Esteri

Immunità a Bin Salman: scelta obbligata per ricucire con Riyad

L’Ue può permettersi di essere moralista in politica estera. Gli Usa no, poiché da essi dipende la sicurezza e la stessa esistenza del mondo libero

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Sta facendo molto discutere, in America e altrove, la concessione dell’immunità al principe ereditario dell’Arabia Saudita Mohammad bin Salman. Il 37enne erede al trono è in realtà l’uomo forte di Riyad, poiché l’attuale re ha 86 anni e ha in pratica concesso al figlio pieni poteri.

Le accuse contro Bin Salman

Bin Salman è diventato celebre per il barbaro assassinio del giornalista saudita Jamal Khashoggi, avvenuto nel consolato dell’Arabia Saudita a Istanbul nel 2018. Il giornalista fu picchiato a morte e poi tagliato a pezzi, fatti uscire dal consolato in grossi sacchi neri. I suoi resti non sono mai stati ritrovati.

La responsabilità fu subito attribuita al principe, accusato di aver ordinato l’assassinio. E fu Erdogan a diffondere la notizia dell’uccisione, visti i rapporti piuttosto tesi tra il Sultano e la dinastia saudita.

La vicenda, ovviamente, destò grande scandalo in Occidente. Bin Salman fu accusato da un report dell’intelligence Usa diffuso nei primi giorni della presidenza Biden, che adottò sanzioni nei confronti del Regno.

Rapporti con gli Usa complicati

Da allora i sauditi, tradizionali alleati di ferro degli Usa, hanno raffreddato molto i loro rapporti con gli americani, avvicinandosi alla Russia – loro tradizionale nemico – e anche alla Cina.

Risulta che in almeno un paio di occasioni Bin Salman abbia addirittura rifiutato di ricevere telefonate da Biden. Riyad ha inoltre respinto la richiesta americana di aumentare la propria produzione di petrolio e gas per attutire la carenza causata da Mosca dopo l’invasione dell’Ucraina.

Per chi rammenta quanto fosse forte in precedenza il legame tra Riyad e Washington, tutto questo desta meraviglia. La monarchia saudita è fortissima sul piano economico ma assai debole su quello militare. Ospita importanti basi aeree Usa e il suo esercito è armato dagli americani.

Quest’ultimi hanno inoltre dotato i sauditi di una difesa missilistica per parare gli attacchi provenienti dall’Iran, altro tradizionale nemico dei Saud.

Bin Salman ha tuttavia fatto notare che il mondo sta cambiando, ragion per cui è possibile che in futuro l’Arabia Saudita si rivolga ad altri per ottenere armamenti e protezione militare. E lo ha detto senza battere ciglio, anche se uno dei possibili nuovi fornitori, Vladimir Putin, versa ora in gravi difficoltà a causa del conflitto in Ucraina.

Alleanze e diritti umani

Il problema principale è però un altro. Visto l’atteggiamento sempre più aggressivo delle grandi autocrazie, e il loro crescente desiderio di dar vita a un nuovo ordine mondiale non più a guida Usa, fino a che punto può l’Occidente permettersi di considerare i diritti umani quale cardine della sua politica estera?

Si rammenterà che la coppia Barack ObamaHillary Clinton (soprattutto quest’ultima) aveva agito esattamente in quel modo, salvo poi ritrovarsi con lo smacco delle “primavere arabe” e l’ascesa al potere dei Fratelli Musulmani in Egitto. Anche Biden, già vice di Obama, ha iniziato in quel modo.

Per poi accorgersi che con questa strategia gli alleati giudicati più affidabili preferivano avvicinarsi alle autocrazie pur di essere “lasciati in pace” sul tema dei diritti umani.

E vale pure per la Federazione Indiana che, pur restando una democrazia nonostante le tendenze autoritarie di Narendra Modi, ha già compiuto passi di avvicinamento a Putin e a Xi Jinping. Per non parlare della Turchia di Erdogan, membro della Nato che gioca su tutti i tavoli possibili per alimentare le aspirazioni neo-ottomane del Sultano.

Una scelta obbligata

Mi pare evidente che Joe Biden, sentendosi circondato, ha compiuto una mossa dettata dalla Realpolitik così amata da Henry Kissinger. L’anziano presidente transige sui principi pur di conservare il ruolo centrale del suo Paese e dell’intero Occidente negli equilibri internazionali.

Non è detto che l’immunità concessa a Bin Salman serva davvero a far rientrare l’Arabia Saudita nell’orbita americana, poiché il personaggio non è facilmente inquadrabile usando categorie politiche tradizionali.

Prima di criticare Biden, comunque, occorre chiedersi se avesse alternative plausibili a disposizione. L’Unione europea può permettersi di essere moralista in politica estera. Gli Stati Uniti no, poiché da essi dipende in buona sostanza la sicurezza e la stessa esistenza del mondo libero.

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