Economia

Momento verità Al-Jaber: decarbonizzare significa tornare nelle caverne

“Non esiste scienza per cui sia necessario abbandonare i fossili”. Sul clima l’Occidente dalla parte sbagliata della storia. Decarbonizzazione pragmatica? Un ossimoro

Sultan al-Jaber Sultan al-Jaber

Ci è voluto un emiratino, Sultan al-Jaber, ministro dell’industria e inviato speciale degli Emirati Arabi Uniti per la lotta ai cambiamenti climatici, nella veste quest’anno di ospite della Cop28, per squarciare il velo di ipocrisia della Conferenza annuale dell’Onu sui cambiamenti climatici e smascherare la bufala climatica occidentale. Pietra dello scandalo le sue affermazioni durante una sessione della conferenza riportate dal quotidiano The Guardian e dal Center for Climate Reporting.

Ma cosa ha detto di così grave il presidente di questa edizione della Cop28? Sultan al-Jaber ha affermato che “non esiste alcuna scienza” che indichi come necessaria l’eliminazione graduale dei combustibili fossili per limitare il riscaldamento globale a 1,5°C. Capirai, la decarbonizzazione è l’obiettivo dei climatisti e dei convenuti al summit e al-Jaber ha osato metterla in discussione, sostenendo addirittura che non sia compatibile con lo sviluppo socio-economico e che ci riporterebbe “al tempo delle caverne”.

Apriti cielo! Subito il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres è intervenuto per condannare “affermazioni assolutamente preoccupanti e sull’orlo del negazionismo climatico“.

Va detto, e ha fatto molto discutere in questi giorni, che al-Jaber è a capo della ADNOC (Abu Dhabi National Oil Company), la compagnia petrolifera statale emiratina, quindi è molto facile – e molto comodo – liquidare le sue affermazioni evidenziando il suo conflitto di interessi. Ma vale la pena giudicare le sue parole (e quelle della sua interlocutrice) nel merito, senza pregiudizi.

Cosa ha detto al-Jaber

Al-Jaber partecipava ad una sessione dei lavori dal titolo She Changes Climate, quando ha avuto un duro scambio con Mary Robinson, ex presidente irlandese ed ex Alto Commissario Onu per i diritti umani, che ha lanciato per prima il guanto di sfida: “Siamo in una crisi assoluta che sta danneggiando donne e bambini più di chiunque altro… ed è perché non ci siamo ancora impegnati ad eliminare gradualmente i combustibili fossili. Questa è la sola decisione che Cop28 può prendere e in molti modi, dal momento che sei a capo di ADNOC, potresti effettivamente prenderla con maggiore credibilità”.

Così al-Jaber ha risposto alla provocazione: “Ho accettato di venire a questo incontro per avere una conversazione pacata e matura. Non intendo in alcun modo aderire ad alcuna discussione che sia allarmistica. Non esiste alcuna scienza là fuori, né alcuno scenario, che affermi che l’eliminazione graduale dei combustibili fossili sia ciò che permetterà di raggiungere l’obiettivo di 1,5°C”.

Ma la Robinson ha rincarato la dose, aggiungendo: “Ho letto che la vostra azienda sta investendo molto di più in combustibili fossili in futuro”. E al-Jaber ha risposto: “Tu leggi i tuoi stessi media, il che è parziale e sbagliato. Ti sto dicendo che sono l’uomo al comando”. E ha proseguito: “Per favore aiutami, mostrami la roadmap per l’eliminazione graduale dei combustibili fossili che consentirà uno sviluppo socio-economico sostenibile, a meno che tu non voglia riportare il mondo all’era delle caverne“.

“Non penso che sarai in grado di contribuire a risolvere il problema climatico colpevolizzando o contribuendo alla polarizzazione e alle divisioni che stanno già accadendo nel mondo. Mostrami le soluzioni. Basta puntare l’indice. Basta”, ha aggiunto al-Jaber.

Dalla parte sbagliata

Conflitto di interessi o meno, qui è il leader arabo a dire le cose come stanno e la leader occidentale ad alimentare il catastrofismo climatico. Sul clima l’Occidente è dalla parte sbagliata della storia.

Non esiste al momento scenario realistico in cui il mondo possa fare a meno dei combustibili fossili. Ammesso di riuscirci, significherebbe la devastazione socio-economica e certamente la condanna al sottosviluppo di intere aree del mondo che infatti, nonostante la promessa di lauti indennizzi e risarcimenti da parte dei Paesi ricchi, non ci pensa affatto a rinunciare ai combustibili fossili.

Decarbonizzazione pragmatica?

Purtroppo, anche il governo Meloni aderisce ai target di decarbonizzazione e alla narrazione green, sebbene illudendosi di introdurre moderazione e gradualità nel processo. Proprio alla Cop28, il presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha parlato di “decarbonizzazione in modo pragmatico, con un approccio privo di radicalismi” e di una “transizione ecologica, non ideologica“, che “non comprometta la sfera economica e sociale”.

Ma “decarbonizzazione in modo pragmatico” è un ossimoro. Il concetto stesso di decarbonizzazione è ideologico e radicale. Fare del tutto a meno dei combustibili fossili, sebbene gradualmente, non è un traguardo realistico né necessario, tanto meno desiderabile, perché le alternative sono meno efficienti e più costose, oltre che molto rischiose dal punto di vista geopolitico. Quindi è l’opposto di un approccio pragmatico.

La transizione ecologica è già oggi una transizione ideologica. Lo è per definizione, dal momento che per procedere ha bisogno di essere spinta a colpi di sussidi, politiche dirigiste, distorsioni del mercato, quando non obblighi e divieti. Paghiamo 10 miliardi l’anno in bolletta per sussidiare tecnologie vecchie di decenni che a questo punto dovrebbero già poter camminare da sole, se efficienti.

Vi invitiamo a leggere questo articolo di Vincent Vega per comprendere cosa significherebbe decarbonizzare un Paese, come l’Italia, responsabile a malapena dell’1 per cento delle emissioni globali. Significherebbe trasformarlo in un deserto deindustrializzato.

Una transizione ecologica che “non comprometta la sfera economica e sociale”? Bello, in teoria, ma già oggi la sta compromettendo, il pilota automatico è inserito. Le politiche green stanno dando un importante contributo al processo di deindustrializzazione del continente europeo. Basta guardare all’industria automotive e alle altre industrie energivore. I sussidi, le tasse, le regolamentazioni ambientali, in particolare il diabolico ETS, stanno pericolosamente riducendo la competitività del nostro sistema economico e sono vettori di inflazione.

Da Dubai la presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen ha lanciato un “messaggio molto chiaro”, e minaccioso, alle industrie (ma in generale a tutte le attività umane, quindi anche alle famiglie), riferendosi proprio a come funziona l’ETS: “se inquini, devi pagare un prezzo; se vuoi evitare di pagare, allora innova e decarbonizza”. Un messaggio falso e anti-scientifico, dato che la CO2 non inquina, è un gas naturale. L’inquinamento (pollution) è un tema, il clima un altro.

Scendere dal treno

Ripetere il termine decarbonizzazione, indicarla come traguardo, sebbene senza crederci veramente, solo per non attirarsi critiche, è anche peggio, perché significa aderire alla narrazione dei propri avversari, gli allarmisti climatici, e rafforzarla, accettarne le regole del gioco, le premesse ideologiche. Quello della decarbonizzazione non è un treno che dovrebbe essere semplicemente rallentato o dotato di carrozze più confortevoli, è un treno che va al più presto fermato. In una parola: Greenexit.

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