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La destra perde per inconcludenza e irresolutezza, ma la stampa di regime vuole di più: la vuole fantoccio

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C’è in Italia un modo di fare informazione, di spacciare informazione che anche uno come me, nel mestiere da trent’anni, non riesce più a capire al punto che si chiede: ma sono io ad avere le allucinazioni o sono questi che parlano?

Al Tg2 Post di lunedì sera, tre direttori di giornali, Molinari di Repubblica, Fontana del Corriere e Tamburini del Sole24Ore, tutti d’accordo: il centrodestra ha perso le amministrative per le sue posizioni estremiste, irresponsabili, autoritarie al punto che gli elettori non l’hanno più seguito. Scusate, quali estremismi, quali esagerazioni? Forza Italia si comporta come una propaggine del Pd, di cui sposa quasi ogni posizione; la Lega è dentro al governo e a malapena ne argina lo strapotere; Fratelli d’Italia sta fuori ma la sua leader si è pubblicamente esposta in favore dei vaccini e non pregiudizialmente contraria al Green Pass, tutt’al più da limitare. Lo stesso si può dire di Salvini, detto “la bestia” in ragione della sua comunicazione social che si vorrebbe scatenata e forsennata: dove, quando? Uno che ogni giorno che Dio manda in terra fotografa enormi piatti di lasagne o culatello come in un film di don Camillo?

Salvini e Meloni, lasciamo perdere Berlusconi per il quale l’odio è tramontato, sono i due politici più moderati e più attaccati in Italia. Collezionano insulti, attacchi, minacce, gli avversari li azzannano con toni da postribolo, c’è chi li vuole morti e chi al manicomio, chi se la prende coi rispettivi figli. Fratelli d’Italia è stata danneggiata, almeno in parte, almeno sul piano dell’immagine, dalle escandescenze del circolo paraeversivo di Forza Nuova, eppure tanto è bastato per appaiare la Meloni al peggior nostalgismo saloino; nella Lega, grande peso ha Giorgetti che è di fatto filoeuropeista e il braccio destro di Draghi del quale avalla l’azione. E questi li chiamano esagerati, li definiscono quasi bombaroli?

Uno come me, dopo trent’anni e passa di mestiere, fatica a orientarsi, non capisce se ci sia più malafede o alienazione. Quando è del tutto evidente che la ragione dell’astensionismo massiccio per il centrodestra sta nelle ragioni esattamente contrarie: candidati deboli, scelti male e tardi, una opposizione attendista, che poi hanno visto e ancora meno apprezzato, un entrismo sterile, una mancanza di coordinamento e di qualità ai vertici, e mettiamoci pure una campagna mediatica disastrosa ma non certo per eccesso.

La verità l’ha colta precisamente Daniele Capezzone nel suo libro “Per una nuova destra”: l’urgenza di ritrovare una koiné nel senso di un liberalismo vero, la fine delle suggestioni dirigiste e stataliste che incantano ancora troppi a destra, un approccio risoluto (alla Clint Eastwood), fermo, improntato a serietà. La destra perde per la sua indecisione, per la sua inconcludenza, per la persistente irresolutezza. L’informazione di regime lo sa ma non le basta.

La stampa mainstream, di questo si sono accorti tutti, fa l’amica del giaguaro, è governativa oltre la decenza, però c’è o dovrebbe esserci un limite alla faziosità, alle interpretazioni lunari. Definire questa destra, se preferite centrodestra, sovversiva, scalmanata, estremista va oltre la cattiva coscienza, è una operazione di propaganda che neppure si dà la pena di nascondere i suoi fini. I direttori che parlavano al Tg2 Post, uno in particolare, mancava poco si mettessero a saltare dalla gioia e c’era chi parlava di “grande opportunità da cogliere per il centrosinistra”.

Simili nocchieri dell’informazione potrebbero intanto cominciare a preoccuparsi delle loro emorragie di lettori; potrebbero spiegare come mai tra Repubblica e Stampa hanno sparato cifre imbarazzanti, tanto erano lontane, a proposito dei convenuti al comizio irregolare della Cgil in sostegno del candidato di sinistra: 100 mila per una testata, 200 mila per l’altra. Questi giornali, come altri a sostegno del regime, non vedono la repressione montante, il ricatto del Green Pass (che anzi esaltano), le difficoltà di milioni di cittadini la cui vita è ridotta a un inferno, non vedono la progressiva erosione delle libertà fondamentali, dei diritti individuali, gli idranti a soffocare una protesta già spenta.

Non vedono, anzi lo vedono ma gli piace moltissimo, la preoccupante concentrazione del potere in capo al primo ministro italiano nella totale acquiescenza dei partiti, ciò che sconcerta la stampa internazionale, sempre più allarmata sulla tenuta costituzionale dell’Italia. Un modo zelante di svolgere il mestiere che ha sempre più della Cina e sempre meno della tradizione occidentale. Un modo che ha le sue responsabilità, e pesantissime, nella disastrosa gestione di una emergenza che si avvia a durare due anni.

Definire Salvini e Meloni come due matti pericolosi non è al limite della mala fede, è al limite del gioco democratico perché si pretende di neutralizzarli nelle loro prerogative, di farne due marionette la cui funzione dovrebbe limitarsi ad agitarsi in adorazione del regime. Almeno se vogliono diventare presentabili come piace ai direttori in emorragia di lettori. 

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