti), vale a dire la setta fondata da Joseph Smith nell’800. Sono noti anche come seguaci della “Chiesa di Gesù Cristo dei santi degli ultimi giorni”. Tutti li conoscono poiché svolgono un’intensa di proselitismo in tutto il mondo, Italia inclusa. E, oltre alle loro pubblicazioni, diffondono anche la Bibbia.

Ma c’è un altro fatto a dir poco curioso. I presidenti Usa, all’atto del loro insediamento, giurano proprio sulla Bibbia, la quale è sempre usata anche nei tribunali americani quando i testimoni vengono chiamati a deporre. Cosa accadrà quindi in futuro? Domanda pertinente alla quale, in questo periodo, non è facile rispondere.

La reazione di Sunak

Questa volta, almeno nel Regno Unito, la politica è intervenuta. Il premier britannico Rishi Sunak ha detto con chiarezza che in una società libera è necessario il libero dibattito. Guardando a simili avvenimenti, tuttavia, c’è da chiedersi se Usa e Regno Unito siano ancora società libere, o se non stiano piuttosto avvicinandosi alle autocrazie (Cina e Russia in primis) che vogliono combattere.

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