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L’Euro danneggia l’economia italiana, è insostenibile. Lo dice il governatore della Banca centrale olandese

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Romano Prodi promette inflazione per domare il debito pubblico italiano. Ma i tedeschi non sono d’accordo, e nemmeno gli Olandesi: Klaas Knot, governatore della Banca d’Olanda, si fa beffe dei fondatori dell’Euro ed afferma che la moneta unica è uno svantaggio per l’economia italiana. A rimedio non ha da offrire alcunché: non il consenso alla politica monetaria espansiva di Bce, non un bilancio federale (anzi pretende che l’Italia riduca il proprio debito pubblico ed a ritmo sostenuto), non una politica fiscale espansiva nei Paesi del Nord, pur dicendosi conscio che ciò rende l’euro insostenibile. Il suo obiettivo è evitare la Nexit, cioè evitare che l’Olanda si separi dalla Germania, quando l’Euro non ci sarà più

Nazione strana, l’Italia, il destino della quale è dettato dal dibattito sulla moneta unica ma che, contemporaneamente, lo ignora. Mesi a blaterare che i soldi del Recovery Fund ci avrebbero salvato e poi, all’improvviso, viene Prodi a dirci che “sono una premessa per miglioramenti futuri, ma il loro esito positivo non sarà certo immediato”. Mentre il presidente della Bundesbank Weidmann fa notare ciò che i lettori di Atlantico Quotidiano già sanno: che “i soldi dell’Europa” sono un debito nazionale fuori bilancio.

Ma niente paura, Prodi ha subito pronta la nuova favola: siccome la Federal Reserve americana “ha solennemente affermato che il suo principale obiettivo è favorire la crescita e l’occupazione, anche a costo di provocare un aumento durevole dell’inflazione”, conseguentemente il deprezzamento del dollaro costringerà Bce a seguirla ed inflazionare (!). E quindi festa perché, lo scrive Prodi: “Nel caso italiano, il peso del nostro enorme indebitamento non ha alcuna possibilità di essere arginato se non con l’aiuto dell’aumento dell’inflazione”. Amen.

E invece no. Non solo il solito Weidmann ha appena grugnito che “la politica monetaria deve essere normalizzata”. Ma pure la ‘tedesca buona’ nel Consiglio Bce, Isabel Schnabel, ha detto di considerare la Fed come qualcosa di diverso da Bce e il deprezzamento del dollaro come “un buon segno”. Soprattutto, Schnabel ha detto di considerare adeguata la attuale ripartizione degli acquisti fra i differenti Stati membri dell’Euro, sulla base della ‘capital key’ e qui andiamo al cuore del contenzioso di fronte alla Corte di Karlsruhe, che è tutt’altro che concluso e, anzi, promette di dominare le scelte di Bce per lungo tempo a venire. Con tanti saluti a Romano Prodi.

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A parlare più chiaramente di tutti è stato il governatore della Banca centrale olandese, Klaas Knot. Il buon uomo, che parla italiano e pare avere cognizione di causa, il 1° settembre ha tenuto un gran discorso e concesso una lunga intervista di precisazione.

Comincia irridendo i Romano Prodi: “Essi si aspettavano che le differenze economiche fra gli Stati membri si sarebbero ridotte nel tempo, grazie all’introduzione dell’Euro. Non è successo”. Anzi, “l’assenza di un tasso di cambio fra i Paesi dell’Euro, è un vantaggio per le economie più forti, mentre è uno svantaggio per le economie più deboli” (!), al punto che “il successo [per l’Olanda] del mercato unico è fondato sull’Euro” (!!)… E non lo dice Borghi della Lega, lo dice il governatore della Banca centrale olandese (!!!). La confessione è talmente completa, che val la pena citarla per intero:

“Grazie all’euro, i Paesi Bassi hanno goduto di una posizione competitiva più forte che se avessimo ancora la nostra moneta. Rispetto al sud Europa, ma anche rispetto al resto del mondo, grazie al cambio dell’euro più debole. E questo aumenta le nostre esportazioni. È così che noi nei Paesi Bassi otteniamo un surplus commerciale così enorme: esportiamo molto più di quanto importiamo. Ciò genera maggiori profitti operativi per le imprese e aumenta anche le entrate fiscali per lo Stato olandese. Si potrebbe dire che l’euro dà sempre un piccolo impulso non solo all’economia olandese, ma anche al tesoro olandese. Per un paese come l’Italia, dove la crescita della produttività è inferiore, vale più o meno il contrario. A rischio di una semplificazione eccessiva: l’assenza di un tasso di cambio tra i Paesi dell’area dell’euro è un vantaggio per le economie più forti, mentre è uno svantaggio per le economie più deboli”.

Dopodiché, l’Olanda beneficerebbe del mercato unico pure senza l’Euro, perché “le economie piccole ed aperte ne beneficiano di più”, ma assai meno di oggi.

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Ciò avrebbe teoricamente un prezzo. In primo luogo, una politica monetaria “che può contribuire all’eccesso di debito, o alla crescita stellare dei prezzi delle case”, nonostante il buon Klaas vi si opponga da anni strenuamente, nel consiglio Bce affianco all’amico Weidmann, opposizione che egli si pregia oggi pro futuro di ribadire. Qui egli non ha da offrire alcunché.

In secondo luogo, l’esigenza che “le economie forti occasionalmente intervengano ad aiutare quelle deboli”: se non lo avessero fatto, con la Troika nel 2010-11, “oggi probabilmente non avremmo più una unione monetaria”. [*] Al governatore interessa particolarmente insistere su ‘occasionalmente’: “i trasferimenti strutturali [=permanenti] di ricchezza generalmente rovinano l’atmosfera. Non solo per i pagatori, ma pure tra i riceventi possono sorgere rapidamente fastidiosi sentimenti di inferiorità. Lo si può osservare nei Paesi in cui la ricchezza viene trasferita tra le regioni. Prendiamo ad esempio il Belgio e l’Italia”; ed è precisamente per questa ragione, che egli promuove il Recovery Fund: “è temporaneo, non ci sono trasferimenti diretti tra Paesi, né i Paesi si assumono la responsabilità dei debiti reciproci (…) la sua forza risiede proprio nel fatto che è una tantum e temporanea, e lo dico sul serio”. [*] Al lettore non sarà sfuggito che per ‘aiutare’ si intende la Troika, che ‘aiuta’ i Paesi in crisi a restare in una moneta che ‘è un vantaggio per le economie più forti, mentre è uno svantaggio per le economie più deboli’.

A proposito del Recovery Fund, egli menziona la condizionalità (ottenuta da Merkel e dal primo ministro olandese Mark Rutte) e specifica che, “i Paesi deboli debbono implementare riforme” e le regole fiscali europee dovranno di nuovo essere imposte, ponendo particolare enfasi sulla riduzione del debito pubblico: “Dobbiamo prestare maggiore attenzione ai livelli del debito pubblico… i Paesi con livelli di debito pubblico più elevati dovrebbero fare maggiori sforzi per ridurre il proprio debito”, rispetto a quanto avveniva prima del Covid. Non solo, ciò andrà fatto salvaguardando la spesa per investimenti, dunque procedendo interamente attraverso nuove imposte e tagli alla spesa corrente; badi il lettore che non si tratta qui della famosa ‘golden rule’, ciò della esclusione degli investimenti dal computo del deficit, giacché il governatore insiste che il debito deve scendere comunque. Fa pure i nomi: “Con un debito di oltre il 150 per cento come l’Italia e la Grecia, ci deve essere un ritorno al 60 per cento”. [*] Insomma, Knot sta dicendo che per ottenere di scrivere una tantum fuori bilancio il debito nazionale nuovo (che è l’unico vantaggio del Recovery Fund, come da citata osservazione del presidente della Bundesbank Weidmann), l’Italia dovrebbe ripagare oltre metà del proprio debito nazionale esistente. In altre parole, egli sta dicendo che il Recovery Fund è un Mes un poco più sofisticato. Pure qui, egli non ha da offrire alcunché.

In terzo luogo, Knot chiede ai propri concittadini la disponibilità a far crescere un poco più velocemente la propria economia: “Il punto che voglio qui sottolineare, è che è più probabile che queste riforme abbiano successo se anche le economie più forti fanno la loro giusta parte”. Il che significherebbe armonizzare la tassazione delle imprese in Europa ed accelerare in Olanda la crescita dei salari. Il governatore prova a condire la pillola, ricordando che aver ridotto così tanto la tassazione per le imprese ha comportato un eccesso di tassazione sui redditi da lavoro, il che ha fomentato il crescente euroscetticismo olandese e, dice lui, metterebbe a rischio persino la libertà dei commerci. Ma viene francamente da ridere a pensare che l’Aia rinunci al proprio competitivo livello di tassazione sulle società. Pure qui, il governatore non ha alcunché da offrire.

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Egli non ha alcunché da offrire ed è il primo a rendersene conto:

“Siamo realistici: questo richiederà tempo. Anche con le giuste politiche in atto, Paesi come la Grecia e l’Italia molto probabilmente impiegheranno decenni per arrivare dove devono essere. Nei prossimi anni i loro livelli di debito pubblico saranno ancora troppo alti per resistere a un’altra recessione senza adottare misure di austerità di vasta portata… Ciò significa che c’è il rischio che questi Paesi possano rimanere di nuovo indietro”.

Il che li spingerebbe comunque fuori dall’Euro. Alternative? Uno, tagliare ulteriormente i salari e gli stipendi dei lavoratori italiani, ma lui stesso dice che è impraticabile. Due, fare nuova austerità alla Monti, ma lui stesso dice che produrrebbe solo ulteriore recessione. Tre, ristrutturare il debito pubblico italiano e greco, ma lui stesso scrive che essa spingerebbe i due Paesi fuori dell’Euro (“le svalutazioni del debito pubblico porterebbero a perdite significative per queste banche locali e potrebbero anche innescare fughe di capitali, mettendo costantemente a repentaglio l’adesione all’euro del Paese”) e sarebbe pensabile solo a condizioni che oggi non ci sono:

“La ristrutturazione del debito è possibile solo a condizioni rigorose: la proprietà delle obbligazioni deve essere diversificata; ci deve essere un’analisi onesta – leggi: depoliticizzata – di sostenibilità del debito; un firewall per prevenire il contagio di altri Paesi dell’euro; e, se altri Paesi dell’area dell’euro sono creditori, il trattato deve essere modificato. Molto complesso (…) al momento, i presupposti non sono soddisfatti nella zona euro”.

Morale? Klaas Knot: “ciò richiederà una grande quantità di seria riflessione negli anni a venire”, in quanto tutto ciò “sta facendo tramontare il sostegno pubblico all’euro” e “rende l’euro insostenibile”… non lo dice Bagnai della Lega, lo dice il governatore della Banca centrale olandese.

È un problema? Beh, Knot fa un cenno ai vantaggi della Ue (“rischi geopolitici, crisi dei rifugiati, crisi climatica. Non devi essere un eurofilo per sapere che possiamo affrontare queste sfide transnazionali meglio a livello europeo che a livello nazionale”), ma non asserisce una loro dipendenza dall’esistenza dell’Euro, perché non è un buffone. La questione sono i soldi, lo ha detto chiaro, il successo per l’Olanda del mercato unico è fondato sull’Euro e tanto lui doveva (“considero mio compito fornire un’analisi sobria dei costi e dei benefici”). Ma a dover decidere sono gli olandesi: “I banchieri centrali come me non sono quelli che devono prendere quelle decisioni. Spetta ai politici dichiarare le loro preferenze e presentarle chiaramente agli elettori. Ecco perché spero di assistere a un vivace dibattito sul futuro dell’Europa prima delle elezioni parlamentari della prossima primavera”. Ed accada ciò che accada.

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Capita che, ieri, del discorso di Klaas Knot abbia riferito sul Corriere Federico Fubini, cui l’olandese ha concesso una intervista. Fubini non lo interroga sul suo dissenso con la politica monetaria espansiva di Bce, non sul suo dissenso ad un bilancio federale, non sulla impossibilità politica a che l’Aia rinunci al proprio competitivo livello di tassazione sulle società; solo, si degna di porgli una domanda sulla sua pretesa che l’Italia riduca il proprio debito pubblico ed a ritmo sostenuto. Fubini non lo interroga sulla clamorosa affermazione, che tutto ciò “rende l’euro insostenibile”; solo si limita a fargli dire che “la prossima volta che arriva una crisi… la gente in Olanda chiederebbe che ne è stato dell’aiuto dell’altra volta”. Fubini non lo interroga sulla altrettanto clamorosa affermazione che la moneta unica è uno svantaggio per l’economia italiana, solo si limita a fargli dire che “L’Olanda è uno dei maggiori beneficiari del mercato intero europeo e dell’euro”.

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L’intervento di Knot è stato malamente travisato pure al Paese suo, per esempio da Vervloed, nonché pure da Le Monde, il quale ha scritto di un suo dissenso nei confronti della resistenza di Rutte al Recovery Fund, nonché di un suo sostegno alla ristrutturazione del debito italiano; nessuna delle quali cose il governatore si è mai sognato di affermare, come abbiamo visto, senza contare che il governatore ed il primo ministro sono politicamente vicini. A dire il vero, ciò era inevitabile in quanto il testo illustra un problema enorme senza offrire apparentemente alcuna soluzione.

Così è parso al politologo Adriaan Schout, il quale riassume l’analisi di Knot come “l’euro rimane nella zona di pericolo”, la non-prognosi come “il racconto preoccupato di qualcuno che non sa come stabilizzare l’euro” e, su questa base, pone il problema in termini di alternativa tra federazione europea e uscita dell’Olanda dall’Euro (Nexit). Ma sbaglia, perché Rutte è federalista come Margaret Thatcher, l’Olanda un ‘agente’ della politica tedesca e il Recovery Fund solo un Mes un poco più sofisticato.

Invero, l’intervento di Knot diviene un poco più chiaro se messo a confronto con quanto egli sosteneva prima del Covid, in una prima intervista rilasciata al solito Fubini il quale, però, deve essersela scordata. Aveva asserito che i guai italiani non avessero “niente a che fare con l’euro, l’Italia avrebbe avuto queste difficoltà con qualunque regime monetario avesse scelto”; aveva sostenuto che Bce poteva comprare titoli di Stato italiani col programma OMT, ma che questo programma “implica un equilibrio”, mentre in Italia v’era un disequilibrio, “dato che c’è un debito pubblico così alto e una ricchezza privata che anch’essa è molto elevata”; si era spinto a difendere la possibilità di una ristrutturazione del debito italiano, “teniamo aperta la possibilità, siamo un po’ meno apodittici nel dire che un default non accadrà mai”. Ebbene, su tutti e tre questi argomenti egli sembra aver cambiato idea, lo abbiamo visto: l’Euro è oggi uno svantaggio per l’Italia, lo OMT oggi manco più lo cita, forse perché deve aver compreso che la patrimoniale comporterebbe il fallimento delle banche, quindi equivale ad una ristrutturazione del debito pubblico la quale egli oggi descrive nei termini assai problematici che abbiamo visto. Insomma, Knot sembra aver gettato la spugna e concluso che strumenti per intervenire non ve ne è: da qui discende la radicale presa di posizione sull’Euro come moneta svantaggiosa per taluni, vantaggiosa per talaltri.

Se, ad occhi italiani, tale conclusione importa soprattutto per le conseguenze sugli svantaggiati, ad occhi olandesi vale naturalmente il contrario. L’attenzione di Knot è indirizzata agli avvantaggiati, che egli vuole tenere insieme: preoccupazione comprensibile per chiunque abbia un minimo di cognizione della politica olandese, dove l’europeismo è confinato a sinistra e la vera alternativa è fra continuazione dell’unione monetaria con la Germania ed uscita dell’Olanda dall’Euro (Nexit). Il dibattito nel nord Europa è molto più avanti che in Italia. Personaggi come Romano Prodi appartengono alla preistoria.

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