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Il liberalismo è scomparso dai programmi dei partiti: quattro prove

Tutti assuefatti alle logiche stataliste e redistributive: nessuno si oppone a Pnrr e Green Deal, esempi di pianificazione “sovietica”. Assurdo cercare coperture per tagliare le tasse

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Volete una prova tangibile che il liberalismo è scomparso (sempre che ci sia mai stato)? Leggete i programmi dei partiti e sentite i dibattiti fra i loro candidati, a tutti i livelli. E poi annotatevi gli argomenti che mancano.

Il Pnrr

Giusto l’esempio più eclatante: nessuno mette in discussione il Pnrr. Semmai i politici fanno a gara a comunicare ai loro elettori potenziali che sono gli unici che lo possono ottenere, gli unici che lo saprebbero spendere meglio e più in fretta. Ma nessuno guarda in faccia gli elettori e dice loro, francamente: “signori, abbiamo finito e soldi ed ora ci basiamo sui soldi di altri contribuenti europei. E questo è un male, non deve continuare”.

Eh già. Perché, si tratta sempre e comunque di soldi del contribuente che verranno impiegati per aumentare la spesa pubblica degli Stati europei. Il grosso del Pnrr è in prestito e andrà ad aumentare il nostro già immenso debito pubblico (155 per cento del Pil) che qualcuno, prima o poi, dovrà anche pagare. A meno che non si creda che sparisca per magia.

Il Pnrr può essere visto come un’eccezione, dovuta alla pandemia, dunque ad una catastrofe naturale di cui nessuno ha colpa. Ma la catastrofe naturale, in sé, non aumenta il debito pubblico. È semmai la sua gestione a creare il danno economico.

Siccome la pandemia è stata affrontata con politiche socialiste, cioè tutti a casa, fermare la produzione, pagare bonus a tutti e per tutto e stampare moneta come non ci fosse un domani, ora ci ritroviamo con più debiti e più inflazione.

Fra l’altro, proprio l’inflazione, a livelli record, la più alta degli ultimi 40 anni, si è “mangiata” gran parte del Pnrr prima ancora che arrivasse. Però, in queste circostanze, anche i più responsabili sostenitori dell’agenda Draghi si limitano a chiedere di ottenere più aiuti europei, per poi spartirli con le solite logiche stataliste e redistributive.

Ci condannano, in questo modo, allo stato di animali dipendenti dalle crocchette del padrone. Nessuno ammette gli errori economici commessi durante la pandemia, tanto meno nessuno, dopo i suddetti errori e le loro catastrofiche conseguenze, osa dire agli italiani che, più che attendere gli aiuti europei, devono rimboccarsi le maniche e tornare a produrre più di prima. Levando semmai imposte e lacci regolamentari che imbrigliano la produzione, invece che elargire sempre nuovi aiuti di Stato.

Il Green Deal Ue

L’altro tabù che dimostra come il liberalismo sia sparito dal dibattito è quello del Green Deal europeo. Chi lo tocca muore, accusato di essere contro la scienza e addirittura per la fine del pianeta. Fermo restando che non intendiamo entrare nel merito del riscaldamento globale, il Green Deal è veramente privo di alternative?

Di cosa si tratta, prima di tutto? Di economia pianificata, come ai tempi dell’Urss. Si tratta di pianificare un settore immenso, tutto ciò che riguarda le emissioni di CO2, potenzialmente tutta l’industria e tutta l’agricoltura, più i trasporti.

E si tratta di una forma di pianificazione ancor più ambiziosa, dunque irrealistica, di quella sovietica. Mentre quest’ultima si limitava a voler raggiungere delle quote prefissate di produzione, il Green Deal pretende di conseguire l’obiettivo indiretto di contenere l’aumento di temperatura.

A prescindere dalla produzione, si impone a tutto ciò che emette gas serra una regolamentazione potenzialmente letale, a cui solo le aziende più ricche, flessibili e intraprendenti (o politicamente protette) potrebbero far fronte.

Nessun liberale ha più nulla da dire sui limiti della pianificazione statale? Nessuno propone strategie alternative, magari basandosi sulla libera ricerca scientifica e sui progressi prodotti spontaneamente dalla competizione fra nuove tecnologie? No, ci si divide solo fra chi vuol “salvare il mondo” e “irresponsabili” che ci vorrebbero estinti. Il liberalismo, anche qui, magicamente scompare.

Esistono solo i soldi dei contribuenti

Volete un altro semplice esempio per capire che il liberalismo è scomparso? Il dibattito sulle tasse. Anche in questo caso, ci si divide fra chi è “irresponsabile” e vuol tagliare le tasse contro chi da “competente” li rimprovera di non trovare le coperture.

Anche qui: nessuno ricorda il semplicissimo fatto che i soldi dello Stato non esistono, esistono solo i soldi che lo Stato pretende di ricevere dal contribuente. Si dà per scontato che lo Stato debba spendere e che occorrano sempre grandi quantità di soldi versati (obbligatoriamente) dal contribuente per alimentare la spesa.

Manca anche qui la voce di chi dice: basta prendere soldi al contribuente! Ma lo Stato, così, non avrebbe più risorse per la spesa pubblica? Meglio. Spendiamo meglio noi, sappiamo meglio di qualunque funzionario pubblico come impiegare i nostri risparmi.

A nessuno viene in mente? C’è chi vuol tagliare tasse (ed è sempre un bene, sia chiaro) e spendere a debito e chi, al contrario, non le vuole tagliare per nulla. Ci si continuerà a dividere fra populisti e tecnocrati, con buona pace dei liberali.

Il ritorno della leva obbligatoria

Un’altra dimostrazione che il liberalismo è scomparso? Guardate solo quanto crescono le voci di chi vorrebbe un servizio civile obbligatorio o il ripristino della leva obbligatoria. Questa è la miglior dimostrazione, dopo l’accettazione passiva degli arresti domiciliari di massa (altrimenti detti: lockdown), che gli italiani, a gran maggioranza, ritengono che lo Stato sia il loro proprietario.

Neanche solo padrone, ma proprietario: un ente che dispone della nostra vita, del nostro tempo e del nostro stesso corpo, quando ne ha bisogno. Ovviamente siamo in democrazia: la maggioranza è perfettamente libera di votare per partiti che ci privano di ogni libertà. Ma è una scelta senza ritorno. Una volta persa la libertà, perderemmo anche la democrazia.

Come avvertiva Ronald Reagan, “la libertà è una cosa fragile, che non dista più di una generazione dall’estinzione”. Chi, in Italia, sta combattendo per preservarla?