Politica

Il necessario equilibrio tra libertà e prudenza

La donna può vestirsi come crede, considerandolo giustamente un suo diritto, ma la realtà è che nessuno Stato può garantire in assoluto che un diritto sia violato

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In un appassionato appello pubblicato su La Repubblica qualche tempo fa, sotto il titolo “Se fossi un uomo”, Concita De Gregorio invitava l’intero altro sesso ad un severo controllo del proprio istinto animale, senza addurre ad alibi le eventuali provocazioni derivanti dall’abbigliamento o dal comportamento delle donne.

Ora, mi meraviglia che una giornalista così scaltra continui in questa autentica mania di mettere sempre sotto processo l’intero sesso “forte”, pur dando atto che i suoi due figli sono sempre stati corretti, come d’altronde i miei stessi figli e nipoti, sì che la questione andrebbe ridimensionata in ragione dell’educazione ricevuta, peraltro strettamente dipendente dall’ambiente famigliare e sociale, che risente delle profonde differenze esistenti a tutt’oggi nel nostro Paese.

La crescente autonomia femminile

Di fatto, però, il modello di comportamento fra i due sessi è andato cambiando, con una crescente autonomia di quello femminile, che addirittura considera anacronistiche alcune misure “protettive”, come andarle a prendere a casa o riportarvele, vederle scomparire dietro il portone, accompagnarle alle feste, tenendo lontano con la sola presenza eventuali disturbatori, prendersene carico quando avessero bevuto un bicchiere di troppo, capire in anticipo se le loro avances fossero ben accette.

C’è il ripudio del modello di bravo ragazzo di buona famiglia, cui viene “affidata” la ragazza, cui giustamente questa è divenuta insofferente, rivendicando una completa autonomia, pari a quella permessa al coetaneo, senza solo per questo essere esposta a rischi maggiori per il suo abbigliamento succinto o comportamento “spensierato”.

Evoluzione del costume

Ora, per quel che può osservare un vecchio che ha assistito alla forte evoluzione del costume dal Dopoguerra ad oggi, ho visto progressivamente ridursi la superficie “coperta” del corpo femminile, tanto che al mare è tutt’affatto normale trovare i due pezzi ridotti ai minimi termini, reggiseni che lasciano intravvedere i capezzoli e slip costituiti da un piccolo triangolo di stoffa sostenuto da semplici cordoni; e in città altrettanto normale osservare una folata di ragazze con blue jeans a filo del pube, le gambe in piena vista.

Nessuno obietta, tutto al contrario i maschi inguaribili narcisisti pensano che sia una esibizione tutta per loro, ma questo è vero solo in parte, perché la donna si sente al suo meglio quanto può lasciare libero il suo corpo, anche se questo è lungi dall’essere perfetto per natura o per età, senza almeno apparentemente curarsi troppo del giudizio maschile.

Certo, questo della piena libertà di abbigliamento trova solo una limitazione, quella attinente alla nozione corrente di buon costume, che però riuscirebbe oggi difficile da ravvisare anche se le donne indossassero in spiaggia il pezzo unico, a fronte di una rivendica già emersa di poter girare a torace nudo come gli uomini.

Libertà e prudenza

Ma questo non vuol dire escludere che l’abbigliamento possa esporre a rischi di chi vi ravvisa una sorta di tacita disponibilità che lo legittima all’uso della violenza in luoghi e tempi ove può essere condotta senza alcuna reazione pubblica. Certo, la donna può vestirsi come crede, considerandolo giustamente un suo diritto, ma la realtà è che nessuno Stato liberaldemocratico può garantire in assoluto che un diritto sia violato senza trasformarsi in uno Stato di polizia. Tocca al cittadino nel limite del possibile cercare di diminuire quei rischi cui il suo stesso comportamento lo espone.

Naturalmente, che questi rischi esistano è una questione deducibile dalla realtà, dove l’abbigliamento di per sé viene in rilievo se tenuto nelle ore notturne, in compagnia di sconosciuti, con le capacità annebbiate dall’assunzione di bevande alcoliche o sostanze stupefacenti, spesso somministrate all’insaputa della donna.

Non è che ne derivi automaticamente alcuna corresponsabilità della vittima, ma certo il danno subito in termini di lesioni e traumi psicologici non sarà cancellato a seguito di una condanna a carico dei molestatori/stupratori, ma resterà solo risarcibile, lasciando una traccia almeno nella psiche della persona.

La sicurezza, come la pulizia urbana, richiede una collaborazione da parte della gente per poter essere realizzata, cioè l’osservanza di quelle regole di prudenza non solo imposte per legge, ma adottate per esperienza comune. Ricordo che mio padre, quando mi consegnò le chiavi della prima macchina, mi chiese che cosa avrei fatto col verde, sorrisi trovando la domanda sciocca, certo avrei accelerato per passare velocemente. No, mi disse, devi sempre affrontare il verde con una velocità controllata, perché non sai che cosa farà l’automobilista che dovrebbe fermarsi al rosso.

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