Esteri

Lo schema di FdI per un centrodestra europeo. AfD e Le Pen? Non sono pronti

Carlo Fidanza (FdI): “ancora non ragionano in una logica di coalizione”. Partire da PPE-ECR e allargare a destra e al centro. Battaglie su green, immigrazione e valori

Carlo Fidanza interviene al Parlamento europeo Carlo Fidanza (ECR) interviene al Parlamento europeo

La crisi della maggioranza Ursula in questi ultimi scorci di legislatura a Strasburgo apre le porte alla nascita di una nuova maggioranza politica in Europa e rafforza le prospettive di un centrodestra europeo. Ma quali condizioni si dovranno verificare? Ne abbiamo parlato con Carlo Fidanza, esponente storico di Fratelli d’Italia ed europarlamentare del gruppo ECR.

Maggioranza Ursula in crisi

TOMMASO ALESSANDRO DE FILIPPO: Per l’ECR quali sono i punti imprescindibili per creare una coalizione di centrodestra nel prossimo Parlamento europeo?

CARLO FIDANZA: La maggioranza Ursula è andata in crisi perché le posizioni degli elettori di centrodestra, che il Ppe avrebbe dovuto rappresentare, sono state a lungo schiacciate dall’agenda dettata dalle sinistre. Basti pensare a temi fondamentali come immigrazione e transizione ecologica sui quali, fino a poche settimane fa, soltanto noi Conservatori e il gruppo Identità e Democrazia (ID) avevamo tenuto la barra dritta.

Su questi temi si sono già create maggioranze più ampie comprendenti quasi tutto il Ppe e anche un bel pezzo del gruppo liberale Renew. È su questo schema che dovremo continuare a lavorare per portare il centrodestra al governo in Europa, proprio come Giorgia Meloni ha fatto in Italia.

AfD e Le Pen? Non sono pronti

TADF: Come vi rapporterete col gruppo ID? Ritiene che alcuni partiti (su tutti AfD e il Rassemblement National di Le Pen) debbano modificare la propria linea sui rapporti con la Russia e l’Unione europea, per entrare in una eventuale nuova maggioranza?

CF: Quando guardo a casa d’altri lo faccio sempre con rispetto e senza la pretesa di distribuire patenti o insegnare agli altri cosa devono pensare. Approcciarsi a partiti del 25 o 30 per cento pensando che chi li vota sia un pericoloso estremista indegno di essere rappresentato è infondato, culturalmente razzista e persino controproducente per chi a sinistra (ma anche al centro) abitualmente lo fa.

Quindi sto alla politica: AfD è un partito con forti venature anti-sistema e una ambiguità irrisolta sulle simpatie filo-russe. RN ha iniziato un percorso in vista delle prossime presidenziali. Per ragioni diverse e in modi diversi nessuno dei due ragiona in una logica di coalizione e rifuggono il concetto stesso di centrodestra. Tutto diverso è il caso della Lega, che è un partito di governo e partner fondamentale del centrodestra italiano. Per noi la Lega è ovviamente parte di questo percorso.

TADF: Data l’impossibilità numerica di governare con una maggioranza composta solo da PPE ed ECR, valutereste l’entrata in una coalizione più ampia, comprendente pure Verdi e Socialisti?

CF: ECR è in forte crescita, anche il PPE è in grande recupero. Decidere il risultato delle elezioni prima che i cittadini votino è sempre sbagliato e di solito non porta bene. La nostra priorità è raggiungere il miglior risultato possibile per i Conservatori, verificare il dato del Ppe, capire quanti seggi mancano a un’ipotetica maggioranza alternativa alla sinistra e poi decidere a chi allargare.

Se dipendesse da me allargherei sia verso destra, ovvero alla Lega e ad una parte di ID, sia verso il centro, ovvero ad una parte dei liberali che già negli ultimi mesi ha votato con noi su alcuni temi. In ogni caso, per noi un’alleanza stabile con la sinistra non è pensabile, tradirebbe le ragioni stesse che ci portarono a fondare FdI nel 2012.

Green, immigrazione, valori

TADF: Quali saranno i punti cardine della campagna elettorale di Fratelli d’Italia in vista delle elezioni europee?

CF: Green e immigrazione saranno inevitabilmente i due temi più caldi. Da un lato realizzare una transizione ecologica sostenibile per cittadini e imprese, fermando i deliri ultra-green di Timmermans e compagni, riducendo la dipendenza dalla Cina anziché aumentarla drammaticamente per le nostre scelte autoreferenziali.

Dall’altro, continuare a lavorare sul “modello Tunisi” e sul piano Mattei del governo Meloni, per realizzare un nuovo partenariato con i Paesi africani, offrendo opportunità di sviluppo in cambio di una lotta senza quartiere alla tratta di esseri umani.

Non voglio però dimenticare le questioni valoriali: tutto ciò che ci definisce è sotto attacco, a partire dalla famiglia naturale fino alla nostra stessa identità culturale. L’ideologia gender da un lato e la Cancel Culture dall’altro, entrambi pilastri della subcultura woke, sono due dei peggiori prodotti di importazione che da Oltreoceano stanno invadendo l’Europa.

Meloni a Washington

TADF: A proposito di Stati Uniti, come giudica la missione di Giorgia Meloni a Washington? La sintonia con Biden può incrinare i rapporti con i Repubblicani?

CF: Il viaggio è stato un grande successo, non solo perché ha sfatato definitivamente la narrazione sull’Italia che si sarebbe isolata a livello internazionale se avesse governato Meloni. A questo non crede più nessuno già da mesi, grazie al grande protagonismo del nostro premier in tutti i consessi internazionali.

È stato un successo perché ha rafforzato il ruolo dell’Italia come partner affidabile per presidiare il fianco sud della Nato, quello rivolto verso l’Africa dove si combatte una sorta di conflitto geopolitico a basse frequenze con Russia e Cina. E anche perché la strada verso il derisking con la Cina e l’abbandono non traumatico della Via della Seta cinese deve essere accompagnata da un rilancio delle relazioni commerciali transatlantiche e verso i Paesi like-minded.

Quanto alle dinamiche interne alla politica Usa, la bella intervista di Giorgia Meloni al canale conservatore Fox News e l’incontro con lo speaker repubblicano della Camera Kevin McCarthy rappresentano la volontà di mantenere solidi rapporti con i Repubblicani. Ovviamente i due piani, quello istituzionale e quello politico-partitico, sono e devono rimanere distinti.

Sostegno all’Ucraina

TADF: L’Ue riuscirà a restare compatta sul sostegno militare e diplomatico all’Ucraina a lungo termine, in sintonia con gli alleati britannici e statunitensi?

CF: Credo di sì. L’Ue ha interesse ad una pace giusta nel più breve tempo possibile e non può esistere pace giusta senza il consenso degli aggrediti. Sostenere l’Ucraina vuol dire difendere la Polonia, gli Stati baltici e in generale l’intera Europa: un elemento che spesso si tende a dimenticare.

Questo comporta la necessità anche da parte di Kiev di comprendere l’altissimo costo, materiale e politico, che le nazioni Ue stanno affrontando per sostenerli. E la necessità di evitare qualsiasi atteggiamento sopra le righe, che possa incrinare il sostegno poderoso che l’Europa ha garantito fino ad oggi all’Ucraina.

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