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L'ANALISI

Buffett, un oracolo ma non un santo

Dai flop a Dexter a IBM a quello strano amore per le tasse, ecco perché non tutto ciò che dice è oro colato

Immagine generata da AI tramite DALL·E di OpenAI

Warren Buffett ha salutato il vertice di Berkshire Hathaway all’età di 94 anni. In un discorso di congedo che sembrava più una lectio magistralis, ha criticato senza giri di parole la politica dei dazi promossa da Donald Trump, invitando la Casa Bianca a non sabotare il libero commercio. “I dazi sono una tassa sulle merci”, ha detto, con la solita ironia pungente, “e no, la Fatina dei denti non lascia la mancia sotto il cuscino”.

Il monito era chiaro: attenzione a non offendere gli alleati e a non trasformare la prosperità in un gioco a somma zero. Ma se è vero che quando parla Buffett l’America finanziaria si tace, è altrettanto vero che, nel corso della sua carriera, anche lui ha commesso errori clamorosi.

E questo non andrebbe dimenticato.

Un curriculum stellare…

Warren Buffett è senza dubbio uno degli investitori più brillanti della storia. Il suo fiuto leggendario ha trasformato Berkshire Hathaway da un’agonizzante azienda tessile a un impero da oltre 1.000 miliardi di dollari. Tra le sue scommesse vincenti ci sono investimenti che definire storici è riduttivo:

  • Coca-Cola: un miliardo investito nel 1988, oggi vale oltre 27.
  • Apple: avventura iniziata nel 2016 con riluttanza, oggi il colosso guidato da Tim Cook è diventato la gallina dalle uova d’oro di Berkshire.
  • Bank of America: un colpo da maestro in piena crisi finanziaria, con 12 miliardi di profitto.
  • See’s Candy e American Express: lezioni di valore e pazienza.
  • National Indemnity: la chiave per generare il buffer di liquidità che ha finanziato tutto il resto.

Il successo è stato costruito anche grazie a una filosofia granitica: “Il nostro periodo di investimento preferito è per sempre” e “Il prezzo è quello che paghi, il valore è quello che ottieni”. Massime scolpite nel marmo di Wall Street.

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…ma anche Buffett ha preso sonore cantonate

Tuttavia, chi lo considera infallibile, ignora alcune sonore batoste finanziarie. A partire proprio da Berkshire Hathaway, l’azienda tessile che comprò per “ripicca” e che si rivelò il suo primo, gigantesco errore. Buffett stesso l’ha definita “il mio peggior investimento”.

E non è stato l’unico:

  • Dexter Shoe: pagata in azioni Berkshire, è fallita. Costo? Circa 3,5 miliardi attuali.
  • IBM: oltre 13 miliardi investiti nella speranza che il colosso tech cambiasse pelle. Non è successo.
  • Tesco: 444 milioni persi per non aver mollato in tempo.
  • Le compagnie aeree Usa: comprate nel 2016, rivendute nel 2020 durante la pandemia con 7-8 miliardi di perdita.

Errori di valutazione, lentezze nel vendere, settori troppo ciclici o troppo innovativi per la sua filosofia prudente. Anche l’oracolo di Omaha ha avuto le sue giornate no.

L’etica del miliardario (che può permetterselo)

Warren Buffett è una voce autorevole nel mondo degli investimenti. Ma come ogni voce, non è legge. Quando afferma che “gli Stati Uniti devono commerciare con il mondo” o lancia frecciate alla politica protezionista di Trump, lo fa con competenza e visione. Ma ricordiamoci che nemmeno lui ha sempre saputo leggere il futuro. La saggezza dell’Oracolo è un patrimonio, ma non è un dogma. È giusto ascoltarlo, citarlo, riflettere sulle sue frasi e sulle sue strategie. Ma è altrettanto utile ricordare che anche i migliori possono sbagliare. E Buffett, con la sua proverbiale onestà intellettuale, è sempre stato il primo ad ammetterlo.

Warren Buffett è anche uno dei pochissimi miliardari ad aver fatto autocritica sul sistema che lo ha reso ricco. Negli anni si è distinto per le sue posizioni pubbliche contro l’eccessiva concentrazione della ricchezza e per l’invito ai governi – soprattutto quello americano – ad aumentare le tasse sui più ricchi. Un paradosso solo apparente, se si considera che Buffett può permettersi di criticare il sistema proprio perché lo ha dominato: è talmente ricco da potersi permettere di dire che le tasse devono salire, che Trump è pericoloso, che il protezionismo è una sciocchezza.

Non è un caso che Barack Obama abbia proposto la “Buffett Rule”, una tassa minima per milionari, ispirata a un suo celebre intervento: “Io pago meno tasse della mia segretaria, e questo non ha senso”. E non è raro che leader progressisti americani ed europei – da Elizabeth Warren ai socialdemocratici europei – citino Buffett come esempio di capitalista illuminato.

Certo, chi lo critica nota come sia più facile parlare di giustizia sociale quando hai un portafoglio da centinaia di miliardi e puoi permetterti di donare il 99% in beneficenza, come ha promesso con il Giving Pledge. Ma resta il fatto che Buffett ha messo la faccia contro il populismo economico, contro le scorciatoie facili, e – anche senza mai nominarlo direttamente – contro il trumpismo. A modo suo, e con un certo sarcasmo da vecchio saggio del Midwest, si è permesso di dire che no, “la Fatina dei denti non lascia la mancia sotto il cuscino”, e che la prosperità non è un gioco a somma zero. Forse perché a lui, quella mancia, non è mai servita.

Enrico Foscarini, 5 maggio 2025