Economia

Guerra: un passo indietro verso povertà e fame nel mondo

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Il balzo delle quotazioni delle materie prime alimentari a livello mondiale che sono aumentate del 29,8% nell’ultimo anno causa gravi carestie e fame nei paesi poveri e inflazione e aumento dell’indigenza alimentare in quelli ricchi. E’ quanto si evince in base all’ultimo indice FAO che ad aprile 2022 ha raggiunto il valore di 158,5, in calo dello 0,8% rispetto al mese precedente.

A far suonare il campanello d’allarme sui mercati internazionali sono i prezzi dei cereali cresciuti del 34% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, mentre i lattiero caseari salgono del 24%, lo zucchero aumenta di oltre il 22%, la carne del 17% ed i grassi vegetali sono balzati addirittura del 46% rispetto all’anno scorso anche per il crollo delle spedizioni di semi di girasole dall’Ucraina che è un grande Paese esportatore e per la decisione dell’Indonesia di sospendere le esportazioni di olio di palma, di cui il Paese e il primo produttore mondiale.

Studi di settore indicano che a quasi due mesi e mezzo dal suo inizio la guerra è già costata quasi 100 miliardi di dollari a livello globale solo per l’aumento dei prezzi di mais e del grano che si collocano sugli stessi livelli raggiunti negli anni delle drammatiche rivolte del pane che hanno coinvolto molti Paesi a partire dal nord Africa come Tunisia, Algeria ed Egitto.

Un trend che rischia di aggravare una situazione che nel 2021 ha visto le persone colpite da grave insicurezza alimentare nel mondo raggiungere la cifra di quasi 200 milioni, con numeri destinati a salire, secondo il rapporto annuale Fao-Programma alimentare Onu-Ue.

La guerra coinvolge infatti gli scambi di oltre ¼ del grano mondiale con l’Ucraina che insieme alla Russia controlla circa il 28% sugli scambi internazionali con oltre 55 milioni di tonnellate movimentate, ma anche il 16% sugli scambi di mais (30 milioni di tonnellate) per l’alimentazione degli animali negli allevamenti e ben il 65% sugli scambi di olio di girasole (10 milioni di tonnellate), secondo l’analisi effettuata sulla base dei dati del Centro Studi Divulga.

Una situazione aggravata dal blocco delle spedizioni dai porti del Mar Nero a causa dell’invasione russa che ha alimentato l’interesse sul mercato delle materie prime agricole della speculazione che si sposta dai mercati finanziari ai metalli preziosi come l’oro fino ai prodotti agricoli dove le quotazioni dipendono sempre meno dall’andamento reale della domanda e dell’offerta e sempre più dai movimenti finanziari e dalle strategie di mercato che trovano nei contratti derivati “future” uno strumento su cui chiunque può investire acquistando e vendendo solo virtualmente il prodotto, a danno degli agricoltori e dei consumatori.

L’Italia negli ultimi 25 anni ha perso ¼ della propria superficie coltivabile per colpa dell’insufficiente riconoscimento economico del lavoro in agricoltura. Il risultato è che l’Italia è obbligata ad importare il 62% del grano per il pane, il 35% di quello necessario per la pasta, ma anche il 46% del mais e il 73% della soia, fondamentali per l’alimentazione degli animali, secondo l’analisi del Centro Studi Divulga.

Lorenzo Palma, 18 maggio 2022

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