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Pandemia e diritti: la lezione dei filosofi - Seconda parte

A conferma di questo equilibrio precario, arrivarono le tragedie del Novecento, coi disastri e i lutti provocati dalle guerre mondiali; le sconfitte delle dittature hanno però restituito al mondo occidentale istituzioni democratiche più forti e stabili, importanti organizzazioni di cooperazione internazionale e in Europa un lento ma progressivo avvicinamento al sogno federalista di Ventotene. E si è tornati a discutere su cosa dovessero fare lo stato liberale e la politica per garantire la convivenza civile in un’ottica di giustizia sociale e cosa invece andava lasciato alla libera interazione della società civile. Il luogo del dibattito, con eco globale, erano le grandi università americane e la politica della democrazia-guida del mondo occidentale. Nel 1971 un filosofo di Harvard, John Rawls, pubblicò A Theory of Justice; fin dal primo paragrafo Rawls affermava che La giustizia è il primo requisito delle istituzioni sociali, [..] Ogni persona possiede un’inviolabilità fondata sulla giustizia su cui neppure il benessere della società nel suo complesso può prevalere. Per questa ragione la giustizia nega che la perdita della libertà per qualcuno possa essere giustificata da maggiori benefici goduti da altri. [..] i diritti garantiti dalla giustizia non possono essere oggetto né della contrattazione politica, né del calcolo degli interessi sociali”. Il dibattito che accese Rawls, anche per le implicazioni di equità redistributiva delle sue teorie, fu globale; ma la contestazione più radicale arrivò da un altro filosofo della sua facoltà di Harvard, Robert Nozick che nel 1974 pubblicò Anarchy, State and Utopia. Il suo libertarismo radicale auspicava uno stato minimo, ridotto alle sue funzioni essenziali: sicurezza, protezione della proprietà privata e tutela dei contratti liberamente stipulati dagli individui.

E quindi era contrario a qualunque redistribuzione del reddito a fini di giustizia sociale. Ma sul piano delle libertà individuali l’approccio di Nozick non era così distante da Rawls: “Gli individui hanno dei diritti; ci sono cose che nessuna persona o nessun gruppo di persone può fare loro senza violare i loro diritti. Tali diritti sono tanto forti e di così vasta portata, da sollevare il problema di che cosa lo stato e i suoi funzionari possano fare, se qualcosa possono”. Rawls e Nozick ebbero una enorme influenza sulla politica americana, rispettivamente sul partito democratico e su quello repubblicano, ambedue interpretando, da fronti opposti, lo spirito libertario del popolo americano. Dimostrando ancora una volta come, nella storia dell’umanità, il legame tra la cultura, il popolo e la politica riesca a garantire, e aggiornare, il contratto sociale alla base della convivenza civile.

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