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Esplodono le contraddizioni del Pd, assediato dal “pacifismo” di Conte e De Luca

Pd stretto tra linea atlantista e pressanti spinte pacifiste che arrivano da sinistra e dal suo interno. Da Conte e De Luca un pacifismo strumentale

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Il Partito Democratico si trova di nuovo in mezzo al guado stretto tra la necessità di conservare la linea atlantista e le pressanti spinte pacifiste che arrivano dal lato sinistro. I prossimi giorni si preannunciano particolarmente complicati per il partito ancora guidato da Enrico Letta.

La manifestazione di De Luca

Ad aprire le danze sarà la manifestazione del 28 ottobre per “il cessate il fuoco immediato” organizzata da un esponente di spicco del Pd, il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, con quattro obiettivi piuttosto ambiziosi se non velleitari: 1) fermare l’atomica; 2) fermare Putin; 3) salvare le imprese; 4) aiutare le famiglie.

Ironicamente, si potrebbe dire che manca solo l’impegno, nobile ma più che utopistico, a eliminare la fame nel mondo. Ora, è evidente che l’iniziativa deluchiana poco inciderà sugli scenari internazionali ma, si sa, che il folklore eccita le folle.

Tuttavia, questa come l’altra manifestazione annunciata dall’ex premier Giuseppe Conte con l’appoggio dei gruppi che stanno alla sinistra del Pd, mette il partito lettiano nell’angolo. Innanzitutto perché, al di là dei buoni propositi, in questi mesi lo stesso De Luca ha picconato a più riprese la strategia della Nato.

Probabilmente, non avrà tolto il sonno a Stoltenberg (definito addirittura “analfabeta di ritorno”) ma ha sicuramente creato degli imbarazzi all’interno del suo partito che ha guidato con Lorenzo Guerini il ministero della Difesa appoggiando la linea pro Ucraina del governo Draghi.

Lotta per la segreteria e per la guida dell’opposizione

Per cui appare assai probabile che l’onda pacifista si muova su due fronti e con obiettivi diversi: la corsa alla segreteria del Pd a cui sembra interessato De Luca (se direttamente o per interposto candidato lo scopriremo più avanti) e il ruolo guida dell’opposizione parlamentare a cui punta Conte nel tentativo di sopravanzare il Pd (da questo punto di vista, i sondaggi post elettorali fotografano un M5S che ormai tallona la compagine lettiana dimostrando che, a sinistra, le sirene pacifiste sono un ghiotto richiamo).

Le distorsioni del pacifismo

Tuttavia, in questa caravanserragliesca processione pacifista, non possono non emergere sia le contraddizioni che le distorsioni dell’approssimativo avventurismo ideologico. In un contesto del genere, riecheggiano le parole taglienti di Marco Pannella:

“Il pacifismo ha pesato tragicamente a vantaggio dei dittatori e a costo degli oppressi; a vantaggio degli stati totalitari militaristi e contro le democrazie da riarmare; è stato un fattore psicologico influente della politica di Monaco, e dell’avversione all’occidente”.

Infatti, il rischio è proprio quello di non distinguere più tra aggressore e aggredito, tra democrazie e autocrazie, tra opportuna negoziazione e ingloriosa capitolazione. Così viene a mancare una linea di demarcazione tra i diversi piani della discussione che, invece, finiscono per fondersi e confondersi.

E diventa pure arduo, oltre che abbastanza demagogico, invocare una qualunque soluzione diplomatica senza indagare sulle motivazioni e sulle responsabilità della guerra. A meno che la soluzione individuata non coincida con la resa della Ucraina e la cessione di una parte del suo territorio alla Russia. Peraltro, a rileggere le dichiarazioni degli scalpitanti situazionisti nostrani, si ricavano impressioni poco rassicuranti.

Da De Luca e Conte pacifismo strumentale

Per esempio, dalla sua trincea social De Luca ha sempre puntato il dito più a Ovest che a Est: “Gli Stati Uniti stanno trasformando un conflitto regionale in un conflitto quasi mondiale”. Così come l’altro alfiere del neo pacifismo all’italiana, l’ex premier Conte, pur avendo auspicato un governo atlantista uscendo dalle consultazioni quirinalizie, insiste sulla necessità di evitare quella che definisce “l’escalation” ma mai ricorda le ragioni che hanno originato la guerra in Ucraina né indica una via d’uscita alternativa e praticabile al logorante conflitto in corso.

Allora, sorge il sospetto che la piazza venga usata in chiave strumentale, anti-governativa e, per forza di cose, antioccidentale soprattutto se prevarranno ancora una volta le solite pulsioni ostili all’alleato americano palesate fin dai tempi del Vietnam.

Al punto in cui siamo e per quanto si voglia tergiversare, l’unica soluzione accettabile sarebbe il ritiro della Russia e il ripristino della sovranità ucraina sul suo intero territorio. È innegabile che per giungere a una soluzione del genere serva una forte leadership in Occidente e un lungo lavorio diplomatico affidato a personalità dotate di una certa autorevolezza.

Quello che appare certo in questo quadro così frastagliato è che né De Luca né Conte saranno invitati a un’ipotetica conferenza di pace come mediatori. Insomma, il ruolo di novelli Chamberlain (la cui politica di appeasement si rivelò comunque infausta) poco gli si attaglia. Per ora, possono solo sventolare il vessillo pacifista in piazza continuando ad assediare il già frastornato Pd in attesa di tempi migliori.

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