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Negazione della libertà e troppo Stato: il comune denominatore delle crisi che affliggono l’Occidente

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Le crisi che stanno sconvolgendo il mondo occidentale (e non solo quello) sembrano essere molteplici: la pandemia, il declino economico (enormemente accelerato dalle misure restrittive dei governi, ma preesistente), lo svuotamento dei valori della grande democrazia americana, il Moloch burocratico e regolatorio dell’Unione europea. A prima vista, potrebbero sembrare crisi molto diverse fra loro, in realtà hanno un potente comune denominatore che le caratterizza tutte: la negazione della libertà. È questa la vera grande vittima di tutto quel che sta accadendo in Europa e in Nord America. Tutti questi fenomeni drammatici scaturiscono da un’idea della gestione del potere che, per essere tale, deve comprimere le libertà. Da qui occorre ripartire per analizzare quanto sta accadendo sotto i nostri occhi, in questa poderosa svolta della storia in cui ci tocca di vivere.

Si pensi alle nostre vite individuali. Al fatto che diamo per scontato ed accettiamo come normale che persone in carne e ossa come noi, i governanti pro tempore che in Italia prendono il nome di Conte, Speranza, Boccia e Ricciardi, possano decidere se possiamo uscire di casa e incontrare i nostri cari, se possiamo tenere aperte le nostre attività economiche e financo se possiamo respirare liberamente o no, imponendoci l’uso della mascherina. Dice, “ma c’è un’epidemia”. C’è sempre una ragione a cui i regimi oppressivi si richiamano per giustificare quel che ordinano. L’assassino ha sempre un alibi. Il punto è: chi può avere legittimamente il potere di stabilire quali libertà possono essere concesse e quali no, in un determinato frangente storico. Da dove viene questa legittimazione? Dal mitologico “contratto sociale” di Rousseau, per il quale in cambio della ordinata convivenza civile abbiamo ceduto la nostra sovranità individuale? Ma chi l’ha firmato questo contratto a nome nostro e quali sono le possibilità di recedere appellandosi alle “clausole vessatorie” che ci stanno imponendo? L’unico modo per sottrarci, ad esempio, alle leggi italiane è andare a vivere in un altro Paese, con costi economici ed emotivi molto alti. Pochi possono permetterselo. O forse la legittimazione di tale potere viene dalle elezioni? Ma chi ha votato l’attuale o i precedenti governi? Noi cittadini? Qualcuno sano di mente ritiene di aver messo lì Roberto Speranza attribuendogli quel potere enorme sulle nostre vite? Non scherziamo, sono altri i luoghi ed i metodi con cui vengono scelti gli uomini di potere. La democrazia rappresentativa sta virando verso un sistema oligarchico politically correct.

Veniamo alle libertà economiche. Si pensi alla rovina cui stanno andando incontro molti ristoratori, albergatori, baristi, operatori turistici e culturali, o imprenditori del trasporto privato, a causa delle decisioni governative. Chi attribuisce ai politici o ai medici scelti dal regime, il potere tirannico di decretare il fallimento di tali imprenditori? In Europa, e in particolare in Italia, come sottolinea lo studioso liberista Alberto Mingardi, è assente da ben prima dell’avvento del coronavirus il senso del limite circa ciò che lo Stato può o non può fare.

Un’assenza che dipende anche dal fatto che ci sia o meno qualcuno pronto a difenderlo, quel confine. In Nord America ancora qualcuno c’è. Il presidente Trump, con tutti i suoi limiti e i suoi eccessi, ha cercato di interpretare questa funzione di argine. Ma in Europa quasi nessuno ha la forza ed il coraggio di ingaggiare battaglie politiche liberali, liberiste e libertarie. Ed invece, da decenni, ci viene propinata la balla per la quale qualsiasi male politico ed economico dei nostri tempi dipenda dal malefico “neoliberismo”. Ce lo dice il Papa, ce lo dice la gauche caviar, ce lo dicono la politica e tutti i burocrati del mondo. Ma dov’è questa estrema e devastante deregolamentazione? Le politiche europee sono l’opposto della deregulation e anche per questo il Regno Unito ne è giustamente uscito.

In Italia, poi, che il sistema fiscale, ad esempio, sia oppressivo lo percepisce anche un bambino. Che la burocrazia sia eccessiva, insensata e nemica dell’imprenditore o del semplice cittadino è un’altra realtà sotto gli occhi di tutti. L’eccesso regolatorio, l’idea che il mercato e la libera concorrenza debbano essere addomesticati, costretti dentro un recinto stabilito dal potere, è un’aberrazione, l’idea che gli “animal spirits” debbano essere governati può essere messa in discussione. Non c’è un “interesse supremo della nazione” o di qualsiasi altra entità che possa giustificare il soffocamento del libero agire, in economia e nella propria sfera privata, degli attori del mercato.

Insomma, lo Stato è pervasivo, soffocante, è semplicemente troppo. È talmente troppo che vuole imporci persino un linguaggio “corretto”, certe parole o addirittura pensieri debbono essere eliminati. Mi riferisco alle teorie del gender, del femminismo, dell’estenuante politicamente e religiosamente corretto. È anche questo, credo, che innesca l’innato e sano senso di rivolta del popolo americano. Quello almeno che non si è ancora fatto del tutto svirilizzare e rintronare dall’establishment mondiale.

Tornando all’Italia (ma non solo ad essa) è solo sul tema delle libertà che potranno e dovranno scaturire nuovi movimenti politici. Forze politiche senza timori reverenziali o complessi di inferiorità verso il ceto dominante degli intellettuali dei miei stivali, capaci di parlare con serietà (ma facendosi capire da tutti) di quanto sia affascinante e di quanto si viva bene in un sistema autenticamente liberale e liberista. Ci vorrà coraggio e creatività, ma è solo da lì che potrà passare una vera opposizione all’oppressione.

Da dove partire? Per esempio, dalla Svizzera del leggendario Guglielmo Tell. Questo Paese è un mirabile esempio di come funzioni una governance composta di tecnocrazia e democrazia diretta. Ebbene, è notizia di queste ore che numerosi attivisti politici svizzeri si stanno muovendo per chiedere l’indizione di un referendum, il primo nella storia con il quale i cittadini saranno chiamati ad esprimersi in merito alle restrizioni anti-Covid approvate nel Paese, fra l’altro infinitamente meno pesanti di quelle che noi stiamo subendo da un anno. La legge svizzera prevede che qualsiasi cittadino possa richiedere un referendum nazionale con la presentazione di una petizione sostenuta da più di 50 mila persone. L’associazione Freunden der Verfassung (Amici della Costituzione), che ha richiesto il referendum sulle restrizioni anti-Covid, ha presentato una petizione alla Cancelleria federale con 90.000 firme. Il referendum in Svizzera chiederà ai cittadini di esprimersi in merito alla possibile revoca dei poteri del governo di imporre blocchi e altre misure restrittive anti-Covid.

In italia non abbiamo questi strumenti di autentica democrazia ma dal 1989 esiste anche il referendum consultivo, oltre a quello abrogativo e costituzionale. Il referendum consultivo è di indirizzo e, pur non essendo vincolante giuridicamente per il governo, avrebbe un enorme significato politico. Io credo che un’azione politica possa partire anche da questa proposta. Gli italiani sono in maggioranza favorevoli alle misure liberticide del governo Conte? Lo vedremo. E comunque non importa, anche si esprimessero a favore della libertà solo il 20 per cento degli italiani, da lì si potrebbe ripartire con una potente azione politica realmente innovativa. Il Paese e anche le nostre vite di tutti i giorni hanno bisogno di tornare a respirare e vivere.

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