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Armi Usa a Kiev col contagocce, mentre i russi rischiano lo scontro diretto in Siria

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Contrariamente alla percezione prevalente, gli Stati Uniti sono molto cauti nel fornire a Kiev armamenti pesanti, preoccupati che gli ucraini possano usarli per colpire troppo duramente i russi, addirittura sul loro territorio, rischiando di provocare una escalation e un coinvolgimento diretto della Nato.

Dei lanciamissili Himars, di cui molto si è parlato nelle scorse settimane, ne sono arrivati agli ucraini quattro e dalla gittata minima (70-80 chilometri). Non per modo di dire, proprio quattro di numero, a fronte di una richiesta di Kiev di 60 con gittata a 300 chilometri.

Da oltre due mesi è in corso nel Donbass un’offensiva russa che si basa sostanzialmente sulla superiorità schiacciante dell’artiglieria di lungo raggio, che spiana la strada alle truppe di terra, mentre gli ucraini non hanno un adeguato fuoco di controbatteria.

Le provocazioni russe in Siria

Se da una parte Washington agisce con estrema cautela in Ucraina per evitare ogni possibile pretesto, non sembra invece che Mosca si faccia tanti problemi a rischiare uno scontro diretto con gli Usa in Siria.

Nel mese di giugno le forze russe in Siria hanno condotto una serie di operazioni in un’area controllata dalla coalizione guidata dagli Stati Uniti, incluso un raid aereo questa settimana contro una base in posizione strategica nel sud-est del Paese, hanno riferito fonti militari Usa al Wall Street Journal.

Si tratta della strategica base di al-Tanf, al confine con Iraq e Giordania, bombardata mercoledì da due Su35 e un Su24 russi. Il comando russo ha avvertito in anticipo quello Usa del raid (un preavviso pare di 15 minuti), una rappresaglia per un attacco alle forze del regime siriano. Tutto il personale è stato evacuato in tempo e non ci sono state vittime.

Ma queste operazioni, sempre più frequenti, destano allarme a Washington. I vertici militari Usa sono “preoccupati” della possibilità che un errore possa scatenare un conflitto tra Stati Uniti e Russia in Siria e accusano Mosca di una significativa crescita delle provocazioni contro le forze a guida Usa.

“Cerchiamo di evitare errori di calcolo – ha commentato il generale Erik Kurilla, capo del comando centrale Usa – ma il recente comportamento della Russia è stato provocatorio ed è salito di livello”.

Anche questa settimana, i russi hanno schierato due caccia Su-34 su un sito dove le forze Usa stavano conducendo un raid, nel nord-est della Siria, per catturare un fabbricante di bombe dell’Isis. Si sono ritirati dopo che gli Stati Uniti hanno fatto decollare gli F-16 per avvertire i jet russi allontanarsi.

Percezione e realtà degli aiuti a Kiev

Questi fatti dovrebbero aiutarci a ricalibrare la percezione che abbiamo della condotta di Stati Uniti e Russia nel conflitto ucraino.

Una certa narrazione, soprattutto in Italia, sembra aver convinto buona parte dell’opinione pubblica che stiamo inviando chissà quali potenti armi all’Ucraina, che i governi occidentali vogliano farci entrare in guerra con la Russia, rischiando addirittura un conflitto nucleare, evocato all’inizio dell’invasione dal Cremlino e dai suoi canali mediatici.

Sia gli atlantisti, per dimostrare che stiamo facendo tutto il possibile per aiutare gli ucraini, sia i filorussi e i critici dell’invio di armi, per avvalorare il pericolo escalation e sottolineare le colpe dell’Occidente, sono portati ad enfatizzare il livello e le quantità di armamenti che Kiev sta ricevendo.

Armi promesse e consegnate

La realtà sul campo è molto diversa. Secondo il tracker elaborato dal Kiel Institute for the World Economy, c’è una cospicua differenza tra le armi promesse e quelle effettivamente consegnate agli ucraini.

Gli Stati Uniti hanno consegnato la metà degli aiuti militari promessi, la Germania solo un terzo (in termini assoluti un decimo di quelli Usa e non sono ancora arrivate armi pesanti). Regno Unito e Polonia stanno mantenendo gli impegni. Anche Italia e Francia hanno fornito gli aiuti promessi, sebbene si trattasse di quantità misere.

Le armi fornite dall’Occidente a Kiev sono in realtà molto limitate, non del livello necessario a contrastare il fuoco dell’artiglieria russa (figuriamoci contrattaccare) e arrivano in ritardo di settimane.

Dunque, è vero piuttosto il contrario: stiamo facendo di tutto (Washington inclusa) per evitare il sia pur minimo rischio di una reazione russa.

L’incertezza Usa

La Casa Bianca – che qui qualcuno descrive come abitata da pazzi guerrafondai che ci vorrebbero trascinare in guerra – si muove in realtà con passo molto incerto, stop-and-go, annunci e correzioni, sempre una o due mosse dietro ai russi.

Subisce le linee rosse fissate dal Cremlino mentre rinuncia a tracciare le proprie, anche quando il momento sarebbe propizio, per esempio subito dopo il fallimento dei piani iniziali di Mosca.

Al contrario, come abbiamo visto, i russi sono molto più aggressivi in Siria, dove il rischio di un confronto diretto c’è davvero, essendo i soldati americani schierati sul terreno. Eppure, non temono di condurre raid contro le basi della coalizione Usa, col rischio di uccidere anche personale americano.

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