Esteri

Come nasce la nuova partnership strategica Roma-Tokyo

Intervista ad Alice Dell’Era: i giapponesi spingono perché la sicurezza europea sia percepita come imprescindibile da quella dell’Indo-Pacifico. Il messaggio dal G7 a Hiroshima

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Le sfide e le prospettive della politica estera di Tokyo, e la nuova partnership con Roma, raccontate da Alice Dell’Era, esperta di politica giapponese e ricercatrice alla Florida International University, collaboratrice del centro studi Geopolitica.info, in questa intervista per Atlantico Quotidiano.

Il pragmatismo con la Cina

TOMMASO ALESSANDRO DE FILIPPO: Quali sono le prospettive a lungo termine della politica estera giapponese?

ALICE DELL’ERA: La direzione della politica estera giapponese si prospetta stabile e in linea con gli sviluppi recenti. Tokyo sta approfondendo il proprio allineamento con gli Stati Uniti e con i partner like-minded e, senza dubbio, continuerà a farlo. Continuerà inoltre a mantenere una posizione critica nei confronti di quei Paesi che sono visti come destabilizzatori dell’ordine internazionale, Cina e Russia.

È proprio questo il messaggio che Tokyo ha mandato con il G7 di Hiroshima. Ciò non significa che chiuderà completamente le porte al dialogo con Pechino. Al contrario, il Giappone ha sempre mantenuto una posizione pragmatica al riguardo e si è più volte mostrato aperto a stabilizzare le relazioni tra i due Paesi e a collaborare su temi condivisi, purché Pechino agisca quale attore responsabile nello scenario internazionale.

La partnership con l’Italia

TADF: Quali sono gli obiettivi strategici della partnership tra Italia e Giappone? Come valutare il recente vertice tra Meloni e Kishida?

ADE: Il vertice tra Meloni e Kishida ha inaugurato una nuova fase nelle relazioni tra Italia e Giappone, ovvero una partnership strategica. Si tratta di un’evoluzione significativa per entrambe le parti e rappresenta il punto di partenza, non d’arrivo, della cooperazione tra i due Paesi.

È da diversi anni che Tokyo guarda ai Paesi europei quali partner con cui approfondire le proprie relazioni strategiche. La Francia e il Regno Unito, ma anche più recentemente la Germania, già godono di una partnership strategica e di meccanismi 2+2 (quello tra Tokyo e Berlino è stato lanciato di recente, nel 2021).

Elevare i rapporti con l’Italia rappresenta quindi, per Tokyo, la naturale continuazione di tale obiettivo, ovvero quello di coltivare rapporti strategici con i Paesi del G7 e con l’Europa. Tokyo vuole assicurarsi che l’Europa eviti una postura strettamente inward-looking di fronte alle varie sfide emerse nell’ultimo decennio, e spinge affinché i Paesi europei percepiscano la sicurezza europea come imprescindibile da quella dell’Indo-Pacifico.

Per Roma, a mio avviso, l’obiettivo è invece quello di smarcarsi dalla sua tradizionale linea politica in Asia incentrata prevalentemente sulle relazioni con la Cina. Una piccola considerazione sul “Global Combat Air Programme” è inoltre necessaria. Non è un caso che uno dei partner scelti dal Giappone per questo progetto sia proprio l’Italia. Roma condivide con Tokyo un’importante alleato, gli Stati Uniti, con cui entrambi collaborano già nella produzione di F-35. Che, per la realizzazione di tale ambizioso progetto, la scelta sia ricaduta, quindi, sull’Italia non sorprende.

Il sostegno a Kiev

TADF: In che modo il Giappone sta sostenendo l’Ucraina nel conflitto contro la Russia? Come evolveranno le tensioni tra Tokyo e Mosca?

ADE: Il Giappone di Kishida si è sin dal principio allineato con la posizione occidentale nel conflitto in Ucraina. Kishida ha più volte rimarcato come la crisi in Ucraina possa essere affine ad una potenziale crisi nella regione Indo-Pacifica.

Tokyo sta sostenendo Kiev in vari modi. A livello politico, continua a denunciare le azioni russe attraverso diversi strumenti diplomatici. Ha fornito all’Ucraina assistenza economica, medica e umanitaria attraverso la JICA, la Japan International Cooperation Agency. Ha inoltre preso parte alle sanzioni volte a punire Mosca. Questo ha sicuramente irritato il Cremlino.

Di conseguenza, le relazioni tra Giappone e Russia sono oggi caratterizzate da crescenti tensioni. Ciò è rilevante vista la questione aperta delle Curili, le isole contese tra i due Paesi. Nonostante ciò, è improbabile che le tensioni vadano ad alterare in qualche modo la disputa per le isole, visto che un’escalation su questo fronte non sarebbe nell’interesse né di Mosca né di Tokyo.

Il riarmo giapponese

TADF: In che modo il Giappone sta procedendo al proprio riarmo? Quali sono le sue intenzioni nel caso in cui la crisi tra Cina popolare e Taiwan dovesse precipitare e portare ad un conflitto diretto?

ADE: Tokyo ha recentemente approvato tre nuovi documenti strategici che contengono importanti novità per quanto riguarda le capacità militari del Paese. L’attenzione dei media si è focalizzata soprattutto su due temi, l’incremento del budget di difesa al 2 per cento del Pil e le capacità di contrattacco.

I documenti prevendono una serie di altre importanti considerazioni, ad esempio riguardanti l’interoperabilità delle forze di autodifesa così come importanti questioni logistiche. In generale, quello che emerge è un programma ambizioso e la cui implementazione non è necessariamente immediata, né facile.

Taiwan

Per quanto riguarda la questione Taiwan, negli ultimi anni i rappresentanti giapponesi hanno sicuramente esplicitato la percezione secondo cui una crisi nello Stretto costituirebbe un pericolo per la sicurezza nazionale. Tale percezione è stata sicuramente elevata anche dalla crisi di agosto, durante la quale missili cinesi sono caduti in acque territoriali giapponesi.

La risposta di Tokyo in caso di una crisi nello Stretto non è però così scontata, soprattutto se per risposta si intende un intervento diretto delle forze di autodifesa. Più probabile è invece la possibilità che Tokyo fornisca supporto logistico in caso di intervento Usa. Rimangono comunque una serie di difficoltà da considerare. Ad esempio, difficoltà legate alle procedure e tempistiche necessarie per definire, a livello legale e pratico, un’eventuale crisi a Taiwan quale pericolo tale da attivare le forze giapponesi.

L’alleanza con gli Usa

TADF: Quali saranno i prossimi passi della partnership tra Tokyo e Washington? Come stanno strutturando la propria alleanza?

ADE: L’alleanza tra Tokyo e Washington è sempre più solida. Se in passato, Washington era alla guida della partnership, oggi si può dire che il Giappone sia un alleato proattivo, artefice e promotore di varie iniziative.

La solidità dell’alleanza è stata ribadita durante il recente incontro tra Biden e Kishida. A Washington, i due alleati hanno anche firmato un accordo di cooperazione spaziale. L’incontro 2+2 ha inoltre confermato che il dominio spazio rientra negli scopi del trattato di sicurezza tra i due Paesi. Lo spazio si prospetta quindi quale importante campo di cooperazione tra i due alleati (ed eventuale campo di competizione con Pechino).

A parte lo spazio, un altro ambito di cooperazione è quello cyber, identificato da Tokyo come una priorità nei suoi documenti strategici. Va poi detto che le novità delineate nella nuova strategia di sicurezza nazionale giapponese richiederanno sicuramente un riallineamento dell’alleanza. In particolare, resta da vedere se queste richiedano una revisione, anche non immediata, delle linee guida del 2015 per la cooperazione difensiva tra i due alleati.

La questione nordcoreana

TADF: Che ruolo gioca il Giappone nel dossier nordcoreano? I rapporti con Seul hanno prospettive di miglioramento nel prossimo futuro, tali da immaginare un sostegno diretto in caso di scoppio di un conflitto?

ADE: Il Giappone è uno stakeholder centrale nella questione nordcoreana. Per Tokyo, il programma missilistico e nucleare della Corea del Nord rappresenta un “pericolo serio e imminente” per la sicurezza nazionale. Detto ciò, un eventuale intervento del Giappone rimane innanzitutto legato a una serie di condizioni dettate dalle circostanze specifiche di un potenziale conflitto, tra cui cause scatenanti, attori coinvolti, raggio del conflitto e così via.

È improbabile però che un conflitto che vede coinvolti Pyongyang, Seul e, di conseguenza Washington, rimanga limitato alla sola penisola (alla luce anche dell’ostilità del regime di Kim nei confronti di Tokyo). Vi è quindi sicuramente spazio per Tokyo di intervenire direttamente e indirettamente. Per quanto riguarda le relazioni con Seul, queste rimangono problematiche, sebbene sotto Yoon ci sia stato un riavvicinamento soprattutto a livello trilaterale con Washington.

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