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Il toto-ministri diventa un talent show: in giuria trombati e tromboni

Governo giudicato ancor prima di nascere: l’incarico non c’è ma la sinistra già spara contro i ministri “in pectore”. E il centrodestra non riesce a sottrarsi alla gazzarra

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Non v’è stato ancora il conferimento dell’incarico a formare il nuovo governo che già si danno i voti ai ministri in pectore, quando e se saranno scelti dal nuovo presidente del Consiglio dei ministri.

Cosa dice la Costituzione

Nell’incredibile groviglio dell’interpretazione delle nostre supreme regole, che fino a tempi non remotissimi erano affidate alla sola Costituzione, sembrano emergere componenti estranee e principi quanto meno bizzarri. Per quanto si debba concedere a chiunque di prepararsi il minestrone come vuole (ammesso che lo mangi solo lui, senza obbligo per noi), qui stiamo imbrogliando gli ingredienti in modo pericoloso.

Vi sono regole che andrebbero rispettate, sempre ammesso che la tanto celebrata “carta costituzionale più bella del mondo” non sia carta straccia. Una Costituzione che viene persino regalata da molti sindaci a del tutto disinteressati diciottenni, i quali, nella maggior parte dei casi, disertano la cerimonia e non la ritirano nemmeno.

Con quello che costa la carta e la stampa, risparmiare danaro pubblico evitando esercizi di pura retorica sarebbe il minimo. Tanto, da noi, si ciurla nel manico anche su quelle statuizioni che dovrebbero formare l’ossatura dello Stato.

Non ricordo che l’articolo 92 della Costituzione, ove statuisce (attenzione, non sto dicendo “suggerisce”) che il presidente della Repubblica nomina il presidente del Consiglio e, su proposta di questo, i ministri, dica anche che la scelta dei ministri venga preventivamente sottoposta al vaglio dell’opinione pubblica, tramite i giornali e gli immancabili social media.

Per quanto abbia cercato in largo e in lungo nella nostra prima legge, anche perché il mio esame di diritto costituzionale si perde nelle nebbie dei ricordi, non ho trovato cenno a questo sistema, proprio dei talent show.

Ingovernabili per natura

Senza nemmeno accennare alla sacrosanta separazione dei poteri dello Stato, che dovrebbe apparire ovvia per chiunque, anche se alcuni atti giudiziari sembrano capitare al momento “opportuno”, qualcosa si sta frammischiando senza senso nella ricetta della governabilità del nostro Paese. Sto utilizzando il termine “governabilità” più che la parola “governo” e non è un caso.

I governi si fanno e si disfano come i matrimoni dei nostri tempi, ma la governabilità rimane la stessa, la quale, se dovesse essere espressa con valore numerico, non arriverebbe a due cifre. Ingovernabili siamo per natura, per scelta, per orgogliosa tradizione consolidata. Non ci va bene quasi niente, ammettiamolo.

Passato oltre un secolo e mezzo dal tempo in cui, fatta l’Italia si dovevano fare gli italiani (e non ci riuscì affatto nemmeno chi lo proclamò), potremmo ben dire che oggi, prima ancora di fare il governo vogliamo giudicarlo.

Impossibile, ormai, per un politico di peso, e men che mai per un governante, tenere un rispettoso ma dignitoso distacco dall’opinione pubblica, non è ammesso ignorare financo la più becera, manipolata o disinformata opinione di un signor nessuno qualsiasi. Oggi si può cadere, buttando anni di politica nel cesso, per una risposta sbagliata su Facebook, se ne facciano una ragione.

Ma dove sta scritto tutto ciò?

Ci siamo inchinati, pochi giorni orsono, alla meraviglia del cerimoniale britannico, con tanta ammirazione per chi le regole sa rispettarle anche quando appaiano fuori tempo o persino fuori luogo, perché quelle regole rappresentano l’anima e la coesione di un popolo.

Ma perché diamine noi dovremmo conferire un preventivo nulla osta alle future scelte del nuovo capo del governo per i suoi dicasteri?

La sconfitta brucia

Certo, alla sinistra brucia una sconfitta tanto operosamente cercata e meritata sul campo, per cui, se bisogna fare casino contro la (tanto auspicata) prima donna presidente del Consiglio (attenzione: non ho detto “fare opposizione a…”), meglio portarsi avanti col lavoro ed iniziare subito a sparare a palle incatenate contro i nuovi ministri che sceglierà proprio quella carica dello Stato, finalmente affidata ad una donna, come desiderava la sinistra da decenni.

Ma il discorso che il presidente del Consiglio avrebbe dovuto essere donna, valeva solo se detta signora fosse stata di sinistra? Se è così mi taccio… Da stupidotto quale sono, per me, che sia uomo o donna a guidarci è totalmente irrilevante: a me basta sia autorevole, capace ed affiancato da ministri con le stesse qualità. Primus inter pares.

Temo, tuttavia, che pure il cosiddetto “centrodestra” non sappia o non voglia sottrarsi alla gazzarra generale, magari tagliando corto con l’unica frase: “Scusate, signori: i vostri voti hanno detto che, stavolta, tocca a noi governare; ergo, lasciateci lavorare in pace e chi sarà ministro o presidente della Camera o del Senato, lo decideremo noi, perché così vuole la nostra Costituzione e ve lo diremo nel momento da essa previsto”.

E, invece, avanti col toto-ministri. Si pagheranno anche gli undici? Se di ministri ne avremo almeno tredici, ce li potremo giocare al bar e, perlomeno, qualcosa in tasca verrà anche a noi. Se capitasse poi che ne mancassero uno o due per fare tredici, creare qualche ministero in più è ormai specialità italianissima, con una spiccata predilezione per i ministeri inutili. Niente di nuovo.

La giuria degli “esperti”

Se proprio vogliamo restare nell’ambito dei talent show, perché di cose più serie ce n’intendiamo sempre meno, ci sarebbe poi da decidere su chi debba comporre la giuria. Ex candidati della scorsa edizione? Trombati vari che però piacciono alla gente che piace? Gente che ne capisce zero ma che fa tanto casino, che ci sta sempre bene? Vecchi tromboni sfiatati? I criteri sembrano quelli, ma in Italia, a cambiare le regole ci si mette un attimo.

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