Politica

Non riuscendo a logorare Meloni, il giochino è colpire la sua cerchia

Vista la tenuta del premier nei sondaggi, la tattica è cucinarle a fuoco lento famigliari, collaboratori e ministri, appoggiarsi alla Cgil e alle ribellioni generazionali

Meloni

Non credo proprio di coltivare alcuna particolare simpatia per il nostro ministro dell’agricoltura, che, privo di qualsiasi particolare carisma, appare appesantito dall’essere cognato, in quanto marito della sorella del presidente del Consiglio.

Ma confesso che l’ondata polemica sollevata dal caso di Ciampino, mi ha riportato alla memoria un paio di episodi vissuti dal sottoscritto come cittadino assolutamente qualunque. Un po’ di tempo fa, per un attimo di distrazione ero salito a Milano su un Frecciarossa che credevo fermasse a Bologna, mentre invece andava diritto a Roma, senza alcuna fermata intermedia. Quando me ne accorsi, spaventato dal dover passare la notte nella capitale, chiesi al capotreno se fosse possibile far fermare il treno a Bologna, cosa che di fatto avvenne, con la sola conseguenza di vedermi recapitata un paio di settimane dopo una multa.

Qualche anno dopo, il treno che ci portava a Termoli dove prendere il traghetto per le Tremiti, si bloccò alla stazione precedente, senza alcuna previsione del possibile ritardo, fatto questo che metteva a rischio l’imbarco. Sì che furono aperte le porte, rendendoci possibile raggiungere il porto di Termoli in tempo, tramite un taxi.

Ma Meloni tiene

Non è che il penultimo “scandalo” gonfiato dall’opposizione e dai media di complemento, perché la lista è lunga di delegittimazione diretta o mediata di Giorgia Meloni, a rischio di dimenticare qualcosa, la scelta di farsi chiamare “il” e non “la” presidente, la telefonata effettuata dai due comici russi, la vicenda Santanchè, la straparlata fuori onda del compagno Giambruno, il commento di Crosetto, con ultimo solo momentaneamente il caso Delmastro.

La finalità è quella di usurarne l’immagine agli occhi di una opinione pubblica estremamente sensibile a qualsiasi spiata a quel che accade nelle stanze del potere. Nulla da ridire sul fatto che così l’opposizione faccia solo il suo mestiere, come accade di norma in un Paese democratico, dove c’è una spasmodica attenzione per tutto quel che riguarda chi sta al vertice, pubblico o privato che sia, ma qui da noi non sembra funzionare, come testimoniano i sondaggi, sostanzialmente stabili nella fiducia espressa nei confronti del presidente del Consiglio.

Vista la indubbia tenuta della Meloni, da continuare ad essere in testa nella lista del gradimento popolare, la tattica è quella di cucinarle a fuoco lento sulla graticola il cerchio famigliare, il gruppo dei collaboratori più stretti, l’universo dei ministri e dei sottosegretari. Per accreditare l’idea che la nostra amica non sarebbe male, ma è circondata da incompetenti e faccendieri, dato che la destra-destra, come la chiama affettuosamente la Gruber con una espressione da informazione stradale, è priva di una classe dirigente.

La protesta sociale

Una tattica che rinviene a una rispondenza enfatica nei mass media cd progressisti, con a fare da apripista il loro influencer, Il Fatto Quotidiano, ma nel Parlamento sembra trovare una ricaduta solo nella richiesta di dimissioni. Qui l’unica battaglia per così dire strategica condotta unitariamente dall’opposizione è quella del salario minimo, peraltro da parte della maggioranza prima bloccata con la chiamata in causa del riesumato Cnel, poi ammortizzata dall’emendamento della maggioranza contenente una legge delega al governo.

La debolezza strutturale dell’opposizione parlamentare ha lasciato aperto come spazio di manovra quello della cd protesta sociale, fatta di grandi manifestazioni di piazza, coincidenti con scioperi generali, dove a far da referente è stato un Maurizio Landini ritornato in pieno ad un suo passato radicale, di un rovesciamento dell’attuale modello di sviluppo, quello stesso coltivato dalla Ue, come tale condiviso di dritto o di rovescio dallo stesso Pd.

Sì da rivendicare, come segretario della Cgil, la leadership del cambiamento, spiazzando lo stesso Pd, attardato da un non risolto conflitto interno fra nostalgici del partitone e sedotti dal movimentismo.

Le ribellioni generazionali

Non manca il tentativo dello stesso Landini di appropriarsi di una di quelle “ribellioni generazionali” che scuotono il mondo occidentale con una cadenza sempre più ravvicinata, prendendo a spunti effettivi problemi, ieri il cambiamento climatico, oggi il “suprematismo maschile”. Ma queste “ribellioni generazionali”, che trovano il loro referente mobilitante in un personaggio mitizzato, Greta, o in un fatto emblematico, l’assassinio di Giulia, sono scarsamente omogenee, sì da poter essere condivise con dei distinguo, come è costretto a fare il Pd, con riguardo all’appoggio all’Ucraina e al contrasto all’antisemitismo.

E, comunque, sono destinate a smorsarsi come fenomeni di massa altamente emozionali e sostanzialmente spontanei, lasciandosi alle spalle un pur sofferto conformismo individuale.

Navigazione tranquilla

Se così è, Guido Crosetto ha ragione, la navigazione del governo di destra-destra non dovrebbe essere troppo disturbata, sempre che la situazione internazionale non peggiori decisamente, temporali senza dubbio, ma non cicloni. Potrebbe esserci un golpe giudiziario, quale è già capitato più di una volta nella storia della Seconda Repubblica, alla faccia del finto ingenuo segretario della Anm, il cui nome, Santalucia, pare come non mai malmeritato.

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