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La “guerra fredda” tra Stati Uniti e Cina non si combatte solo sul piano commerciale

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La “guerra fredda” tra Stati Uniti e Cina non si combatte soltanto sul piano commerciale. Ma coinvolge anche – e si serve di – settori quali la sicurezza nazionale, la reciprocità nei rapporti e sì… anche diritti umani. A collegare i piani sono movimenti bipartisan all’interno del Congresso americano, che proprio in questi giorni ha mosso il primo passo di una proposta di legge volta a contrastare la politica di sorveglianza e internamento etnico da parte del Partito Comunista Cinese nello Xinjiang, ma anche il primo ministro canadese Justin Trudeau, che si è appellato a tutti i Paesi democratici e occidentali per fare fronte comune nella lotta al disordine mondiale che la Cina sta perseguendo con sempre più confidenza e prepotenza, tenendo decisamente fermo il timone su stato di diritto e diritti umani nei rapporti internazionali.

Il 22 maggio scorso, la Commissione Affari esteri del Senato Usa ha licenziato la proposta di legge bipartisan “Uyghur Human Rights Policy Act”. “Oggi siamo tutti Uiguri – hanno dichiarato i senatori Marco Rubio (R-FL) e Bob Menendez (D-NJ), promotori dell’iniziativa – e l’orribile e sistematico abuso della minoranza uigura da parte del Governo cinese è un affronto a tutte le persone che tengono ai principi dei diritti umani universali. L’imposizione di sorveglianza sistematica di massa nello Xinjiang da parte di Pechino dovrebbe far rabbrividire ogni persona che tiene all’umanità, la vita umana e la libertà etnica, religiosa e culturale. Oggi la Commissione Affari esteri del Senato ha preso una posizione importante contro la visione del presidente Xi e del Partito Comunista Cinese di un futuro autoritario distopico per il proprio popolo e per il pianeta, e invito i miei colleghi al Senato ad unirsi a noi per far passare questa legge il prima possibile”.

Quali gli elementi chiave di questa proposta di legge? Una relazione del direttore dell’intelligence nazionale, in coordinamento con il Dipartimento di Stato, sulla minaccia alla sicurezza regionale rappresentata dalla repressione e sulla frequenza con cui i Paesi dell’Asia centrale stanno forzatamente rimpatriando profughi musulmani e richiedenti asilo. Il rapporto dovrà anche includere un elenco delle società cinesi coinvolte nella costruzione e nella gestione dei campi, e una valutazione della minaccia rappresentata dal trasferimento e sviluppo di tecnologie che facilitano la sorveglianza e l’internamento di massa. Pochi giorni fa è uscito sul New York Times un dettagliato articolo su “come la Cina utilizza la sorveglianza high-tech per sottomettere le minoranze”.

Il testo prevede anche un rapporto dell’FBI sugli sforzi per fornire informazioni a, e proteggere i cittadini statunitensi e rifugiati (tra cui gli uiguri) dalle aggressioni e intimidazioni del governo cinese sul suolo americano; l’istituzione di una nuova posizione presso il Dipartimento di Stato, quella di coordinatore speciale per lo Xinjiang, per tutta la durata della crisi; e un rapporto del CEO dell’Agenzia statunitense per i mezzi di comunicazione globale in merito agli sforzi di intimidazione dei dipendenti di Radio Free Asia (RFA), lo stato e la portata delle trasmissioni statunitensi nello Xinjiang, e l’analisi della propaganda di disinformazione da parte della RPC che colpisce le comunità uigure a livello globale.

Anche il premier canadese Justin Trudeau alza i toni contro Pechino. Il Canada e altre democrazie occidentali sono sempre più preoccupate per la condotta della Cina, ha dichiarato, mentre una delegazione di parlamentari di Ottawa è in visita nel Paese per chiedere il rilascio di due cittadini canadesi accusati da Pechino di aver violato la sicurezza nazionale. Secondo Trudeau, Michael Kovrig, ex diplomatico, e Michael Spavor, un imprenditore che ha aiutato delle persone a recarsi in Corea del Nord, sono stati “arbitrariamente detenuti” da funzionari cinesi l’anno scorso “per motivi politici”.

“La Cina gioca sempre più forte, muovendosi in modo sempre più prepotente per spingere la sua visione sulla scena mondiale, e i Paesi occidentali e le democrazie di tutto il mondo si devono unire perché sia chiaro che non possiamo continuare a autorizzare un tale comportamento,” ha detto Trudeau ai giornalisti.

Il Canada è direttamente coinvolto nella disputa tra Cina e Stati Uniti da quando ha arrestato a dicembre l’amministratore di Huawei (e figlia del fondatore), Meng Wanzhou, su una richiesta di estradizione Usa, con accuse di frode relative alle sanzioni statunitensi contro l’Iran. In apparente rappresaglia, la Cina ha arrestato Kovrig e Spavor alcuni giorni dopo l’arresto di Meng e bloccato importazioni agricole dal Canada per un valore di miliardi di dollari.

Finora, le autorità cinesi si sono rifiutate di discuttere con le autorità canadesi la condizione dei due cittadini, contro i quali a cinque mesi dall’arresto non è ancora stata ufficializzata un’accusa.

L’ambasciatore Saint-Jacques, già ambasciatore in Cina, ha spiegato che lo sforzo canadese di mobilitare il sostegno internazionale è utile, dal momento che le chiamate di altre democrazie per liberare i cittadini canadesi sembrano aver preso la Cina alla sprovvista. E di ritenere che l’appello agli alleati democratici fa parte di un disegno di sforzo maggiore per mantenere un ordine internazionale basato sulle regole: “Il Canada sta lavorando con altri Paesi per cercare di rinvigorire il sistema multilaterale in modo che i Paesi possano funzionare in un ambiente in cui le regole si applicano a tutti e sono prevedibili. Altrimenti, finiremmo in un sistema in cui la Cina e gli Stati Uniti detterebbero le regole e tutti perderebbero”.

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