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Le nostre élites illuminate non hanno voluto l’euroscetticismo liberale? Ora si godano l’euroscetticismo populista

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Per anni, un pugno di personalità liberali ha osato esprimere posizioni eurocritiche. In pochi arrivando alle estreme conseguenze, e invece più spesso (come nel mio caso) limitandosi a invocare serie correzioni della situazione esistente.

Nel mio piccolissimo, quattordici anni fa, nel 2004, pubblicai un libro dal significativo titolo “Euroghost – Un fantasma s’aggira per l’Europa: l’Europa”, descrivendo la torsione a-democratica dell’Ue, il suo allontanamento dai cittadini, la sua propensione a non rispondere mai a cittadini e taxpayers. Negli ultimi anni, ho aggiunto la mia voce (e qualche argomento) alla tesi della rinegoziazione in Europa. Insieme a Federico Punzi, nel libro “Brexit. La Sfida”, proponiamo un’agenda precisa, dettagliata, per la riscrittura delle regole europee, in termini costruttivi e propositivi.

Queste ed altre posizioni (euroscettiche ma pro-mercato, eurocritiche ma atlantiste, mai improntate a logiche di sfascio istituzionale) sono state nella migliore delle ipotesi censurate, nella peggiore considerate con compassione dai Bramini, dalla casta sacerdotale delle nostre élites.

Le quali, ora, avendo rifiutato un euroscetticismo di taglio liberale, potranno “godersi” un euroscetticismo populista: arrabbiato, con scarsa propensione alla nuance e alla sfumatura, non atlantista ma putinista, non liberale ma assistenzialista.

Un autentico “capolavoro”, che dà la misura dell’insipienza e dell’arroganza della vecchia classe dirigente. Troppo impegnata ad ascoltarsi e a compiacersi per aver l’umiltà di ascoltare dubbi e opinioni diverse.

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