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In Tunisia primo premier donna per arginare gli islamisti, ma la stampa di sinistra storce il naso

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Con una mossa davvero epocale, il presidente tunisino Kais Saied ha nominato per la prima volta nella storia del Paese un premier donna. Si tratta della 63nne Najla Bouden, specializzata in geoscienze e docente alla Scuola Nazionale di Ingegneria di Tunisi.

Mette anche conto notare che si tratta del primo premier donna non solo in Tunisia, ma pure in qualsiasi nazione araba. E la cosa desta ovviamente impressione, rammentando quanto sta accadendo alle donne nell’Afghanistan da poco riconquistato dai Talebani.

Eppure, alla stampa di sinistra la nomina non è piaciuta. Il presidente viene accusato di autoritarismo perché ha provvisoriamente sospeso la Costituzione in attesa che la situazione politica diventi più chiara.

Si dà tuttavia il caso che Kais Saied, appoggiato dalle forze armate e dai sindacati, abbia agito, ancor prima della nomina di Najla Bouden, per arginare la crescente influenza del partito Ennahda nella politica tunisina.

La stampa di sinistra classifica ufficialmente tale partito come “islamico moderato”. È nota, tuttavia, la sua vicinanza ai Fratelli Musulmani, già molto influenti nella Turchia di Erdogan, nel Qatar e nella Striscia di Gaza dominata da Hamas.

In poche parole la stampa di sinistra – e non mi riferisco soltanto a quella italiana – adotta sempre in questi casi una posizione di notevole strabismo. Rifiutandosi di capire che i cosiddetti islamici “moderati” non costituiscono affatto una garanzia per le istituzioni democratiche dei Paesi in cui sono attivi.

E vale la pena di rammentare le aspre critiche rivolte ai militari egiziani quando bloccarono l’ascesa dell’ex presidente Morsi, lui pure esponente di spicco della “Fratellanza”, temendo che il suo governo conducesse il più grande Paese del mondo arabo verso una deriva fondamentalista.

Tornando alla Tunisia, la stampa di sinistra interpreta gli ultimi avvenimenti come un tentativo da parte di Kais Saied di creare una dittatura. In questo senso, ci viene detto, la nomina del primo premier donna sarebbe soltanto uno specchietto per le allodole, giacché il presidente intenderebbe mantenere tutte le leve del potere facendo di Najla Bouden una sorta di “premier finto”.

E tutto questo senza nemmeno lasciare il tempo alla neo-premier di dimostrare le sue effettive capacità vedendola all’opera nell’azione quotidiana di governo.

Atteggiamento davvero strano, ove si rammenti l’entusiasmo (malriposto) di numerosi governi occidentali nei confronti delle cosiddette “primavere arabe”. A cominciare dall’amministrazione di Barack Obama dominata, in materia di politica estera, dall’allora segretario di Stato Hillary Clinton.

Dulcis in fundo, nelle vicende tunisine è intervenuta pure la ormai ex cancelliera tedesca Angela Merkel, la quale ha ritenuto opportuno rammentare a Kais Saied la “necessità” che la Tunisia torni ad essere una vera democrazia parlamentare, ristabilendo il dialogo con tutti gli attori politici locali (e, quindi, anche con i Fratelli Musulmani).

Vien da chiedersi, tuttavia, a nome di chi parla Angela Merkel. Un simile intervento, sempre ammesso che sia legittimo, non spetterebbe invece alla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen? La quale invece, è rimasta muta?

Dunque il caso tunisino dimostra almeno due cose. In primo luogo il flirt permanente dell’Occidente con forze politiche alle quali non dovrebbe concedere alcun credito.

E, in secondo luogo, fa emergere ancora una volta chi comanda veramente a Bruxelles, dove Commissione e Consiglio contano come il due di coppe.

Facile concludere che la vera figura “finta” non è affatto la prima premier donna della Tunisia, bensì la presidente della Commissione europea, che si fa dettare la linea di politica estera dall’eterna Merkel.

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