Economia

Anche a Breznev piacevano le Rolls Royce…

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Nel 1980 l’Audi iniziò il percorso che la portò a diventare il marchio premium che conosciamo oggi. Essa infatti, partendo da un fuoristrada, sviluppò il sistema di trazione integrale “quattro” che ebbe un successo enorme e la portò a trionfare più volte nel mondo dei Rally.

Famosa fu la sua rivalità con Lancia, specialmente nell’anno 1983. Per chi lo volesse, su internet trovate un episodio di Top Gear, nota trasmissione tv della BBC, che racconta in maniera fantastica questa sfida. Oggi il nome “quattro” per Audi è uno status symbol e assorbe una parte importante delle vendite della casa teutonica. Circa un terzo della produzione fra l’altro viene venduta in Cina.

In Unione Sovietica invece, il produttore di casa, la Lada o Autovaz per i russi, era ancora impegnata nella produzione della Zigulì, la nostra vecchia 124. L’auto era nata da un accordo fra Fiat e governo sovietico nel 1966, dopo che nel 1964 quest’ultimo aveva deciso la costruzione di un colossale impianto per la produzione di automobili “popolari” da ubicare a Togliatti, città meglio nota in Italia come Togliattigrad. L’auto è rimasta in produzione fino al 2012(!), con alcune evoluzioni, senza però innovare più di tanto il progetto che rimase quello originario, a parte l’introduzione di una versione diesel.

La nomenclatura sovietica, ben conscia del fatto che la produzione nazionale non era il top di gamma, quando si trattava di scegliere le auto, preferiva rivolgere la sua attenzione altrove. Nel 1980 il garage di Brežnev, allora capo supremo dell’URSS era giunto a contenere una cinquantina di fuoriserie straniere. Si dice che la madre di Brežnev, alla vista della collezione di autovetture del figlio abbia esclamato: “È tutto molto bello, figlio mio, ma se i bolscevichi tornassero?”.

 

Il confronto USA VS Cina oggi

Da questo piccolo confronto fra mondo occidentale ed orientale possiamo capire perché la sfida che Reagan, presidente USA dal 1981 all’1989, ebbe con l’URSS sia molto diversa rispetto a quella che si trova Biden ad affrontare oggi con la Cina.

Infatti, quando Reagan lanciò la famosa direttiva 75, che si proponeva di contrastare duramente l’espansionismo sovietico e sostenere i suoi oppositori, il PIL degli USA era già 3.6 volte quello dell’URSS. L’idea che stava alla base della direttiva era che si potesse fiaccare l’URSS costringendolo a spese folli in tecnologia e forniture militari, fino a portarli oltre i limiti della loro capacità di spesa.

L’URSS inoltre si era dimostrato incapace di diventare un’economia basata sui consumi. Già nel decimo piano quinquennale (1976), le priorità dell’economia sovietica si erano spostate dallo sviluppo dei consumi personali e dell’industria leggera, allo sviluppo dell’industria pesante (in particolar modo il settore energetico), della difesa, dell’agricoltura e lo sfruttamento delle “terre vergini” della Siberia.

Essendo poi un sistema che viveva nell’attesa permanente di un futuro conflitto bellico, l’industria militare, la metallurgia e tutto quello che poteva servire per vincere una guerra aveva la priorità e rappresentava la parte più grande del PIL. La produzione di beni di consumo per la popolazione restava invece decisamente in secondo piano.

Se si fossero cercate camicie, magliette e calzini, il rischio sarebbe stato di trovare poco se non il nulla più totale, a parte forse a Mosca e nelle grandi città. Si arrivò in certi periodi dell’epopea sovietica alla clamorosa situazione in cui i cittadini avessero più soldi di quanti ne volessero possedere, in quanto non si trovava il modo di spenderli in beni di consumo a loro graditi. Non andava meglio nei paesi satelliti dell’URSS, se un produttore di microchip della Germania Est si vantava di produrre il più grande microchip del mondo!

La Cina però oggi è un’altra cosa. Si poteva forse contenerla nel 1980 o nel 1990, quando il suo PIL era una frazione di quello americano, ma oggi l’economia americana è solo 1.5 volte quella cinese e si stima che quest’ultima la raggiungerà e supererà nei prossimi 5/10 anni.

La Cina vanta il sistema industriale e manifatturiero più completo al mondo. Con 41 divisioni industriali, 207 gruppi e 666 classi di prodotti e servizi, è l’unico paese al mondo a coprire tutte le categorie della classificazione industriale delle Nazioni Unite. La completezza del sistema manifatturiero e l’elevato livello formativo della manodopera è uno dei motivi per cui molte imprese, fra cui Apple, hanno deciso di produrre in Cina.

La Cina inoltre sta riuscendo proprio dove l’URSS ha fallito. È infatti passata dai piani quinquennali a piani di quindici anni, basati su una doppia circolazione. Da una parte si punta ad una dimensione internazionale fatta di interscambio e flussi di investimento (circolazione esterna) e una domestica caratterizzata da consumi interni e aumento della qualità della produzione in funzione di una sostanziale autarchia tecnologica nei settori strategici (circolazione interna), programmando anche l’arrivo nel 2060 ad un’economia verde e completamente carbon free.

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