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Il Marocco si sfila, la Russia traballa e l’Iran è sempre più solo

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La posizione di Teheran all’interno dello scacchiere mediorientale non è mai stata così critica. Sempre più ai ferri corti con Israele, dopo che il primo ministro Benjamin Netanyahu ha rivelato l’esistenza di file e dossier, in possesso del Mossad, che testimoniano l’intenzione di Teheran di progettare armi nucleari, in particolare cinque testate, con una resa esplosiva di 10 kilotoni ciascuna e integrabili con missili balistici, violando di fatto l’accordo stipulato con gli Stati Uniti nel 2015. Ma anche sempre più in crisi sul versante diplomatico.

Risale, infatti, alla scorsa settimana la decisione del Marocco di interrompere ogni rapporto con la repubblica degli ayatollah. Questo in seguito alle dichiarazioni del ministro degli esteri Naser Burita secondo il quale Rabat avrebbe prove e dati certi che l’Iran starebbe sostenendo attivamente i ribelli del Fronte Polisario, un’organizzazione che da anni è in lotta contro il governo marocchino per l’autodeterminazione del Sahara Occidentale. Oltre a un sostegno formale, Teheran starebbe rifornendo di armi i ribelli attraverso i miliziani sciiti di Hezbollah. Nei prossimi giorni il Marocco dovrebbe procedere con la chiusura della sua ambasciata in Iran. Questo porterebbe Rabat ad allinearsi con il fronte Washinghton – Gerusalemme (con lo stato israeliano il Marocco ha tutt’ora ottimi rapporti).

Non solo, traballa anche uno degli alleati più fidati di Teheran, la Russia. Il Cremlino ha, infatti, un gioco di alleanze molto ambiguo in Medio Oriente: se infatti formalmente sarebbe alleato con la Siria e con l’Iran, di fatto non ha mai disdegnato rapporti amicali con Israele. E mercoledì Netanyahu sarà in visita a Mosca per un colloquio con il presidente russo Putin (l’ottavo negli ultimi due anni), invitato alla parata militare in onore della vittoria russa contro il nazismo nel 1945, fa notare l’ufficio stampa del Cremlino. Sembra che ora si stia delineando una parvenza di scelta di campo molto più nitida. Già poco più di tre mesi fa, in seguito all’abbattimento del F-16 israeliano da parte di un’infrastruttura militare iraniana in Siria, il vice-ambasciatore russo Leonid Frolov aveva dichiarato alla stampa locale che, in caso di aggressione armata da parte di Teheran, non solo gli Stati Uniti ma anche la Russia sarebbe scesa in campo al fianco di Israele. Questo anche per il fatto che il Cremlino non può non interessarsi della sorte del mezzo milione di ebrei russi che vive stabilmente nello stato ebraico e che dal 1999 sono rappresentati dal partito Israel Beitenu e che attualmente, con 6 seggi alla Knesset, sostiene il governo del premier Netanyahu. Una scelta di campo netta e precisa che, come scritto da Germano Dottori alcuni mesi fa, ha segnato la fine della guerra fredda in Medio Oriente.

Alla luce della dichiarazione di Frolov, i segnali che questo accordo sia già in atto sono più che evidenti. Non solo Israele e Russia continuano a parlarsi, ma la Russia non dà segni di opposizione quando i raid israeliani in Siria sono finalizzati alla distruzione di installazioni militari del fronte Iran-Hezbollah. Facendosi sentire solo quando l’obbiettivo sembra essere direttamente Assad. Se la Russia dovesse, infine, scegliere l’alleanza con Israele e con gli Stati Uniti, per ora possiamo solo permetterci qualche previsione, la situazione per l’Iran sarebbe destinata a complicarsi. Diventerebbe infatti molto incerta la posizione siriana, dal momento che per Assad sarebbe sconveniente rompere con il suo unico alleato nel continente europeo.

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