Esteri

Tensioni Serbia-Kosovo, Putin spinge per aprire un nuovo fronte?

La volontà di Belgrado di riacutizzare le tensioni con Pristina. E dietro i venti di guerra non si può escludere una influenza del Cremlino

Vucic Putin Il presidente serbo Vucic con Vladimir Putin

Negli scorsi giorni è tornata alta la tensione in Kosovo, a causa dell’imboscata compiuta ai danni di alcuni poliziotti di Pristina a Banjska, un villaggio nel nord a maggioranza serba. L’azione, nonostante la smentita categorica del governo di Belgrado, era subito apparsa non casuale e parte integrante di un piano più ampio, incentrato sulla volontà serba di riacutizzare le tensioni con il piccolo stato limitrofo, ritenuto ancora una mera provincia ribelle e parte integrante del proprio territorio.

A dimostrazione di quanto il nazionalismo serbo non sia sopito ma solo attenuatosi per poco più di due decenni – a causa della sconfitta subita da Belgrado dalla Nato all’epoca della guerra del Kosovo – pronto a riemergere non appena se ne verificassero le condizioni.

Truppe al confine

Lo scoppio della guerra d’Ucraina ha offerto al governo guidato da Aleksandar Vucic l’opportunità e la spinta utile a perseguire il proprio piano di riunificazione con il Paese vicino. Non a caso, appena pochi giorni dopo il drammatico episodio di Banjska, la Casa Bianca ha diramato una nota in cui si denuncia “l’ammassarsi progressivo di un consistente numero di unità militari al confine con il Kosovo”, nonostante Washington abbia messo in guardia la Serbia dai rischi di tale azione.

Un gesto minaccioso che testimonia l’intenzione di Belgrado di aizzare la tensione e forse addirittura aprire un nuovo fronte di guerra nel cuore dell’Europa. A detta del premier kosovaro Albin Kurti, un intervento militare diretto nel Paese da parte del nemico sarebbe imminente, eventualità che avrebbe ripercussioni devastanti anche a causa delle presenza delle forze Kfor della Nato nell’area, spiegate in difesa di Pristina.

Ambiguità di Belgrado

Tuttavia, un aspetto che raramente viene annotato nel dibattito pubblico occidentale quando si commentano le tensioni tra i due Paesi è quello della vicinanza del governo serbo alla Russia. Belgrado negli anni ha dimostrato ambiguità nei rapporti con le istituzioni euro-atlantiche ed un consolidamento della sua alleanza con Mosca, manifestata nei fatti anche dopo l’invasione dell’Ucraina con il rifiuto di aderire alle sanzioni economiche ed inviare armi a Kiev.

Influenza russa

Pertanto, dietro i venti di guerra in Kosovo non si può escludere una influenza del Cremlino, sostenitore delle istanze nazionaliste serbe ma anche potenzialmente beneficiario di una ulteriore crisi nel continente europeo.

Infatti, lo scoppio di un conflitto avrebbe pesanti ripercussioni nei nostri Paesi ed imporrebbe alla Nato di intervenire nuovamente contro Belgrado, concentrando la propria attenzione su un altro fronte oltre a quello ucraino. Eventualità che servirebbe alla Russia per provare ad allentare la compattezza degli alleati occidentali e ad incrementare l’insofferenza in una parte dell’opinione pubblica verso l’impegno a difesa di Kiev.

Vladimir Putin nel corso della sua storia da presidente ha spesso provato a dividere il fronte avversario (interno ed esterno), inserendo nelle sue faglie una narrazione propagandistica favorevole agli interessi imperialisti della Federazione Russa e del suo potere.

È probabile stia cercando di farlo anche adesso, promettendo sostegno a Belgrado in caso di conflitto diretto contro l’Occidente e incentivando le istanze nazionaliste interne all’establishment serbo, che da tempo sogna una resa dei conti con il Kosovo. In questo delicato scenario, il ruolo dell’Occidente sarà quello di difendere l’integrità territoriale di Pristina e provare a placare definitivamente le ambizioni imperialiste della Serbia, evitando che una nuova guerra nel continente europeo finisca per avvantaggiare i piani di destabilizzazione dello zar.

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