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La Polonia sempre più divisa verso le prossime elezioni europee

Le elezioni amministrative polacche, tenutesi domenica 4 novembre, hanno evidenziato una forte spaccatura all’interno del Paese. Da una parte, le grandi città, moderne e cosmopolite, caratterizzate da una radicata vena europeista; dall’altra, le campagne, ancora legate ad una forte tradizione conservatrice.

Con un’affluenza superiore al 55 per cento – cifre che noi italiani possiamo solo immaginare – la Polonia si dimostra una democrazia viva, costantemente in crescita, con una gran voglia dei cittadini di partecipare attivamente alla vita pubblica del Paese.

Il partito di governo, cioè il PiS, nonostante abbia rafforzato la presa sull’Est rurale conquistando la maggioranza in 6 consigli su 16, non è riuscito ad insediarsi nei centri urbani. Questo vuoto elettorale nelle grandi città, oltre ad evidenziare una popolazione desiderosa di Europa, è sicuramente la diretta conseguenza delle proteste cui l’Esecutivo Morawiecki è stato soggetto nel corso di questi anni.

In città come Varsavia, capitale di quello che è il vero e proprio traino dell’Est Europa, già al primo turno – andato in scena lo scorso 21 ottobre – era stata confermata l’amministrazione centrista, passata dal sindaco uscente al candidato Rafal Trzaskowski, vittorioso con il 57 per cento dei voti. La stessa tendenza è seguita nelle città di Danzica e Cracovia, dove ad essere confermati sono stati i governi liberali.

E’ dunque negativo il bilancio nelle città per il governo, in quella che è stata la prima consultazione elettorale a livello nazionale dopo le parlamentari dell’autunno 2015. Il partito nazional-populista, nonostante abbia rinnovato la fiducia concessagli a livello regionale, ha pagato notevolmente lo scontro con l’Unione europea sullo stato di diritto, malgrado le politiche economiche abbiano consentito al Paese una crescita costante.

Tra pochi mesi ci saranno le consultazioni europee e il percorso sembra segnato, per entrambe le parti. I liberali dovranno trovare il modo di parlare alla pancia del Paese, mentre i nazionalisti dovranno intercettare i bisogni di chi chiede meno ideologia e più Europa.

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