Esteri

Gli iraniani dovranno farcela da soli, l’Occidente non li aiuterà

Regime moribondo ma l’Occidente lo tiene in piedi: Usa e Ue trattano sul nucleare, i media politically correct non vedono che le donne iraniane vogliono liberarsi dal velo

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Gerusalemme. “Combatteremo, moriremo e ci riprenderemo l’Iran”, continuano a gridare i manifestanti iraniani. Nel frattempo, temendo la crescita delle manifestazioni in tutto il Paese, il governo iraniano ha tagliato la connessione a internet.

In risposta, il Dipartimento di Stato Usa ha adottato alcune misure per tentare di aiutare la popolazione iraniana, rilasciando una “licenza” che consente a una serie di servizi di comunicazione e hardware di non essere soggetta a sanzioni. Dopo l’annuncio del Dipartimento, Elon Musk ha immediatamente twittato: “Attivazione di Starlink“.

Il sito di proprietà saudita, Iran International, ha però sollevato dubbi sull’efficacia della licenza: “I funzionari statunitensi non hanno chiarito in che modo gli iraniani possono acquistare il ‘flat user terminal’ necessario per l’accesso al satellite Starlink“.

Inoltre, Iran International ha commentato che il governo iraniano non consentirà l’acquisto di un hardware che faciliti la connessione illimitata a Internet nel Paese. Infatti, il Ministero delle comunicazioni iraniano ha già bloccato l’accesso al sito web di Starlink.

L’aiuto limitato dell’Occidente

Sembra che, ancora una volta, l’aiuto dell’Occidente al popolo iraniano sia abbastanza limitato. Le proteste in Iran vanno avanti da più di un anno e mezzo, ma ciò non ha impedito all’Occidente di continuare il dialogo con Teheran per raggiungere un accordo sul nucleare, ignorando le violazioni dei diritti umani da parte del regime e il suo sostegno al terrorismo.

Infatti, già ad agosto, era trapelato dai negoziati di Vienna che, nel primo giorno della possibile approvazione dell’accordo, l’Occidente sarebbe pronto a revocare tre ordini esecutivi emessi dall’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump, il che significa che sarebbero tolte le sanzioni da 17 banche iraniane e 150 istituzioni iraniane e che 7 miliardi di dollari di fondi congelati tornerebbero al regime iraniano.

Inoltre, tutti ricordano che lo scorso maggio gli Stati Uniti avevano dichiarato che il petrolio iraniano, in questo momento sanzionato, sarebbe potuto tornare in futuro sui mercati globali.

È difficile dire cosa abbia fatto l’Occidente per sostenere la libertà in Iran nel corso degli anni, poiché sembra che gli Stati Uniti e l’Unione europea abbiano dato assistenza più al regime che al popolo iraniano.

A titolo personale, ricordo che, nel 2006, a un evento a cui ero stata invitata ad Ankara, Turchia, su “L’empowerment delle donne nel Medio Oriente e in Nord Africa”, sponsorizzato dall’iniziativa del Dipartimento di Stato Usa Middle East Partnership Initiative (MEPI), aveva visto la partecipazione di alcune donne iraniane, tutte membri del governo iraniano.

Ricordo che, durante un viaggio in autobus nei dintorni di Ankara, costrinsero l’autista a fermarsi per poter scendere prima di raggiungere il mausoleo di Mustafa Kemal Atatürk, poiché non volevano visitare il monumento dedicato al promotore della laicità in Turchia.

“Donna, Vita, Libertà”

Sarebbe stato invece più consono avere fra i partecipanti donne come la famosa artista iraniana, Parastou Forouhar, i cui genitori sono stati uccisi atrocemente durante gli “omicidi a catena” di intellettuali iraniani perpetrati dal regime, alla fine degli anni ’90.

Il padre di Parastou, Dariush, fondatore dell’Hezb-e Mellat-e Iran (“Partito della nazione iraniana”), e sua moglie Parvaneh sono stati brutalmente assassinati e i loro corpi mutilati. I Forouhar sono stati uccisi sotto la presidenza del “riformatore” Mohammad Khatami, anche se le figure chiave del regime, nominate sotto la presidenza di Hashemi Rafsanjani (definito come un “rinomato assassino e un fine diplomatico”), erano ancora attive all’interno del governo.

Parastou Forouhar, nota per denunciare la violenza del regime attraverso le sue opere d’arte, è una critica dell’hijab obbligatorio e sostiene lo slogan dei manifestanti iraniani: “Donna, vita, libertà”.

Naturalmente, i media occidentali, che sposano il “politicamente corretto“, hanno difficoltà a vedere che le donne iraniane vogliono liberarsi dal velo. Questo è ormai così da anni. Nel 2012, il New York Times ha pubblicato un editoriale, intitolato “The Freedom of the Hijab”, in cui l’autrice vuole convincere il lettore che l’hijab è una vittoria femminista sul patriarcato:

“Il mio hijab mi libera… Avevo bisogno di dichiarare al mondo per il mio compleanno di quest’anno che d’ora in poi sono un hijabi… Vedo il hijab come la libertà di considerare il mio corpo come mio e come un modo per assicurare la libertà personale, in un mondo che rende oggetto le donne”.

Ignorato anche il popolo cubano

Sta pertanto diventando sempre più chiaro che se gli iraniani vogliono il cambiamento, dovranno farlo da soli. L’Occidente non li aiuterà. Nel 2021, una delle canzoni che è stata utilizzata come sottofondo per alcuni video delle manifestazioni iraniane è stata la canzone “Patria y Vida“, diventata lo slogan delle proteste cubane del luglio 2021.

Infatti, negli stessi giorni in cui il popolo iraniano manifestava per cibo, acqua e diritti, il popolo cubano stava facendo lo stesso, poiché le stesse richieste di libertà risuonavano forti e chiare dall’Avana fino a Teheran.

“Niente più bugie. Il mio popolo chiede libertà, niente più dottrine. Non gridiamo più patria o morte [lo slogan della rivoluzione castrista, ndr], ma patria e vita. Iniziamo a costruire ciò che abbiamo sognato. Ciò che hanno distrutto con le loro mani. Fermate lo spargimento di sangue per il fatto di pensarla diversamente”, dicono le parole di “Patria y Vida“.

Nonostante la richiesta di libertà da parte della popolazione all’Avana, lo scorso maggio la Casa Bianca ha annunciato misure di “re-engagement” (reimpegno) con Cuba, causando le ire dell’opposizione cubana, che ha immediatamente gridato “vergüenza [vergogna]” agli Stati Uniti per continuare a mantenere in vita la dittatura. Questo è lo stesso approccio che l’Occidente sta adottando anche per il regime degli ayatollah.

Un regime moribondo

La buona notizia è che la Repubblica islamica è un regime moribondo, la cui ideologia non ha più un appeal sul popolo. Come afferma Norman Roule, analista americano, che ha lavorato per la CIA per 34 anni: “Non è chiaro se il regime crollerà o sprofonderà sempre di più nell’autocrazia, ma chiaramente la sua incapacità di attirare sostenitori al di fuori delle milizie indica che è destinato a diventare polvere della Storia“.

È chiaro però che, se il regime crollerà, sarà grazie alla volontà del coraggioso popolo iraniano, se invece il Paese sprofonderà in una maggiore autocrazia sarà sicuramente causato dalla volontà dell’Occidente di “reimpegnarsi” con la Repubblica islamica. “Vergüenza“, o come dicono in farsi: “خجالت بکش (khejâlat bekesh, vergogna!)”.

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