PoliticaTwitter Files: la censura social

Psicosi Covid

Alle radici del totalitarismo sanitario: un caso di “mass formation”

Come è stato possibile il consenso, fino al fanatismo, alle misure anti-Covid liberticide? La tesi dello studioso Mattias Desmet: la psicosi della formazione di massa

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È ancora possibile in Italia poter esprimere la propria opinione senza sentire un coro fastidioso che ti parla sopra per tapparti la bocca? Domanda provocatoria ma più che mai attuale.

Gemmato zittito

Non so cosa potrebbe rispondere il sottosegretario alla salute Marcello Gemmato, reo di aver reso nota al mondo la scoperta dell’acqua calda, ossia che non ci sono prove certe che senza vaccini la pandemia di Covid avrebbe avuto esiti più drammatici.

Contro di lui si è scatenato subito il tiro al piccione da parte di politici di tutti gli schieramenti (una volta nelle democrazie opposizione e maggioranza si distinguevano, una volta…), opinionisti che non sanno nemmeno tenere in mano una siringa e dipendenti di quotidiani (dire giornalisti sarebbe troppo) stipendiati con sussidi pubblici, tutti presi a twittare il loro sdegno verso tanta insolenza.

E questo nonostante il venire a meno di molte restrizioni dovrebbe indurre ad un atteggiamento più rilassato sulla questione.

Il punto non è tanto se Gemmato sia nel giusto (ne abbiamo parlato qui), quanto le richieste di dimissioni e gli attacchi nei suoi confronti, come se non fosse titolato a dire la sua, prima di tutto come cittadino e poi perché si tratta di un argomento di sua competenza (è per l’appunto sottosegretario alla salute e vanta una laurea in farmacia).

È essenziale capire come si possa tentare di sopprimere in modo coordinato (belando il consueto “lo dice la scienza”) una determinata opinione senza tra l’altro entrare nel merito della questione sollevata.

Come è stato possibile?

Visto che Gemmato ha detto qualcosa di proibito, noi rilanciamo e andiamo oltre: “Come è stato possibile che misure odiose come il Green Pass e i lockdown abbiano trovato così grande sostegno nella popolazione? Come è accaduto che in pochi si siano opposti alle politiche liberticide di Conte, Draghi e Speranza?”.

Che ci sia qualcosa nella nostra psiche che possa fungere da terreno fertile per misure repressive col silenzio-assenso della maggioranza? Misteri della mente umana si dirà. Qui serve uno psicologo, e di quelli bravi, diciamo noi.

Uno come lo studioso belga Mattias Desmet. Desmet ha le carte in regola per fare contenti i pignoli che recitano il mantra del fidarsi della scienza e degli esperti: professore di psicologia clinica all’università di Gent e doppia laurea in psicologia e statistica.

Mass formation

Alle domande di cui sopra il buon Mattias dà la sua personale risposta: mass formation, che si può tradurre in italiano come psicosi della formazione di massa.

Il termine è stato reso famoso dal medico e biochimico Robert Malone (un altro che di censure se ne intende) nel corso dell’intervista rilasciata durante il podcast di Joe Rogan, in riferimento proprio alle tesi di Desmet.

I numeri

Desmet si è fatto una bella chiacchierata di oltre un’ora col podcaster Aubrey Marcus, cominciando col dire che dal suo punto di vista di statistico i modelli hanno sovra-rappresentato la pericolosità del coronavirus: ad esempio l’Imperial College di Londra (lo stesso dello studio sbugiardato che parlava di venti milioni di vite salvate dai vaccini) aveva previsto 80 mila morti in Svezia per la fine di maggio 2020 senza misure di lockdown, contro i circa 6 mila morti effettivi.

Tutto ciò a causa dell’assenza di modelli matematici in grado di confrontare le morti da Covid e i danni da lockdown, valutando correttamente il rapporto costi-benefici delle misure restrittive.

Lo psicologo belga sospetta (come già discusso anche su Atlantico Quotidiano) che i lockdown possano aver provocato addirittura più morti del Covid stesso, e giova ricordare che ci sono anche studi ad avvalorare questa ipotesi.

Dai numeri alla mente

Ma è quando si passa dai numeri alla mente che le cose si fanno più interessanti. Desmet introduce il concetto di mass formation, ossia della formazione di una psicosi di massa, dove per psicosi si intende una percezione alterata e non veritiera del mondo, di ciò che è reale e ciò che non lo è.

La gestione della pandemia Covid in molti Paesi, con l’operato delle autorità e l’attiva complicità dei mass media sarebbero per l’appunto un caso di mass formation.

Quattro sono i criteri necessari affinché il fenomeno si verifichi in una società:

  • un gran numero di persone si sentono isolate e prive di legami sociali;
  • molte di queste persone non sono in grado di attribuire un senso alla propria vita, uno scopo al lavoro che svolgono;
  • un senso di ansietà disconnesso da un oggetto specifico (in altre parole sono ansiose senza sapere bene perché e a causa di cosa);
  • frustrazione e aggressività ugualmente disconnesse (sono frustrate e aggressive senza saperne il motivo).

Il ruolo dei media

Se le quattro condizioni si verificano, l’operato dei mass media provvede a mettere il tutto assieme. Il ruolo dei media è quello di creare una storia che indichi quello che in inglese si chiama object of anxiety, ossia un catalizzatore delle paure (in questo caso il Covid) ed al tempo stesso le strategie per affrontarlo (Desmet ha in mente i lockdown, ma ci si potrebbe benissimo riferire anche ai vaccini).

In questo modo, tutte le ansie e le paure prima prive di una ragione chiara vengono adesso collegate all’object of anxiety, che così le spiega perfettamente. Tutto ciò motiva le persone a cooperare nell’esecuzione di queste strategie: se sei terrorizzato dal Covid, ti metterai mascherine, ti chiuderai in casa e ti farai vaccinare con dosi multiple proprio per guarire dalle paure che ti porti dentro.

Scatta quindi una gara a chi è più realista del re: mostrandosi ubbidienti e collaborative, le persone stabiliscono nuovamente legami sociali tra di loro e sentono che la loro vita ha di nuovo uno scopo (il dovere di portare le mascherine e vaccinarsi, perché ciascuno deve fare la sua parte, da bravo cittadino).

Tutto ciò porta gli individui a bersi qualsiasi cosa venga loro detta, non importa quanto assurda ed infondata, perché così possono ricreare legami sociali e sentirsi parte di qualcosa di più grande.

L’ipnosi collettiva

Una vera e propria intossicazione mentale che Desmet definisce chiaramente come una forma di ipnosi collettiva.

Uniti da slogan come “Andrà tutto bene”, “Io resto a casa”, “Ne usciremo assieme” e così via, sono pronti a sacrificare il contatto con la realtà, il lavoro, gli affetti, in nome della lotta al virus, che ora assorbe le loro attenzioni e dà di nuovo senso alla loro vita.

Si tratta di un sacrificio che presenta caratteri ritualistici, finalizzati a rafforzare i legami sociali. Si potrebbe dire che, nel corso del rituale, sull’altare dello scientismo venga consumato il sacrificio umano delle libertà e dell’individualità al fine di recuperare la coesione e i legami sociali perduti.

C’è qualcosa di mistico, ed in effetti a ben pensarci la narrazione Covid presenta caratteri religiosi e dogmatici: il sacro vaccino come sacramento salvifico da non mettere mai in discussione, i virologi (solo alcuni, in realtà) come sacerdoti, l’odio verso i miscredenti non vaccinati.

Un nuovo totalitarismo?

Ci troviamo di fronte a qualcosa di nuovo e mostruoso: un totalitarismo su base ideologico-sanitaria. Non è un caso dunque che Desmet individui proprio nella mass formation uno dei fondamenti del totalitarismo.

Così come i totalitarismi del XX secolo vedevano nel nemico (gli ebrei, la classe borghese) l’object of anxiety da eliminare per arrivare al paradiso in terra, allo stesso modo la narrativa Covid unisce il virus ai critici del Green Pass e degli obblighi vaccinali, che diventano i nemici del mondo nuovo e dell’obiettivo zero-Covid.

L’odio verso i no-vax è dunque giustificato, un doveroso atto pubblico di fedeltà alla causa, e ne sono la prova una serie di dichiarazioni di una ferocia inaudita.

Basti pensare all’augurio di Selvaggia Lucarelli di avere un virus che trasformi i no-vax in poltiglia verdastra, al godimento di Andrea Scanzi nel vederli morire come mosche, all’invito di David Parenzo ai rider perché sputino sul loro cibo, all’esortazione di Giuliano Cazzola a sfamarli con il piombo, al dispiacere di Liliana Segre per misure mai abbastanza dure nei loro confronti, all’elegante opinione di Sebastiano Messina, secondo cui è giusto far entrare i cani nei locali ed escludere i no-vax.

Dissenso fondamentale

Desmet ritiene che in una data società si possa stimare intorno al 30 per cento la quota di fanatici sostenitori del regime ipnotizzati dalla mass formation, con un altro 30 per cento che si oppone apertamente ed un 40 per cento che magari non crede alla narrazione ufficiale ma si adegua per quieto vivere e segue la massa per evitare rischi e grattacapi.

Secondo lo studioso belga è fondamentale che quel 30 per cento di oppositori continui ad esercitare il dissenso e a lottare contro le prevaricazioni della maggioranza, per evitare che quest’ultima commetta quelle che definisce come atrocità e, per dirla come Hannah Arendt, divori i propri stessi figli.

L’espressione del dissenso è fondamentale per indebolire l’ipnosi collettiva della mass formation.

Ecco spiegati i motivi di chi cerca di zittire ogni critica alla produzione centralizzata della narrazione da parte di mass media che dicono tutti la stessa cosa. Accusare i dissidenti di essere di volta in volta contro-rivoluzionari o nemici della razza (come nel secolo scorso), di fare disinformazione e di diffondere teorie cospirative è indispensabile per mantenere l’ipnosi di massa.

Silenziare studiosi ed esperti che non condividono la versione ufficiale su lockdown e vaccini presenta tra l’altro sinistre similitudini col silenziare chi non si piega all’ideologia woke: i primi sono bollati come no-vax cospirazionisti, i secondi come razzisti-misogini-fascisti-omofobi. Il risultato è la messa all’indice in campo accademico, fuori dall’indice su Google e la morte digitale sui social media.

Fenomeno inconscio

Desmet fa poi due interessanti considerazioni. La prima è che il fenomeno della mass formation è in gran parte inconscio. L’ipnotizzatore è a sua volta ipnotizzato come e più della massa stessa, finendo per questo motivo per fare errori e prendere cantonate gigantesche (i vaccini che prevengono i contagi, se non ti vaccini “muori e fai morire”).

I cosiddetti competenti mentono sapendo di mentire, ma al tempo stesso lo giustificano in nome di una causa suprema in cui loro stessi credono (il sol dell’avvenire senza Covid).

Mass formation in senso contrario

La seconda è che la contro-narrazione ed il dissenso non sono a loro volta esenti da mass formation.

Additare ad esempio Bill Gates come l’entità oscura e malvagia dietro a tutto, avallare storie francamente assurde (i vaccini che conterrebbero microchip al loro interno) non sono altro che mass formation uguale e contraria, dove semplicemente si cambia il capro espiatorio, l’object of anxiety, disumanizzando le élite anziché i no-vax.

Ragioni di ottimismo

In un quadro così fosco, dove quanto più le ragioni per distruggere l’individualità sono assurde, tanto più la massa le segue con convinzione, Desmet riesce comunque a fare considerazioni ottimistiche, ricordando che i sistemi totalitari sono votati all’auto-distruzione e presto o tardi finiscono per implodere.

Come comportarsi allora? Continuando ad esercitare il dissenso per arginare i danni ed organizzandosi in modi alternativi, come un ombrello da utilizzare finché non torni a spuntare il sole.

A prescindere dalla condivisione o meno della sua analisi, il grande merito di Mattias Desmet è quello di averci sbattuto in faccia in modo crudo e senza filtri ciò che siamo, incatenati alle nostre paure ed ansie ma capaci di rompere quelle stesse catene col pensiero critico e con gesti di ribellione.

Perché alla fine è nella natura così contraddittoria dell’animo umano che troviamo ciò che ci distingue dagli altri animali: un’individualità unica e irripetibile che nessun totalitarismo può tenere in catene per sempre.

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