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Deterrenza e armi dell’informazione: le due cose che Putin ha imparato dalla Guerra Fredda (e che l’Occidente sembra aver dimenticato)

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Inutile disperarsi per i putinisti italici (fenomeno “spintaneo”). Occupiamoci delle cause.

E’ stato autorevolmente detto che a volte sono proprio gli sconfitti a imparare da una battaglia o da una guerra persa, ben più dei vincitori. E’ anche il caso della Guerra Fredda, vinta trionfalmente da un Occidente che però, da allora, sembra aver dimenticato le due armi risultate decisive.

La prima: la deterrenza. Un arsenale, anche nucleare, immensamente superiore a quello degli avversari. E l’uso più intelligente delle armi: cioè il loro non uso, nel senso che basta averle e “poterle eventualmente usare”, appunto.

La seconda: la controinformazione. Con tutta una rete di radio, tv via satellite, comunicazioni scritte e audiovisive, più un forte sostegno alle personalità e ai dissidenti di volta in volta più autorevoli, più meritevoli, e quindi più fastidiosi per il regime sovietico e i suoi satelliti.

In un curioso rovesciamento delle parti, oggi è Putin a usare entrambi questi strumenti più di noi. La Nato ha tuttora un arsenale di gran lunga superiore a quello di qualunque avversario attuale e potenziale. Eppure è la Russia, da anni (dall’Ucraina alle minacce verso i Paesi baltici), a giocare la carta delle provocazioni militari, anche per “testare” la resistenza della Nato a far scattare il famoso articolo 5.

Lo stesso per la controinformazione. Da Russia Today a Sputnik, passando per l’acquisizione (morale? solo morale? chissà…) di partiti, opinionisti, centri studi, giornali, personalità della politica e dei media, è Putin a mettere in campo nel cuore del nostro Occidente una visione alternativa delle cose. Spesso è un’opera quasi fumettistica (si pensi a Russia Today): ma il suo obiettivo – ovviamente – non è convincere, bensì solo dare ingresso a tesi complottistiche, rifornire di argomenti (più o meno plausibili) i propagandisti, e creare confusione negli altri.

Per questo, è inutile disperarsi per i putinisti italici (anch’essi, più “spintanei” che spontanei). Certo, è doloroso leggere giornali italiani (inclusi alcuni tra i principali) che potrebbero da anni pubblicare editoriali e corrispondenze direttamente in caratteri cirillici. E’ lancinante sentire (in modo bipartisan, anzi tripartisan) primi ministri e ministri degli esteri italiani, passati e futuri, esprimersi senza le cautele che perfino l’ambasciata russa adotterebbe. Troppo zelo: con effetti perfino comici, se non parlassimo di cose drammaticamente serie.

E’ più importante invece concentrarci sulle cause. E invitare, incoraggiare il nostro Occidente, sia sul terreno della difesa sia su quello delle idee e dell’informazione, a ritrovare il suo orgoglio, e a mettere in campo tutti gli strumenti – antichi e nuovi – necessari alla difesa della libertà.

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