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Per un video e dei like, muore un bambino di 5 anni

Una generazione di insicuri a caccia di notorietà e la “fratellizzazione genitoriale” dietro la tragedia di Casal Palocco, a Roma

L'incidente di Casal Palocco

Un nuovo tragico fatto, che vede la morte di un bambino ed una famiglia distrutta. Possiamo sicuramente parlare di omicidio stradale. Un giovane neopatentato alla guida della Lamborghini noleggiata che ha travolto l’auto in cui si trovava un bimbo di 5 anni, Manuel, morto per una sfida social con tanto di cellulare in uso e assunzione di cannabis, secondo le prime ricostruzioni di stampa.

È la conseguenza di un modello socio-culturale altamente diseducativo che, tra le altre cose, sdogana l’uso delle droghe tra i giovani come fosse normale. Non lo è, normale. Le droghe alterano i sistemi neuronali, distolgono la vigilanza attiva. Fanno male. A chi le usa e agli altri.

Inoltre, non è normale correre a 110 chilometri all’ora su una strada dove il limite è già di 30, impegnato in una challenge su YouTube, una gara di resistenza da 50 ore in macchina. Al volante Matteo Di Pietro, 20 anni, e con lui gli altri youtuber della crew TheBorderline, da 600 mila iscritti e oltre 152 milioni di visualizzazioni dal 2020.

Uno di loro in un video si rivolge così ad una Smart che viaggia troppo lenta: “Ma questo con la Smart che sta facendo? Ah bello, la macchina tua costa 300 euro usata al Conad, la mia costa un miliardoooo”. E proprio a bordo di una Smart si trovava il piccolo Manuel.

Il Suv Lamborghini lanciato in folle corsa per la challenge, mercoledì pomeriggio, ha travolto la Smart ForFour dove si trovava il piccolo Manuel Proietti, un bimbo di 5 anni, con la sorellina Aurora, di 4, e la madre 29enne, Elena Uccello.

Generazione di insicuri

La posizione del giovane al volante, al momento indagato. Rischia l’arresto, si legge. Ah! Perché esiste l’ipotesi di proscioglimento? E quali insegnamenti potremmo dare mai se ciò avvenisse? “Dipendenti” dai social, assuefatti a seguire i consigli di vita dispensati dagli influencer, abituati a perdere ore a guardare i gamer (giocatori professionisti) su piattaforme come Twitch o le “sfide” su YouTube.

In cerca di ammirazione, di consensi, di like. Sono la generazione di insicuri che la società (ed una certa classe politica!) ha generato abbattendo i sistemi valoriali, l’educazione nelle scuole, il rispetto, i ruoli. I ruoli genitoriali. La formazione in caduta libera, ovunque. Dando per scontato che tutto sia permesso, e che l’esempio non occorra.

La “fratellizzazione genitoriale”

E la famiglia? Dov’è? Genitori più inclini a vivere anch’essi sui social che accanto ai loro figli, sono gli “adolescenti per sempre”. Ciò talvolta genera forti insicurezze e carenze di personalità, che sfociano poi in comportamenti disagiati e pericolosi. Esattamente come questi.

La dimensione del vuoto. Così potemmo definirla questa era sociale. I genitori che fanno le stesse cose che fanno i figli: usano le chat, si mettono in posa sui social. Questa “fratellizzazione genitoriale” non è mai avvenuta prima.

Padri e madri non devono mai stare sullo stesso piano dei figli: noi siamo capitani, loro ragazzi. E come tali, noi dobbiamo educare, loro imparare. E capire, crescere con i valori che contano. Torniamo indietro, per favore. Stiamo toccando il fondo. I social stanno definitivamente creando un distacco con la realtà e il valore della vita stessa. Facciamolo per Manuel.

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