Twitter Files: la censura social

Twitter Files, Covid Edition: censurati dati veri e scienziati non allineati

Come il dibattito su Covid e vaccini è stato manipolato: soppresse informazioni vere ma scomode per le politiche e le narrazioni governative, screditati medici ed esperti

Twitter Files: la censura social

Che la censura sui social media non fosse limitata solo alla politica in senso stretto, ovvero alla campagna per le presidenziali 2020, alla soppressione di notizie come quella del laptop di Hunter Biden e al bando di Donald Trump come di migliaia di account conservatori, era già noto da quanto emerso prima dei Twitter Files e già trattato su Atlantico Quotidiano.

Non solo elezioni

Come spiegato da Max Balestra, infatti, altre notizie e opinioni “attenzionate” come possibile “disinformazione” riguardano questioni di salute pubblica (le origini della pandemia di Covid-19 e l’efficacia dei vaccini), temi ideologici (“racial justice”), debacle politiche (il caotico ritiro delle forze Usa dall’Afghanistan), e politica estera (la guerra in Ucraina).

Big Tech, FBI e DHS collaborano regolarmente per censurare contenuti e utenti giudicati dannosi in generale per le politiche e le narrazioni governative, con la scusa della “lotta alla disinformazione”, che è in realtà lotta per il monopolio della disinformazione.

Le agenzie federali coinvolte

La collusione tra Big Tech e agenzie governative Usa per censurare le informazioni ritenute false o fuorvianti sul Covid, e bloccare gli utenti che le diffondono, era già emersa dalla causa intentata dagli Attorney General del Missouri, Eric Schmitt, e della Louisiana, Jeff Landry, come abbiamo riportato su Atlantico Quotidiano.

Tra le agenzie federali coinvolte, il Dipartimento della salute (HHS), il Dipartimento degli interni (DHS), l’Agenzia per la Cybersicurezza (CISA), i Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC), l’Istituto nazionale malattie infettive (NIAID) e l’Ufficio del Surgeon General, ma anche il Census Bureau, l’Agenzia dei farmaci (FDA), l’FBI e altre, fino ai livelli più alti del governo degli Stati Uniti, inclusi numerosi funzionari della Casa Bianca.

Non solo Twitter

Tra i social non solo Twitter. Un dipendente senior di Facebook in una email inviata al Surgeon General afferma: “So che i nostri team si sono incontrati oggi per comprendere meglio la portata di ciò che la Casa Bianca si aspetta da noi sulla disinformazione in futuro”.

In diversi casi Facebook non avrebbe proceduto a censurare senza un input o un “debunking” dal CDC. Un funzionario della Casa Bianca si è persino preoccupato di far chiudere gli account parodia di Anthony Fauci coordinandosi con Facebook per farli eliminare.

Sussidiaria per la censura

Ora, un nuovo episodio dei Twitter Files, curato dal giornalista David Zweig, getta luce su come Twitter abbia manipolato il dibattito pubblico sul Covid e i vaccini, censurando informazioni vere ma scomode per le politiche governative, screditando medici e altri esperti non allineati, bannando utenti ordinari, persino alcuni che condividevano dati ufficiali del CDC Usa.

I documenti interni messi a disposizione da Elon Musk confermano come Twitter si sia prestata a servire da sussidiaria per la censura anche sul Covid, dando risalto o sopprimendo contenuti su indicazione di agenzie governative. Sia sotto l’amministrazione Trump che sotto Biden, pressioni direttamente sui dirigenti di Twitter affinché moderassero i contenuti relativi al Covid secondo i loro desideri.

Anche in questo caso si parla di incontri regolari tra funzionari governativi e dirigenti non solo di Twitter ma anche di Google, Facebook, Microsoft e altri.

Se l’amministrazione Trump era preoccupata delle teorie sul 5G e le corse agli acquisti dettate dal panico, l’amministrazione Biden si è focalizzata sugli account anti-vaccini o semplicemente scettici.

Il caso Berenson

Nell’estate 2021, ricorda Zweig, il presidente Joe Biden affermò che i social media stavano “uccidendo le persone” consentendo la “disinformazione” sui vaccini. L’account di Alex Berenson fu sospeso poche ore dopo e bannato dalla piattaforma il mese successivo.

Berenson ha citato in giudizio Twitter, alla fine patteggiando. Ma nel corso del procedimento l’azienda è stata costretta a rilasciare alcune comunicazioni interne, che mostrano le pressioni dirette della Casa Bianca affinché agisse su Berenson.

Le pressioni della Casa Bianca

Un sommario degli incontri con la Casa Bianca tenuti da Lauren Culbertson, capo del team US Public Policy di Twitter, rivela nuove prove della campagna di pressione della Casa Bianca e conferma come abbia ripetutamente tentato di influenzare la piattaforma.

Culbertson scrive che il team di Biden era “molto arrabbiato” per il fatto che Twitter non fosse stato più aggressivo nel “deplatforming”, nel bannare più account. Volevano che Twitter facesse di più.

I dirigenti di Twitter non hanno capitolato del tutto. Un approfondito esame delle comunicazioni interne dell’azienda ha rivelato che i dipendenti spesso discutevano i casi di moderazione in modo molto dettagliato e con maggiore cautela rispetto a quanto visto, per esempio, nella gestione delle elezioni.

Ciò nonostante resta il fatto che Twitter ha soppresso le opinioni, molte delle quali di medici e scienziati, in conflitto con le posizioni ufficiali della Casa Bianca. Di conseguenza, sono andate perse conclusioni e domande legittime che avrebbero ampliato il dibattito pubblico.

Tre problemi nella moderazione

Zweig indica tre seri problemi con il processo interno di Twitter. Primo, gran parte della moderazione dei contenuti è stata condotta da bot, addestrati sull’apprendimento automatico e l’Intelligenza Artificiale, ma ancora troppo grezzi per un lavoro così variegato.

Secondo, la moderazione è stata anche appaltata a operatori esterni, in luoghi come le Filippine, assolutamente impreparati a valutare tweet su argomenti complessi come la miocardite o l’efficacia delle mascherine.

Terzo, i dirigenti più alti in grado di Twitter sceglievano gli input per i bot e decidevano personalmente, in modo soggettivo, nei casi più importanti e sulle sospensioni. E ovviamente, sul Covid il pregiudizio individuale e collettivo pendevano fortemente a favore dei “dogmi” dell’establishment.

Il caso Kulldorf

Il risultato è che contenuti non allineati ma pienamente legittimi sono stati etichettati come “disinformazione” e gli account di medici e altri sospesi sia per opinioni che per informazioni vere e dimostrabili.

Zweig cita il caso del dottor Martin Kulldorff, un epidemiologo della Harvard Medical School, ex membro Fda e CDC, la cui colpa è stata aver twittato opinioni in contrasto con le autorità sanitarie pubbliche Usa e con la sinistra americana, affiliazione politica di quasi tutto il personale di Twitter.

Le email interne mostrano una “intenzione di agire” da parte di un moderatore, con l’accusa che il tweet di Kulldorff avesse violato la policy della piattaforma sulla disinformazione Covid-19 e che avesse condiviso “informazioni false”.

Kulldorff riteneva inopportuna la vaccinazione di massa, in particolare di guariti e bambini, ma la sua era l’opinione di un esperto e perfettamente in linea con le politiche sui vaccini in numerosi altri Paesi. Eppure, è stata considerata “falsa informazione” dai moderatori di Twitter, semplicemente perché differiva dalle linee guida del CDC Usa.

Dopo l’intervento, il tweet di Kulldorff è stato etichettato come “fuorviante” e tutte le risposte e i likes sono stati bloccati, limitando la capacità del tweet di essere visualizzato e condiviso.

L’etichetta “fuorviante”

Nei documenti interni Zweig riferisce di aver trovato innumerevoli casi di tweet etichettati come “fuorvianti” o rimossi completamente, a volte provocando la sospensione dell’account, semplicemente perché deviavano dalle linee guida del CDC o differivano dalle opinioni dell’establishment.

Un tweet di @KelleyKga è stato contrassegnato come “fuorviante”, risposte e likes disabilitati, anche se mostrava semplicemente i dati ufficiali del CDC. Dai registri interni è emerso che a contrassegnare il tweet era stato un bot e che le molte segnalazioni ricevute dagli utenti avevano costretto Twitter alla revisione da parte di un operatore, che ciò nonostante aveva confermato l’etichetta “fuorviante”.

Paradossalmente, si trattava di una risposta ad un tweet che conteneva una vera e propria disinformazione – che dal dicembre 2021 il Covid fosse la principale causa di morte per malattia nei bambini – che pure restò sulla piattaforma e senza etichetta l’etichetta “fuorviante”.

La risposta di Twitter alla sua richiesta di chiarimenti? “Diamo la priorità alla revisione e all’etichettatura dei contenuti che potrebbero portare ad una maggiore esposizione o trasmissione”.

Da parte di esseri umani o di algoritmi, i contenuti non allineati alla narrazione ufficiale ma veri venivano comunque etichettati o soppressi, come nel caso di un tweet di @euzebiusz, un medico, che si riferiva ai risultati di uno studio pubblicato: “fuorviante”.

Il caso Bostom

Uno dei casi più clamorosi riportati da Zweig, è quello di Andrew Bostom, un medico del Rhode Island definitivamente sospeso da Twitter dopo numerose violazioni per “disinformazione”, tra cui una per un tweet che si riferiva ai risultati di uno studio peer reviewed sui vaccini a mRNA.

I file di registro di Twitter mostrano che da una verifica interna, condotta dopo che un legale di Bostom aveva contattato la società, emerse che solo una delle cinque violazioni era valida.

E l’unico tweet di Bostom che risultava aver violato la policy citava dati veri ma scomodi per la narrazione dell’establishment della sanità pubblica sui rischi dell’influenza rispetto al Covid nei bambini.

Il fatto che la violazione non sia stata riscontrata solo da un bot, ma sia stata confermata manualmente da un membro dello staff, è indicativo del pregiudizio sia degli algoritmi che umano. L’account di Bostom è stato sospeso per mesi e ripristinato solo il giorno di Natale.

L’ottimismo di Trump

Un altro esempio di pregiudizio umano andato fuori controllo è la reazione al famoso tweet di Trump in cui, uscito dal Walter Reed Medical Center, rassicurava gli americani consigliando loro di non lasciare che il Covid dominasse le loro vite.

In uno scambio surreale l’ormai noto Jim Baker, ex avvocato generale dell’FBI, all’epoca a capo del team legale di Twitter, suggeriva che anche il tweet “ottimistico” di Trump dovesse essere censurato, chiedendo retoricamente a Yoel Roth: “perché questo tweet del presidente non è una violazione della nostra policy Covid?”

“La Scienza”

Insomma, Twitter ha deciso, seguendo le inclinazioni politiche del suo staff e sotto le pressioni delle agenzie governative, che l’approccio delle autorità sanitarie pubbliche alla pandemia fosse “la Scienza”.

Le informazioni che contestavano tale punto di vista, come mostrare i danni dei vaccini, o che potevano essere anche solo percepite come una minimizzazione dei rischi del Covid, erano soggette a moderazione e persino a soppressione. Non importa se erano corrette e/o adottate all’estero.

Solo un antipasto, Elon Musk ha infatti annunciato l’arrivo di una ulteriore puntata della Covid Edition dei Twitter Files, con i nomi dei principali medici e ricercatori di Harvard, Stanford e altre istituzioni censurati.

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