Appena ha pronunciato il giuramento ed è stato inaugurato come il 47° presidente degli Stati Uniti, il sito della Casa Bianca ha cambiato volto, con un nuovo motto magari un filino troppo esplicito: America is back. A parte i soliti analisti prezzolati che negheranno sempre e comunque anche le cose più evidenti, il segnale che Donald J. Trump ha voluto mandare al mondo è stato chiaro come il sole: siamo tornati e non abbiamo più voglia di scherzare.
Mezz’ora e spiccioli dopo, quando ha lasciato il podio, si è aperta forse non l’età dell’oro annunciata ma sicuramente un nuovo capitolo nella storia del pianeta. L’America che Trump ha descritto è molto diversa da quella col cappello in mano dell’era Obama-Biden: è una superpotenza che si è stancata di autoflagellarsi ed è determinata a riaffermare i propri interessi nazionali senza guardare in faccia a nessuno.
Le reazioni scomposte della sinistra mondiale sono prova provata di quanto questa nuova America ambiziosa e sicura dei propri mezzi faccia paura alla mafia globalista. Il discorso di Trump è stato storico anche perché, invece di tracciare le linee guida dell’amministrazione come al solito, è sceso nei dettagli, sparando spesso ad alzo zero contro i nemici, interni ed esterni, degli Stati Uniti.
Per chi non ha seguito in diretta il discorso e per fare chiarezza rispetto alla fin troppo prevedibile disinformazione dei giornaloni, vediamo quindi nel dettaglio cosa ha esattamente detto Trump e perché questo discorso potrebbe davvero passare alla storia.
“L’età dell’oro dell’America inizia ora”
Si è capito fin dalle prime battute che non si sarebbe trattato del solito discorso pacato, istituzionale, di quelli che fanno addormentare dopo cinque battute. Il team di script writers che Trump ha alle spalle deve aver passato parecchio tempo a pesare ogni singola parola, per aumentarne ad arte l’impatto.
La trascrizione del discorso che ha fatto, immagino obtorto collo, il New York Times la trovate a questo link (qui la traduzione) e vi consiglio di leggerlo attentamente. Il presidente ha scelto di parlare subito, quando era sicuro che mezzo mondo lo stava ascoltando, per mettere subito in chiaro le cose.
Il fatto che si parli subito di una “età dell’oro” non potrebbe stridere in maniera più dissonante con la retorica di Obama-Biden, tutta all’insegna del mantra America bad e, soprattutto, America last.
Gli Stati Uniti fioriranno e saranno di nuovo rispettati in tutto il mondo. Non permetteremo che altri si avvantaggino a nostre spese. Ogni giorno nella mia amministrazione metterò sempre l’America prima di ogni altra cosa.
“Il giorno della Liberazione”
Trump parla poi di come “un’ondata di cambiamento sta spazzando il paese, la luce del sole sta tornando in tutto il mondo e l’America deve approfittare di questa opportunità”. Le sfide che ha di fronte sono enormi, la gente non si fida di un governo che ha lasciato da sole le vittime delle catastrofi in North Carolina e Los Angeles, che non protegge i confini nazionali o gli stessi cittadini americani.
Il sistema sanitario è il più caro al mondo ma non è in grado di rispondere mentre le scuole educano i bambini ad odiare il proprio paese: questo cambierà e lo farà molto in fretta. Trump dice di avere un mandato chiaro per ribaltare il “tradimento dell’establishment e ridare al popolo la fede nel governo, la propria ricchezza, la democrazia e la libertà. Da questo momento il declino dell’America è finito. Renderemo di nuovo competente e leale il governo americano”.
Trump ha sempre usato con parsimonia immagini religiose ma stavolta non ha problemi a dire che “Dio ha salvato la mia vita per una ragione: perché rendessi l’America di nuovo grande”. Per questo il 20 gennaio 2025 sarà per i cittadini americani il “giorno della Liberazione”.
Visto che si è trattato di un discorso molto denso, impossibile passarlo al setaccio ed esaminare con l’attenzione che merita ognuna delle parole dette ma è chiaro come Trump si rifaccia alla retorica reaganiana del Morning in America, spingendo forte sulle corde del cosiddetto “eccezionalismo americano”, il fatto che gli Stati Uniti siano una nazione diversa dalle altre fin dal primo momento, visto che sono nate attorno ad un’ideologia libertaria.
Visto che il 20 gennaio si celebra il Martin Luther King Day, ovvio che Trump prometta di “trasformare il suo sogno in realtà”, parlando di come la sua amministrazione non dimenticherà la sua Costituzione ed il suo Dio – un’altra citazione spirituale, davvero inconsueta per Trump.
Addio Green Deal
Il presidente, però, passa subito alle cose pratiche, descrivendo come gli ordini che firmerà già il primo giorno bloccheranno da subito “l’invasione” al confine, usando anche le forze armate, espellendo milioni di criminal aliens dal paese e classificando da subito i cartelli messicani della droga e le gang straniere che imperversano nelle città americane come organizzazioni terroristiche che saranno annichilite al più presto.
Il secondo messaggio è lanciato alla mafia green e non potrebbe essere più netto: Trump dichiarerà un’emergenza nazionale energetica, dando il via libera all’estrazione di petrolio e gas per riportare le imprese manifatturiere in America. L’abbassamento dei prezzi dell’energia trascinerà in basso l’inflazione ma allo stesso tempo colpirà il portafoglio di nemici strategici come Russia ed Iran: Trump non lo dice ma il messaggio è evidente.
La bordata contro i globalisti arriva subito dopo: “cancelleremo il Green New Deal e l’obbligo di vendere auto elettrice. Sarete di nuovo liberi di comprare le auto che volete voi”. Chi ha esportato posti di lavoro americani o fa soldi importando merci a basso prezzo dalla Cina dovrà vedersela con una nuova agenzia, l’External Revenue Service, parallelo della temutissima IRS, che avrà il compito di raccogliere tariffe, dazi dagli importatori.
Il partito della spesa pubblica se la dovrà vedere con il Department of Government Efficiency mentre il cosiddetto censorship industrial complex sarà spazzato via, visto che tutta la censura di stato, diretta o indiretta, finirà da subito. A parecchi a Bruxelles saranno sicuramente fischiate le orecchie…
Pace attraverso la forza
Il discorso sembra fatto apposta per scatenare l’entusiasmo del popolo America First, che infatti è scatenato sui social media, ma Trump ne ha ancora per tutti. Chi vuole usare la razza e il genere come grimaldello per esperimenti sociali se lo tolga dalla mente:
Forgeremo una società che è basata solo sul merito e non farà caso al colore della pelle. Da oggi la politica ufficiale del governo Usa stabilisce che esistono solo due generi: maschile e femminile.
Il woke mind virus nelle forze armate? Roba del passato: da oggi si penserà solo a sconfiggere i nemici dell’America. La frase successiva farà sicuramente sollevare qualche sopracciglio a chi ricorda fin troppo bene la Guerra Fredda come il sottoscritto:
Misureremo il successo delle forze armate non solo dalle battaglie che vinciamo ma anche dalle guerre cui porremo fine e ancora di più dalle guerre nelle quali non saremo coinvolti.
Trump vuol essere un peacemaker ma non è sicuramente un pacifinto come quelli che piacciono a sinistra: per lui la pace arriva solo attraverso la forza. Se l’uscita sul Golfo d’America ha fatto ridere Hillary Clinton, l’ex segretario di stato non ha riso quando Trump ha lanciato l’affondo su Panama:
La Cina sta operando il canale di Panama. Non l’abbiamo restituito alla Cina ma a Panama. Ecco perché ce lo riprenderemo.
Mentre qualcuno si immagina la ripetizione della crisi dei missili a Cuba nell’istmo, il presidente lancia forse la dichiarazione più controversa di tutte: “Gli Stati Uniti penseranno ancora a sé stessi come una nazione in crescita, che espande il proprio territorio e porta la nostra bandiera verso nuovi, eccitanti orizzonti. Inseguiremo il nostro manifest destiny tra le stelle, portando la bandiera a stelle e strisce su Marte” – parole salutata con entusiasmo irrituale dal consigliere numero uno Elon Musk.
“L’impossibile è la cosa che ci riesce meglio”
Trump è un fiume in piena e arriva a vette di quello che, alla fine del XIX secolo, si definiva jingoism, sciovinismo imperialista puro e semplice.
L’ambizione è lo spirito vitale di ogni grande nazione. Siamo un popolo di esploratori, innovatori e pionieri, lo spirito della frontiera è in ognuno di noi. Se lavoriamo insieme non c’è nessun sogno che non possiamo raggiungere. C’era chi diceva che sarebbe stato impossibile per me tornare alla Casa Bianca ma eccomi qui a provare che tutto è possibile. Come americani, l’impossibile è la cosa che ci riesce meglio.
Se alle orecchie di noi europei questa retorica può sembrare irrituale, eccessiva, in America ha un effetto ben diverso. Gli Stati Uniti sono stanchi di sentirsi in colpa per tutti i mali del mondo ed hanno voglia di tornare agli anni ‘80, quando erano la shining city on the hill, ultimo bastione di libertà contro l’Impero del Male sovietico.
A portare Trump alla Casa Bianca sono stati i membri della Generazione X, figli degli anni ‘70 cresciuti con le stelle polari di Ronald Reagan e Margaret Thatcher. Il messaggio di Trump sembra fatto apposta per farli tornare a sognare:
Negli ultimi anni il nostro paese ha sofferto tantissimo ma lo ricostruiremo, facendolo tornare più grande che mai. Saremo una nazione senza pari, piena di compassione, coraggio ed eccezionalismo. La nostra forza porrà fine alle guerre e farà spirare un vento di unità su un mondo che è diventato cattivo, violento e completamente imprevedibile.
Il finale è poi un crescendo rossiniano:
Saremo ricchi, forti, vinceremo come mai prima. Non saremo conquistati, non saremo intimiditi, non ci romperanno e non falliremo. Da oggi gli Stati Uniti d’America saranno una nazione libera, sovrana e indipendente. Staremo in piedi con coraggio, vivremo con orgoglio, sogneremo in grande e niente ci potrà fermare perché siamo americani. Il futuro è nostro e la nostra età dell’oro è appena iniziata.
Se non sentite echi del Gipper in queste parole, fatevi vedere da uno bravo perché i paralleli sono più che evidenti.
Il nemico numero uno: la Cina
Visto che, come mio solito, non sono riuscito a contenermi dallo scrivere un’altra lenzuolata, limiterò al minimo sindacale le considerazioni a caldo. Francamente nessuno al di fuori del cerchio magico di The Donald si aspettava un discorso così bombastico e senza mezze misure. Dopo aver fornito per mesi indicazioni di massima sulla direzione della propria amministrazione, lanciare così tanti messaggi molto concreti è stata una sorpresa un po’ per tutti.
La cosa forse più sorprendente è che Trump abbia voluto ripetere la sparata sul Golfo d’America e sbilanciarsi in maniera nettissima su quel che vuole fare a Panama, ovvero riprendersi il canale. Se i soliti analisti prezzolati si stanno già scapicollando per dire che ha diffuso informazioni false, entrambi i porti che controllano l’accesso al canale sono gestiti da ditte cinesi legate a triplo filo al Partito Comunista.
Il trattato firmato a suo tempo con Panama per la gestione del canale concede agli Stati Uniti il diritto di intervenire militarmente nel caso che il canale cada sotto il controllo di una potenza ostile, il che apre le porte ad ogni genere di soluzione.
Chiunque sa cosa voglia dire storicamente l’espressione Manifest Destiny avrà rabbrividito come il sottoscritto quando l’ha sentita: a suo tempo i governi Usa l’usarono prima per arrivare fino al Pacifico, poi per assumere il controllo di Cuba e delle Filippine dalla Spagna. Come diceva Mark Twain, la storia non si ripete ma spesso fa rima, il che dovrebbe preoccupare non poco i rivali strategici degli Stati Uniti.
Europa marginalizzata
Senza voler leggere troppo tra le righe, il fatto che non si faccia riferimento né alla questione israeliana, a parte l’accenno agli ostaggi liberati, né a quella ucraina è un segnale significativo. Per gli Usa i nemici dichiarati sono due: la Cina comunista e l’internazionale globalista, con le sue follie green e l’ossessione per la censura.
Le questioni di una penisola vasta, ricca ma che deve ancora rendersi conto di non essere più il centro del mondo sono secondarie, quasi irrilevanti. Il segnale lanciato nei confronti di Bruxelles, Berlino, Londra e Parigi è chiarissimo, come il fatto che solo Giorgia Meloni fosse presente all’inaugurazione.
Nei prossimi giorni Trump ha annunciato circa 200 executive orders, record assoluto, nei quali affronterà una serie di questioni più o meno spinose alle quali dedicheremo un approfondimento a parte. Una cosa è certa: il secondo mandato di Trump è partito col botto ed ha posto l’asticella estremamente in alto. Se solo riuscisse a portare a termine il 20 per cento di quel che ha promesso oggi, passerebbe alla storia.