C’è qualcosa di grottescamente prevedibile nella politica europea: la sua incapacità di comprendere le reali dinamiche internazionali. L’ultima dimostrazione è l’indignazione compatta contro la proposta americana di acquistare la Groenlandia. Un improvviso slancio di patriottismo europeo che, ironicamente, sta rischiando di ottenere il risultato opposto: consegnare l’isola alla Cina.
Il sottosuolo
La Groenlandia è molto più di una terra di ghiacci e paesaggi incontaminati. Sotto la sua superficie si trova un’immensa ricchezza mineraria che la rende un territorio di fondamentale importanza strategica. Il suo sottosuolo ospita alcune delle risorse più critiche per la tecnologia e l’industria moderne, tra cui terre rare, uranio, nichel, cobalto, rame, zinco, ferro, titanio, oro e platino. Questi materiali sono essenziali per la produzione di batterie, microchip, turbine eoliche, sistemi di difesa e infrastrutture industriali avanzate.
La posizione
La sua posizione geografica la rende un crocevia strategico per il commercio globale. Con l’apertura delle rotte artiche, il territorio sta diventando un punto chiave per le nuove vie marittime che collegano Asia, Europa e Nord America.
Questi percorsi riducono significativamente i tempi di navigazione rispetto alle rotte tradizionali attraverso il Canale di Suez o di Panama, abbassando i costi logistici e rendendo più sicura la circolazione delle merci. La Groenlandia potrebbe quindi trasformarsi in un hub commerciale cruciale, capace di ridisegnare le dinamiche economiche globali. Non è un caso che Pechino la consideri un asset strategico.
La penetrazione cinese
Eppure, mentre l’Ue si scandalizza per le dichiarazioni di Trump, ignora il vero pericolo: la penetrazione silenziosa della Cina. Pechino non ha bisogno di fare offerte d’acquisto plateali. Agisce con il metodo che conosce meglio: investimenti, infrastrutture, acquisizioni.
Negli ultimi anni, la Cina ha cercato di entrare nel settore minerario groenlandese, con particolare attenzione alle terre rare. Aziende cinesi hanno tentato di acquisire il giacimento Tanbreez, una delle più grandi riserve di minerali critici al mondo, attirando però la ferma opposizione del governo danese su pressione degli Stati Uniti.
Allo stesso modo, Pechino ha cercato di finanziare la costruzione di tre nuovi aeroporti sull’isola, un progetto che avrebbe potuto garantirle una posizione strategica nel traffico artico. Nel 2017, l’allora primo ministro groenlandese Kim Kielsen si era persino recato in Cina per attrarre investimenti in questi settori.
Ma la strategia cinese non si è fermata qui. Nel marzo 2024, la Groenlandia ha annunciato di voler rafforzare i legami economici con Pechino, aumentando le esportazioni di pesce verso la Cina e rendendo i propri porti più accessibili alle rotte commerciali cinesi, in un tentativo di ridurre la dipendenza economica dalla Danimarca. In altre parole, mentre l’Europa si perde in dichiarazioni ideologiche contro Trump, la Cina avanza con fatti concreti.
Gli interessi euro-atlantici
Il punto non è vendere la Groenlandia agli Stati Uniti, anzi, ben venga un rinnovato spirito di appartenenza europea dell’isola artica. Ma questo spirito deve tradursi in una reale difesa degli interessi strategici euro-atlantici, non in una sterile opposizione a Washington che finisce per aprire le porte a Pechino.
La Groenlandia è formalmente sotto sovranità danese, ma il suo destino riguarda tutto l’Occidente. Difenderne l’integrità significa evitare che diventi l’ennesimo tassello della strategia cinese di espansione globale. Tuttavia, l’Ue sembra più interessata a ribadire la propria indipendenza da Washington che a contrastare l’influenza di Pechino.
Il paradosso è evidente: nel tentativo di respingere un’idea americana, l’Europa rischia di consegnare una risorsa chiave a una potenza che non ha alcun interesse a rispettarne la sovranità.
Se l’Europa vuole davvero difendere la Groenlandia e proteggere i suoi interessi strategici, la strada non è quella di opporsi a Trump, ma di lavorare con lui. Gli Stati Uniti non sono una minaccia, sono il nostro alleato naturale in una delle sfide più grandi del XXI secolo: contenere l’espansionismo cinese.
Trump lo ha capito prima di molti leader europei. Continuare a trattarlo come il problema significa soltanto regalare alla Cina un’altra vittoria senza combattere.