Esteri

Caccia all’ebreo in Daghestan, Russia culla del multiculturalismo più violento

La cautela dei governi israeliani di Bennett e Netanyahu dopo l’invasione dell’Ucraina non è servita. Putin alleato sempre più stretto di Teheran

Vladimir Putin Daghestan Vladimir Putin accusa l'Ucraina per i disordini in Daghestan e attacca Israele per l'operazione a Gaza

Scene di caccia all’ebreo nella repubblica russa autonoma del Daghestan, nel Caucaso settentrionale. Un territorio contiguo alla Cecenia, campo di battaglia nella guerra russa al terrorismo islamico, il Daghestan ha una maggioranza musulmana e, rispondendo al richiamo della jihad globale, dal 7 ottobre, quando Hamas ha attaccato Israele, i settori più radicalizzati della società si sono infiammati. L’episodio più clamoroso è avvenuto domenica, con l’assalto delle piste dell’aeroporto internazionale di Makhachkala, la capitale regionale, per dare la caccia ai passeggeri ebrei di un volo arrivato da Tel Aviv.

L’assedio al terminal

Ci dobbiamo affidare alle (alquanto inaffidabili) agenzie locali per capire cosa sia avvenuto e ai video amatoriali girati sul posto e sul momento. Da quel che dice la Tass russa, centinaia di persone si sono unite in protesta di fronte al terminal dell’aeroporto internazionale, sventolando bandiere palestinesi e scandendo slogan islamici, fra cui l’onnipresente Allah u Akhbar.

La pista è stata invasa da una massa di manifestanti islamici che hanno iniziato a circondare il volo da Tel Aviv e a setacciare i passeggeri, per scovare quelli israeliani. I viaggiatori di nazionalità israeliana erano 15, secondo quanto riferiscono fonti ufficiali israeliane e non vi sarebbero vittime, né feriti. La polizia russa è intervenuta tardivamente, ma con mano pesante. I feriti, nello scontro, sono stati almeno 20 (di cui 2 in condizioni critiche), di cui almeno 6 poliziotti. Gli arrestati sono 60, gli identificati 150.

Nessun morto, dunque, ma tantissima paura nella comunità ebraica locale. Il rabbino Aleksandr Boroda dichiara: “Gli eventi del 29 ottobre all’aeroporto di Makhachkala, così come gli incidenti precedenti… dimostrano chiaramente che il conflitto in Medio Oriente ha già influenzato la vita in Russia, e che il sentimento anti-israeliano si è ora trasformato in un’aperta aggressione anche nei confronti degli ebrei russi”. Stessa idea di essere in trappola la esprime anche il rabbino Ovadia Isakov, rappresentante della comunità ebraica daghestana: “La situazione è molto difficile in Daghestan. La gente della comunità ha paura, telefona e non so cosa consigliare. Perché la Russia non è più la nostra salvezza. Anche in Russia ci sono stati dei pogrom. Non è chiaro dove scappare”.

Anche perché non è il primo episodio di antisemitismo violento nella regione e nelle confinanti repubbliche autonome del Caucaso. Un centro ebraico, ancora in costruzione, è stato dato alle fiamme a Nalchik. Mentre un’altra manifestazione violenta è avvenuta di fronte a due alberghi di Khasavyurt: la folla chiedeva di espellere i “profughi da Israele”. Anche nella vicina repubblica autonoma circassa, a Cherkessk, il 28 ottobre i manifestanti hanno chiesto di non accettare alcun “profugo da Israele” nel proprio territorio.

Risposte ambigue

In Daghestan, le autorità locali hanno risposto in modo ambiguo. Hanno infatti accusato i “nemici della Russia” di essere all’origine di questa manifestazione di anti-semitismo. Ma al tempo stesso, il Centro di Coordinamento dei Musulmani del Caucaso Settentrionale (un ente religioso ufficiale) ha chiesto di espellere i “profughi da Israele” da tutte le repubbliche caucasiche di sua competenza.

Infine anche il Cremlino, più che esprimere scuse o promettere una maggiore sicurezza, si è subito buttato sulle tesi del complottismo più spinto. La portavoce del Ministero degli esteri, Maria Zakharova, ha puntato il dito contro una cospirazione dell’Ucraina, che starebbe sobillando rivolte antisemite e pogrom fra i musulmani russi.

Il multiculturalismo russo

Questi episodi ci permettono addirittura di ridimensionare l’antisemitismo crescente nelle piazze islamiche dell’Europa occidentale. Da noi i più radicalizzati fra gli immigrati musulmani (e i loro sostenitori autoctoni di estrema sinistra) urlano slogan pericolosamente antisemiti, in Russia intere regioni a maggioranza musulmana minacciano nuovi pogrom.

Come sempre (con buona pace di chi ritiene che Mosca sia la “protettrice dei nostri valori cristiani” contro il multiculturalismo), il suo sterminato impero è la culla del più instabile e violento dei multiculturalismi, lo stesso che ha provocato due guerre in Cecenia, una guerra in Daghestan e una scia di terrorismo che dura tuttora. Nell’impero multiculturale russo coesistono dittature islamiche a tutto tondo, come quella della Cecenia di Kadyrov, con autorità laiche ed eredi del comunismo sovietico.

L’asse con Teheran

Putin si era mostrato come il campione della causa contro l’antisemitismo, che tradizionalmente serpeggia sia fra i cristiani ortodossi russi, sia fra i musulmani. Il suo ottimo rapporto personale con Netanyahu pareva il sigillo di questa politica, un cambio di pagina rispetto ai tempi sovietici (quando gli ebrei erano perseguitati in quanto sospetti di sionismo) e il passato imperiale (con i suoi pogrom periodici e sanguinosi). Ma i tempi cambiano e adesso Putin è alleato in modo sempre più stretto con l’Iran. E, anche a guerra in corso, ha ricevuto esponenti di Hamas, dopo averli accolti molte altre volte negli anni scorsi.

L’asse con Teheran (e di conseguenza con i suoi proxy mediorientali: regime siriano, Hezbollah, Hamas e Houthi) è sempre stato parte della politica russa, sin dagli anni ’90, quando a dettare la grande strategia di Mosca era il ministro post-sovietico Evgenij Primakov.

Putin pareva voler riequilibrare questa politica mediorientale con il miglioramento delle relazioni con Israele, anche considerando l’alta percentuale di ebrei russi che vi abitano. Dopo l’invasione russa dell’Ucraina, anche per questo il governo Bennett e poi quello Netanyahu, non avevano aderito al regime sanzionatorio e avevano ridotto al minimo gli aiuti all’Ucraina. Ma dar da mangiare al coccodrillo russo potrebbe non servire più a non fargli mangiare gli ebrei, a partire da quelli che vivono nel suo territorio.

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