Esteri

Da Macron a Biden, sale la pressione su Israele: l’Occidente si sta sfilando

Macron chiede a Israele di fermarsi (ormai parla come un leader arabo), Biden cerca di blandire l’ala pro-Hamas del suo partito, la risposta di Netanyahu

Macron Bbc Il presidente francese Macron intervistato dalla Bbc

Macron che ormai parla come un leader arabo, l’amministrazione Biden preoccupata di lanciare biscottini all’ala pro-Hamas del Partito Democratico. Gli interessi politici di bottega stanno avendo la meglio sulla difesa della civiltà dalla barbarie del terrorismo islamico.

Dopo la solidarietà e le dichiarazioni di rito sul diritto di Israele all’autodifesa, l’Occidente si sta sfilando, come purtroppo avevamo anticipato su Atlantico Quotidiano (qui e qui). Sia per ignavia, perché la novità di questa guerra sono le piazze occidentali pro-Hamas, ancor più di quelle arabe, sia per mediocrità, per l’incapacità di correggere una politica mediorientale rivelatasi fallimentare e fonte di ulteriore destabilizzazione della regione.

Macron chiede a Israele di fermarsi

Dopo la conferenza umanitaria internazionale ospitata a Parigi, il tipico evento per surriscaldare il clima di pressione su Israele, le parole del presidente francese Emmanuel Macron ieri alla BBC non lasciano spazio a dubbi. Ha ovviamente ribadito la condanna dell’attacco terroristico del 7 ottobre e il diritto dello Stato ebraico all’autodifesa, ma ha esplicitamente chiesto a Israele di fermarsi. E fermarsi ora – il presidente francese non può non esserne consapevole – significa salvare Hamas. Macron vuole salvare Hamas.

Di fatto, vengono bombardati i civili. Questi bambini, queste donne, questi anziani vengono bombardati e uccisi. Non vi è alcuna ragione per questo e nessuna legittimità. Quindi esortiamo Israele a fermarsi.

Affermazioni di una gravità inaudita, non solo per la richiesta a Israele di fermarsi ora, quando l’operazione di terra è da poco iniziata e Hamas non è ancora stato sradicato da Gaza, ma anche perché negano la legittimità stessa della risposta israeliana, sposando la narrazione dei nemici di Israele – dalle organizzazioni palestinesi a Teheran e Ankara – e ignorano persino che nelle mani di Hamas ci sono ancora oltre 200 ostaggi. Cessate-il-fuoco in cambio di cosa?

Il riferimento a bambini, donne, anziani bombardati, suggerendo che quelli israeliani siano bombardamenti indiscriminati, come se non sapesse che vittime civili sono inevitabili in un contesto in cui Hamas li usa come scudi umani, è un moltiplicatore di forza della disumana strategia dei tagliagole e dei suoi mandanti.

La risposta di Netanyahu

Al presidente francese ha risposto nella tarda serata il premier israeliano Benjamin Netanyahu: “La responsabilità di qualsiasi danno ai civili ricade su Hamas-ISIS e non su Israele. Mentre Israele fa tutto ciò che è in suo potere per evitare di nuocere ai civili e li esorta a lasciare le aree di combattimento, Hamas-ISIS sta facendo tutto il possibile per impedire loro di spostarsi in aree sicure e li usa come scudi umani“. E ha ricordato che tiene ancora in ostaggio oltre 200 israeliani e che “utilizza scuole, moschee e ospedali come centri di comando”.

“I crimini commessi oggi da Hamas-ISIS a Gaza – avverte Netanyahu – verranno commessi domani a Parigi, a New York e in tutto il mondo. I leader del mondo dovrebbero condannare Hamas-ISIS, non Israele”.

Le piazze pro-Hamas

Ma è chiaro che Macron è sempre più sotto schiaffo delle piazze francesi pro-Hamas. Difficile non vedere come i milioni di musulmani in Francia, gran parte dei quali non integrati, ma integralisti, stiano già condizionando le parole e le politiche dell’Eliseo. Siamo già Eurabia. I nostri leader sono intimoriti come lo sono i leader arabi, costretti a mantenere la loro retorica anti-israeliana per compiacere le loro piazze.

Tra parentesi, nella stessa intervista alla BBC, Macron torna alle sue posizioni iniziali sulla guerra in Ucraina, si dice convinto che ci sarà un accordo con Mosca e che potrebbe arrivare il momento di “avere negoziati equi e buoni, e di tornare al tavolo e trovare una soluzione con la Russia“.

Le critiche di Blinken

Da Washington non è ancora arrivata una richiesta di cessate-il-fuoco, l’amministrazione Biden è ferma alle “pause umanitarie” che ormai Israele sta garantendo da giorni, ma ieri il segretario di Stato Usa Antony Blinken ha espresso la sua critica più diretta alla campagna militare israeliana contro Hamas: “Troppi palestinesi sono stati uccisi, troppi hanno sofferto nelle ultime settimane”, ha detto ai giornalisti a Nuova Delhi.

“C’è bisogno di fare molto di più in termini sia di protezione dei civili che di fornitura di assistenza umanitaria”, ha aggiunto Blinken, “e vogliamo fare tutto il possibile per prevenire loro danni e massimizzare l’assistenza che arriva loro”. Insomma, si è fermato ad un solo passo dal chiedere anche lui a Israele di fermarsi.

I limiti del sostegno Usa

Dichiarazioni che evidenziano come l’amministrazione Biden sia sempre più impegnata a esercitare pressioni su Israele. Da un lato, nel tentativo disperato di salvaguardare la sua politica di riallineamento con Teheran e far rientrare in gioco la soluzione a due Stati, dall’altro consapevole di pagare caro, in termini di consenso in vista delle presidenziali 2024, il sostegno a Israele, essendo ormai il Partito Democratico ostaggio della sinistra radicale anti-israeliana e filo-islamista.

Ovviamente gli Stati Uniti forniscono e continueranno a fornire a Israele gli armamenti di cui ha bisogno e gli assetti militari necessari a dissuadere altri attori, statuali e non, da una escalation, come i due gruppi navali di attacco già schierati nel Mediterraneo orientale e nel Golfo Persico.

Ma ciò non significa che il sostegno a Israele sia pieno e convinto. Sembrano maggiori gli sforzi Usa per legare le mani a Israele di quelli per assicurare la distruzione di Hamas e punire i suoi mandanti a Teheran, nei cui confronti non è stata adottata nemmeno una sanzione.

Vedremo se anche l’amministrazione Biden tra breve si assocerà alla richiesta di un cessate-il-fuoco, così venendo meno all’obiettivo primario della campagna israeliana, ovvero la distruzione di Hamas.

Divergenze sul dopo-Hamas

Nel frattempo, stanno sempre più emergendo anche le divergenze tra Usa e Israele anche sul dopo-Hamas. Da una parte l’ambiguità di Netanyahu, che a Fox News dice “non cerchiamo di occupare Gaza, non cerchiamo di governare Gaza”, mentre a casa assicura che “l’esercito continuerà a mantenere il controllo su Gaza anche dopo la guerra, non ci affideremo a forze internazionali”; dall’altra il Team Biden che si prepara a sostituire il regno di Hamas a Gaza con la screditatissima, debole e corrotta ANP, cercando di far rientrare dalla finestra la mitica “soluzione a due Stati”, ad oggi irrealistica.

Attacco all’Onu

Intanto, si è consumato al Consiglio di Sicurezza Onu un altro scontro, con l’ambasciatore israeliano al Palazzo di Vetro, Gilad Erdan, che ha di nuovo attaccato le Nazioni Unite, definite “un altro complice”. “L’OMS, UNRWA, e tristemente anche il segretario generale Guterres, non riportano la situazione sul terreno”. “Molti operatori UNRWA a Gaza – ha aggiunto – sono essi stessi membri di Hamas, è giunto il momento di sfatare il mito dei fatti forniti dall’Onu”. Qui un nostro approfondimento sul tema.

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