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Un atto di forza bruta: il Super Green Pass fa strage di diritto e libertà

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In Italia “l’obbligo più ampio tra i maggiori Paesi occidentali”. Ecco tutte le menzogne e le mistificazioni su cui si regge il Green Pass

“Italy is making Covid-19 health passes mandatory for all workers in the private and public sectors, in one of the toughest vaccine-promoting measures adopted by any major Western country”. Così il Wall Street Journal ha dato ieri la notizia dell’approvazione – all’unanimità – del cosiddetto Super Green Pass in Consiglio dei ministri. Siamo il primo Paese europeo, e probabilmente del mondo, a rendere di fatto il vaccino obbligatorio per lavorare. Senza, si resta a casa senza stipendio (e non è detto che non possa essere giusta causa di licenziamento, nonostante il ministro Orlando abbia giurato il contrario).

Pare proprio che in questa pandemia l’Italia riesca a registrare record su record – anche se negativi. Abbiamo avuto il triste primato del più alto numero di vittime Covid per milione di abitanti. Abbiamo fatto da apripista dei lockdown nel mondo occidentale, una misura che oggi tutti riconoscono essere non risolutiva ma sulla quale i due governi che si sono succeduti durante la pandemia hanno puntato quasi tutte le loro carte, trascurando altre politiche, dai protocolli sanitari al potenziamento dei trasporti. Una compressione drammatica delle libertà individuali che doveva restare “risorsa” di ultima istanza contro il virus, ma è divenuta l’unica opzione.

Così oggi, facciamo da apripista non dei vaccini, ma di un uso estensivo, distorto e spericolato del Green Pass, travolgendo ogni altro diritto riconosciuto dalla Costituzione e persino la libertà di disporre del proprio corpo – in altri ambiti rivendicata come assoluta. Due cose molto diverse, vaccino e Green Pass, come vedremo. E anche questa, come il lockdown, rischia di rivelarsi una misura non risolutiva, ma su cui il governo Draghi ha puntato tutte le sue carte, trascurando anch’egli questioni cruciali e altre politiche praticabili. E d’altronde, non sorprende più di tanto, essendo il ministro della salute lo stesso del governo Conte.

Il premier non si è nemmeno degnato di venire a motivare in conferenza stampa la necessità di un decreto così “pesante”, estremo diremmo. Considerando i suoi sfondoni nelle precedenti conferenze stampa, forse si è appellato alla facoltà di non rispondere. Non che ci aspettassimo domande degne della gravità del momento, visto il conformismo governativo dei media, ormai a reti e pagine unificate.

Un primo problema è che, com’è noto, requisiti fondamentali di un decreto legge sono “necessità e urgenza”. Ebbene, questi requisiti sono evidentemente assenti per definizione, visto che il decreto sarà efficace a partire dal 15 ottobre, cioè tra un mese. Non c’è urgenza. Per di più, il ministro Brunetta in conferenza stampa ha pateticamente giustificato l’incongruenza con la necessità di sfruttare “l’effetto annuncio”. Ma che il governo cerchi un “effetto annuncio” non fa venir meno i requisiti costituzionali che un decreto legge deve sempre soddisfare.

Non c’è nemmeno necessità. Non c’è emergenza, ad oggi, nei numeri dei contagiati, degli ospedalizzati e dei decessi, essendo numeri non solo gestibili dal sistema sanitario, ma anche inferiori a molte delle patologie a tutt’oggi tra le principali cause di morte e, queste sì, emergenze sanitarie ormai passate in secondo piano.

Le curve Covid possono impennarsi molto in fretta? Vero, ma è anche vero che abbiamo la protezione dei vaccini (il 74 per cento degli over 12 ha completato il ciclo), che l’anno scorso non avevamo, e che in ogni caso dal punto di vista giuridico proclamare, anzi reiterare uno stato di emergenza futuro ed eventuale è una forzatura.

A questo punto, non c’è praticamente attività umana in Italia per la quale non sia obbligatorio il Green Pass. Resta escluso, per il momento, l’accesso a supermercati e negozi, ma il ministro Speranza ha ipotizzato una ulteriore estensione ad altri settori.

E tutto questo, come già accaduto con misure gravemente restrittive dei diritti e delle libertà individuali quali lockdown e coprifuoco, senza che sia mai stata divulgata dal governo un’analisi tecnica, che supporti con studi e dati la necessità di estendere a quasi tutto e quasi tutti l’obbligo di Green Pass (originariamente concepito, ricordiamolo, per viaggi all’estero e grandi eventi). Non ci è dato sapere nemmeno un obiettivo raggiunto il quale, una condizione soddisfatta la quale, l’obbligo possa venire rimosso.

Il che va contro il principio di ragionevolezza e proporzionalità delle norme, in particolare quelle che incidono sui diritti e le libertà fondamentali.

Quand’anche l’obbligo del Green Pass sia giustificabile con la tutela della salute pubblica (il che, come vedremo, non è scontato), non è assolutamente detto che il diritto alla salute debba prevaricare tutti gli altri diritti e libertà riconosciuti dalla Costituzione, come il diritto al lavoro o all’istruzione e la libertà di movimento. Lo squilibrio che si sta introducendo nelle tutele di diritti e libertà tutti di rilievo costituzionale è clamoroso, innegabile.

No, l’estensione dell’obbligo di Green Pass al lavoro pubblico e privato è una misura ingiustificata e sproporzionata sotto tutti i punti di vista.

Fin da subito abbiamo denunciato su Atlantico Quotidiano la natura ricattatoria dell’obbligo di Green Pass, un obbligo vaccinale surrettizio. Anzi, con il decreto di ieri, che minaccia di fatto il sequestro dello stipendio se non ci si vaccina, entriamo nel campo dell’estorsione. L’ennesima dimostrazione è nel combinato disposto delle due motivazioni dichiarate dai ministri durante la conferenza stampa di ieri: il Green Pass serve a tutelare i luoghi di lavoro e a incentivare a vaccinarsi. E lo conferma lo stesso premier quando ai sindacati che gli chiedono di rendere gratuiti i tamponi, risponde ribadendo che la gratuità del test contraddirebbe l’essenza stessa del certificato verde, che per l’appunto è quella di costringere le persone a vaccinarsi pur in assenza di un obbligo di legge. La forzatura è evidente.

Nella narrazione mainstream si confonde strumentalmente tra vaccini e Green Pass, attribuendo a quest’ultimo i benefici dei primi: ma sono i vaccini che proteggono dal Covid, con i limiti che vedremo, mentre dietro il Green Pass si nasconde un obbligo vaccinale non necessario né opportuno. E coerentemente, chi è contrario all’obbligo e per la libertà di scelta viene bollato come no-vax. Ma si può essere a favore dei vaccini e contrari al Green Pass e all’obbligo. Come ha ricordato Daniele Capezzone, questa è esattamente la posizione dei più autorevoli quotidiani conservatori come Wall Street Journal e Telegraph.

La necessità dell’obbligo di Green Pass si regge quindi su una prima colossale menzogna: che i non vaccinati siano un pericolo per i vaccinati e, per riflesso, che i possessori di un Green Pass non siano un pericolo per se stessi né per gli altri. Una bufala propagata dallo stesso presidente del Consiglio, quando in conferenza stampa lo scorso agosto ha spiegato che “il Green Pass dà la garanzia di trovarsi tra persone non contagiose”. Falso. I non vaccinati non sono un pericolo di per sé, a rappresentare un pericolo sono i positivi – vaccinati e non.

Ma perché questa forzatura? Il Green Pass è un espediente del governo per aggirare i paletti costituzionali dell’obbligo vaccinale, che nella situazione attuale sarebbe molto discutibile, tenendo presente che:
1) a differenza di altri vaccini per cui è già previsto l’obbligo, i vaccini anti-Covid non garantiscono una immunità vicina al 100 per cento, ma tra il 68 e il 78 per cento. Dunque, nonostante in tv e sui giornali continuino a definirli “immunizzati”, i vaccinati possono contagiarsi e contagiare, con minore probabilità rispetto ai non vaccinati ma sempre in misura rilevante. Chi si vaccina è protetto all’incirca al 95 per cento dalla forma grave della malattia, ma non è immune;

2) l’efficacia dei vaccini, già lontana dal 100 per cento nel proteggere dall’infezione, si riduce drasticamente dopo 5-6 mesi dalla seconda dose. Al punto che in Israele hanno da tempo avviato la somministrazione di una terza dose e si parla di una quarta. Oggi, a metà settembre, una persona vaccinata a marzo dal punto di vista della copertura vaccinale potrebbe equivalere ad una persona non vaccinata, eppure avrà il Green Pass fino a marzo prossimo;

3) per un’ampia fetta di popolazione, anche in età lavorativa, il rapporto rischi-benefici non pende a favore di questi ultimi. Secondo uno studio citato dal Telegraph, il rischio di problemi cardiaci, miocarditi e pericarditi, a causa del vaccino per i ragazzi adolescenti è sei volte superiore al rischio di essere ricoverati in ospedale per Covid-19.

Se i vaccini anti-Covid rendessero immuni, come si sperava inizialmente, prima della diffusione della variante Delta, basterebbe un 70-80 per cento di vaccinati per raggiungere l’immunità di gregge. Ci saremmo già. E infatti erano quelle le cifre che venivano indicate all’inizio della campagna vaccinale.

Ma come ammesso da Fabio Ciciliano, membro del Cts, “parlare di immunità di gregge con l’80 per cento di vaccinati non è più possibile”. “Non esiste una percentuale target di popolazione vaccinata in grado di spegnere l’interruttore della circolazione virale. Ovvero l’immunità di gregge è una chimera”, ha spiegato Cartabellotta, certo non un no-vax. Il 90 per cento potrebbe non bastare per evitare chiusure, ha avvertito Speranza.

Attenzione: il fatto che non si possa raggiungere l’immunità di gregge, non significa che vaccinarsi sia inutile. Significa però che prevedere un obbligo vaccinale a norma dell’articolo 32 della Costituzione, o peggio un obbligo surrettizio per aggirare i paletti fissati dalla giurisprudenza della Consulta, negando diritti e libertà costituzionali ai non vaccinati, è una misura sproporzionata e irragionevole.

Nella sentenza 5/2018, oltre a richiamare il “corretto bilanciamento tra la tutela della salute del singolo e la concorrente tutela della salute collettiva, entrambe costituzionalmente garantite”, i giudici hanno anche affermato che l’obbligo vaccinale non è incompatibile con l’articolo 32 se: a) “il trattamento sia diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri, giacché è proprio tale ulteriore scopo, attinente alla salute come interesse della collettività, a giustificare la compressione di quella autodeterminazione dell’uomo che inerisce al diritto di ciascuno alla salute in quanto diritto fondamentale”; b) se vi sia “la previsione che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che vi è assoggettato, salvo che per quelle sole conseguenze, che, per la loro temporaneità e scarsa entità, appaiano normali di ogni intervento sanitario e, pertanto, tollerabili”; c) “nell’ipotesi di danno ulteriore alla salute del soggetto sottoposto al trattamento obbligatorio – ivi compresa la malattia contratta per contagio causato da vaccinazione profilattica – sia prevista comunque la corresponsione di una ‘equa indennità’ in favore del danneggiato (…). E ciò a prescindere dalla parallela tutela risarcitoria (…)”.

Quanto alla prima condizione, non solo non abbiamo certezza di non trasmissibilità del virus da parte delle persone vaccinate, abbiamo la certezza del contrario, cioè che possono infettarsi e contagiare. Quanto alla seconda, per una ampia fetta di popolazione abbiamo evidenze di effetti avversi duraturi e non trascurabili, ben oltre la febbre del giorno dopo. Quanto alla terza, assistiamo ad un totale scarico di responsabilità da parte del governo e delle autorità sanitarie.

Non è un caso che se da una parte i vaccini anti-Covid sono stati autorizzati da autorità sanitarie nazionali e internazionali, nessun Paese occidentale ha percorso finora la via dell’obbligo e il Consiglio d’Europa, nella risoluzione 2361, ha espressamente escluso l’obbligatorietà e la discriminazione di coloro che rifiutano di vaccinarsi.

Ecco dunque perché il governo Draghi ha deciso di percorrere la via subdola di un obbligo surrettizio, che però dal punto di vista giuridico è ben più scivolosa.

Eppure, siamo tra i Paesi europei, anzi nel mondo, con le più alte percentuali di vaccinati. Superiori al Regno Unito e paragonabili alla Danimarca, Paesi che hanno completamente riaperto e in cui sono state ritirate anche le previsioni più light di pass sanitario.

Ma qui ci viene ripetuto fino alla nausea – seconda colossale menzogna – che il Green Pass è uno “strumento di libertà”, perché l’unica alternativa ad esso sarebbero le chiusure e la ricaduta dell’economia. Ma Paesi con le stesse nostre percentuali di vaccinati hanno riaperto tutto anche senza pass.

Certo, non mancano Paesi che seguono il modello italiano, sebbene nessuno con la stessa durezza. Il presidente Biden sta provando con toni minacciosi (“la nostra pazienza sta finendo”) ad imporre obbligo vaccinale o tampone settimanale nelle aziende con più di 100 dipendenti. Ma negli Stati Uniti l’opposizione si annuncia durissima – al contrario che in Italia. Il Wall Street Journal, ricordando di essere a favore dei vaccini, ha parlato di “forza politica bruta” e “inutile accanimento”.

Ciò che stupisce nel nostro Paese non è soltanto la facilità con cui la normativa anti-Covid ha travolto, fin dall’inizio della pandemia, diritti e libertà costituzionali, non trovando alcun argine negli organi costituzionali – né Parlamento, né Quirinale, né Consulta – ma anche il clima di consenso, o silenzio/assenso che accompagna misure sempre più repressive. Come ha osservato Enzo Reale, non si intravede limite a questa deriva, nessuno esige di sapere se, quando e come avrà fine. Cercavamo l’immunità di gregge, mentre del gregge abbiamo trovato il conformismo.

Di più, si è aperta la caccia al dissidente, la segnalazione, la character assassination. Chiunque osi dubitare e porre domande viene additato come un pericoloso no-vax. Un pericolo strumentalmente enfatizzato. Come abbiamo già osservato, infatti, il numero dei veri no-vax è esiguo, trascurabile per la riuscita della campagna di vaccinazione.

La vaccinazione, ha osservato Luca Ricolfi, è diventata “una sorta di dovere patriottico, e squalifica qualsiasi obiezione o dubbio come una sorta di diserzione. Un clima così non si è mai avuto in Italia, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale”. A buon intenditor…