Politica

Da Draghi una provocazione: la solita questua, il solito Nein

Draghi s’offre: vorrebbe farsi nominare presidente della Commissione? Forse. Il “partito francese” lo spinge, ma perché Berlino dovrebbe accettare?

Mario Draghi

L’ultimo discorso di Sua Competenza aggiunge nulla di nuovo. Rispetto ai precedenti, che avevamo commentato. L’unica novità è che – mentre i precedenti erano stati pronunciati in un contesto anglosassone – stavolta egli si è rivolto ad un pubblico leuropeo: ciò che ha messo in risalto una reale dissintonia.

Uno strapuntino

Tanto per cominciare, la sede era una fantomatica Conferenza ad alto livello sul pilastro europeo dei diritti sociali, riunita per firmare una altrettanto fantomatica Dichiarazione di La Hulpe sul futuro del pilastro europeo dei diritti sociali: non proprio il forte di Sua Competenza, l’affamatore di bambini greci. Inoltre, al nostro è stato riservato un piccolo quarto d’ora – dalle 12:00h alle 12:15h – di una conferenza pur durata due intere giornate. Subito prima del buffet, come si fa con gli intrattenitori.

Un piccolo quarto d’ora, circondato da una serie di figure minori (la ministra della famiglia polacca, il vice-primo ministro belga), o non necessariamente simpatetiche (la Yolanda Díaz Pérez amica di Hamas, il candidato socialista alla presidenza della Commissione Nicolas Schmit). Ciò mentre, nel contesto anglosassone, gli viene sempre dedicato un posto d’onore, se non addirittura un premio.

Fuori contesto

Il discorso stesso accenna alle parti sociali presenti alla manifestazione, quasi casualmente: verso la fine, al paragrafo “garantire la fornitura di risorse e input essenziali”. Lì dove – letteralmente – egli proclama urgente procurarsi minerali critici e lavoratori specializzati. Toni che neanche Maria Antonietta.

Nel merito, “adattare il nostro mercato del lavoro all’era digitale e dare maggiore potere [nel senso di istruzione tecnica] ai nostri lavoratori”. La solita solfa che, ormai, annoierà pure lui.

Manifestamente, alla conferenza Sua Competenza ci stava come il cavolo a merenda. D’altronde, il suo interesse è rivolto a questioni ben diverse.

Il solito mercato unico

Anzitutto, il completamento del mercato interno. E qui una serie di consigli: “razionalizzare e armonizzare le normative sulle telecomunicazioni tra gli Stati membri”; “standardizzare i dati” dei malati e trasferirli a “l’Intelligenza Artificiale”; “rivedere l’attuale regolamentazione prudenziale sui prestiti bancari”, per renderla meno stringente (incurante che quella attuale è come l’avesse scritta lui).

Nessun esercito leuropeo

Tutta roba piuttosto scontata, inclusa una precisazione in materia militare: “intensificare gli appalti congiunti, aumentare il coordinamento della nostra spesa e l’interoperabilità delle nostre attrezzature”. Laddove si deduce l’ovvio, ovvero che egli voglia solo avere eserciti nazionali “adeguati” … e non certo un esercito leuropeo, delirio retorico di chi vuol male alla Nato e bene a Vladimir Putin.

La solita colletta

Dopodiché, egli si pone il problema dei finanziamenti. Nei discorsi precedenti già aveva spiegato che quelli nazionali non bastano e qui ripete che “ci sono investimenti da cui tutti beneficiamo, ma che nessun Paese può portare a termine da solo”.

Per cui, devono pagare i privati: la solita solfa della CMU-Capital Markets Unionche vi sia, ciascun lo dice, dove sia, nessun lo sa. Tanto che il nostro, in materia, si spinge a proporre una cooperazione rafforzata.

Soprattutto, deve pagare Leuropa: “utilizzare meglio la capacità di prestito congiunta dell’Ue”. Specificherà, poi, che “non possiamo permetterci il lusso di ritardare le risposte a tutte queste importanti domande fino alla prossima modifica del Trattato”. Quindi, a trattati vigenti, ciò che sta a proporre è una ripetizione del SURE o, tuttalpiù, del NextGenEU. Al solito.

Il solito NEIN

Immaginabile la reazione dei tedeschi: il solito NEIN grosso come una casa. In faccia al nostro pronunciato, stavolta, dall’austriaco Markus Beyrer, il quale ha parlato di “rispettare le competenze degli Stati membri” e di “principio di sussidiarietà”. Peraltro, al contempo accusando di eccessivo dettaglio e normativismo la citata Dichiarazione oggetto della manifestazione, la quale pure insisteva sul “dovuto rispetto delle rispettive competenze” degli Stati, nonché sui “principi di sussidiarietà e proporzionalità”.

Figurarsi quel che ne possa pensare la destra politica tedesca: quella che vincerà a mani basse le prossime elezioni europee. Rendendo definitivamente impossibile al cancelliere Scholz – ammesso e non concesso che egli sopravviva in carica – sostenere il programma di Draghi. Figurarsi consentirne la nomina, con un programma simile, a presidente della Commissione europea. Tutto molto ovvio e prevedibile.

Niente austerità

Tanto ovvio e prevedibile che, da Draghi, ci si aspetterebbe abbia pensato ad una qualche compensazione per i tedeschi. Ed egli, in effetti, accenna ad “un nuovo strumento strategico per il coordinamento delle politiche economiche”. Ciò che venne fatto – ai tempi suoi e su sua proposta – col dannato Fiscal Compact, tanto caro a Berlino.

Ma, stavolta, la proposta è molto meno allettante. Così Draghi: “in Europa dopo la crisi del debito sovrano … abbiamo perseguito una strategia deliberata volta a ridurre i costi salariali gli uni rispetto agli altri e, combinando ciò con una politica fiscale pro-ciclica, l’effetto netto è stato solo quello di indebolire la nostra domanda interna”.

Tradotto, stavolta niente Cura Monti … e ciò spiega il disperato appoggio francese, sinceramente espresso dall’organo ufficiale del Partito francese in Italia. Ma, stavolta, davvero non si capisce perché mai Berlino dovrebbe accettare.

Una provocazione

Quindi? Quindi, con Lue non riusciremo a “ripristinare la nostra competitività”. Questo è il succo del discorso di Draghi. E la sua proposta non è una proposta, bensì una provocazione, fatta per farsi dire apertamente di no.

Se poi egli accetterebbe di farsi nominare presidente di una Commissione liquidatrice, per fare il contrario di ciò che predica, lo dubitiamo ma non possiamo sapere. Già lo avevamo scritto: “Sua Competenza non è più europeista, ma atlantico. Ormai sicuramente. Con tutto ciò che ne consegue, pure in termini di future sue cariche istituzionali”.

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