È stato sufficiente che il ministro della salute Orazio Schillaci eliminasse una delle misure sanitarie ancora in vigore, quella sull’isolamento dei positivi, per scatenare una girandola di reazioni stizzite.
Riecco Galli e Ricciardi
Uno dei primi a farsi notare è stato Massimo Galli che, dopo la sovraesposizione mediatica dell’era pandemica, era un po’ scomparso dai radar. “Non è finito nulla, forse solo nelle speranze di qualcuno ma non nelle certezze”, ha tuonato il professore. Secondo cui, la decisione del governo è un atto politico che non ha alcuna base scientifica.
Gli si potrebbe obiettare che la maggior parte delle misure assunte durante la lunga emergenza si sono dimostrate sprovviste di supporto scientifico, a cominciare dal terribile Green Pass che avrebbe dovuto garantire ambienti privi di soggetti contagiati o contagiosi. Inutile prendersi in giro. Nessuno ha mai creduto davvero a questo teorema, neppure chi lo ha propagandato e imposto per decreto.
L’odioso lasciapassare è stato solo un mezzo per costringere (più che spingere) le persone negli hub predisposti dal generale Figliuolo. Altro che spinta gentile, con il rischio di perdere stipendio e vita sociale si è trattato di un obbligo surrettizio. Un unicum nel panorama occidentale che non può essere certo motivo di vanto per il nostro Paese. Allora, ben venga che la politica si riappropri – seppure con notevole ritardo – del proprio ruolo e non deroghi più a principi cardine dell’ordinamento sulla base di discutibili pareri di comitati sprovvisti di qualsiasi legittimazione democratica.
All’anatema di Galli si è aggiunto il grido di dolore di Walter Ricciardi: “Non possiamo lasciarci tutto alle spalle”. L’ex consulente del ministro Speranza, adesso approdato in Azione, non perde occasione per tornare alla ribalta ogni qual volta viene abrogata qualche residua misura sanitaria. A suo parere, quello del governo “non è un approccio scientificamente saggio e corretto”. Vale per lui quanto già è stato scritto per Galli.
Senza considerare alcune uscite di Ricciardi in piena epoca pandemica, quando attaccava pesantemente il governo democratico e liberale del Regno Unito per magnificare, invece, la Repubblica popolare cinese. La sua idea era quella di testare tutta la popolazione, isolare gli infetti per risolvere il problema nel giro di una settimana e una volta per tutte. Chissà cosa pensa oggi Ricciardi di quella sua proposta che non è servita neppure in Cina.
Che fine farà la Commissione Covid?
Eppure, una certa attenzione andrebbe conservata su tutto il periodo emergenziale. Non certo per lasciare in vigore le misure cervellotiche, quanto per valutarne l’adeguatezza, la proporzionalità e l’efficacia delle stesse. Questo dovrebbe essere il compito principale della Commissione parlamentare d’inchiesta di cui si sono un po’ perse le tracce.
Un paio di settimane fa, il presidente Sergio Mattarella aveva lanciato un monito sul rischio di “sovrapporre attività del Parlamento ai giudizi della Magistratura”. Queste parole hanno indotto la maggioranza a modificare il testo istitutivo della Commissione, già approvato alla Camera, dove dovrà ritornare dopo che il Senato avrà emendato il testo precedente. Va senza dire che questo percorso tortuoso allungherà i tempi e magari ribalterà gli intenti iniziali di chi ha voluto la Commissione.
È probabile che, così, si vada in un’altra direzione, quella auspicata da Matteo Renzi che, in disaccordo con il suo ex alleato Calenda, è un fautore dell’indagine parlamentare. Tuttavia, l’ex premier punta in una direzione precisa: fare le pulci al governo giallo-rosso su alcuni dei provvedimenti più controversi e su alcune delle spese sostenute.
Il nostro obiettivo è sapere perché sono arrivati i soldati russi in Italia e chi li ha chiamati, perché si sono comprati i banchi a rotelle, come si sono decise le chiusure. Io la Commissione d’inchiesta l’ho chiesta dall’inizio e non ci rinuncio. C’è qualcuno che ha paura della verità.
Nel discorso di Renzi manca, però, il riferimento allo strumento più discusso e discutibile: il Green Pass introdotto dal governo Draghi. È giusto quanto sottolinea il leader di Italia Viva sugli scopi della commissione ma non può essere certo tralasciato un provvedimento liberticida, difficilmente compatibile con una serie di principi costituzionali.
Il rischio palude
Renzi ha pure ridimensionato l’impatto dell’intervento del capo dello Stato, sottolineando che Mattarella ha semplicemente ricordato il perimetro delineato dall’art. 82 della Costituzione per il lavoro della commissione, che può procedere alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria.
Perciò, come abbiamo già evidenziato su Atlantico Quotidiano, non vi è alcun pericolo di sovrapposizione perché la legittimazione alla commissione deriva direttamente dal dettato costituzionale. Il vero rischio è che l’inchiesta si impantani nelle sabbie mobili delle tattiche parlamentari o che si ceda davanti alla narrazione tremendista di coloro che annunciano l’arrivo di nuove distruttive varianti.
Che non si tenga fede a quanto promesso in campagna elettorale, che la maggioranza non abbia abbastanza coraggio per andare fino in fondo e che ci si lasci sfuggire un’occasione più unica che rara. Questa volta, la posta in palio è più alta del solito. C’è in gioco la difesa della democrazia e delle libertà.