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Vicolo cieco giudiziario, la gestione Covid va indagata in sede politica

La Procura di Bergamo ha sbagliato bersaglio e ora l’archiviazione di Conte e Speranza rischia di fornire argomenti a chi vorrebbe sabotare la Commissione d’inchiesta

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In Italia, almeno da Tangentopoli in poi, si è creata una sorta di ipnosi per cui ci si è illusi di risolvere per via giudiziaria una serie di questioni prettamente politiche. In questa sede, sarebbe superfluo non solo elencare i tanti casi in cui si è creato questo cortocircuito ma anche descrivere il sostanziale stallo (che poi si è prodotto) che condanna il Paese all’immobilismo.

Conte e Speranza verso l’archiviazione

Non fa eccezione la faccenda pandemica che ha funestato l’ultimo triennio. Ora che la Procura di Bergamo ha chiesto l’archiviazione (che sarà sottoposta all’attenzione del Tribunale dei ministri) per le posizioni dell’ex premier Giuseppe Conte e dell’ex ministro Roberto Speranza, c’è già chi teme che tutti gli approfondimenti sulla gestione sanitaria possano risolversi in un nulla di fatto.

In effetti, già in un commento dello scorso 4 marzo, avanzammo delle perplessità rispetto al campo d’azione dell’indagine giudiziaria che riguarda per lo più la mancata attuazione delle zone rosse ad Alzano Lombardo e Nembro. Insomma, quello che si imputa a Conte e Speranza è di non aver disposto ulteriori chiusure con conseguente limitazione delle libertà personali dei cittadini.

Oggi, peraltro, l’evoluzione delle conoscenze porta a ritenere che la perseverante strategia dei lockdown, oltre ad aver creato sfasci sul piano economico e sociale, non abbia certo arrestato la diffusione dei contagi con ricadute nocive per la stessa salute (soprattutto quella mentale).

L’ostruzionismo alla Commissione

Allora, i fautori della via giudiziaria rischiano di ritrovarsi con un pugno di mosche nel caso in cui il Tribunale dei ministri accolga la richiesta della Procura. A quel punto, per gli avversarsi dell’inchiesta politica sarebbe agevole brandire il provvedimento giudiziario per intralciare il lavoro della Commissione parlamentare.

Non a caso, ancor prima che il Tribunale dei ministri “assolva” l’ex premier e il suo ministro della salute, il deputato del Pd e membro della nascente Commissione, Gian Antonio Girelli, si è già portato avanti con il lavoro consegnando alle agenzie di stampa le seguenti dichiarazioni:

La richiesta di archiviazione nei confronti di Conte e Speranza è la riprova che ciò che chiediamo in merito alla Commissione d’inchiesta trova conforto anche nella richiesta avanzata dalla magistratura. Crediamo infatti che qualsiasi tentativo di esasperare i toni e portare avanti un’indagine inquisitoria sia ciò che più lontano possa esserci dalla ricerca di giustizia per un dramma quale è stato la pandemia. Forme di giustizialismo “variabile” non possono e non devono mai trovare giustificazioni politiche su eventi drammatici.

Be’, il giustizialismo a targhe alterne è uno dei tratti peculiari della politica italiana a cui nessuno schieramento è immune. L’Italia resta pur sempre il Paese dell’aforisma giolittiano secondo cui “le leggi per i nemici si applicano e per gli amici si interpretano”, ma il punto è un altro.

Invocare una volontà inquisitoria della maggioranza non ha molto senso perché evidentemente la caterva di errori commessi, la svolta autoritaria in stile cinese, i costi esorbitanti (e a volte pure gli sprechi) della gestione sanitaria non possono passare in cavalleria meritando un’analisi indispensabile almeno in sede politica. Girelli, invece, chiede di ripensare la Commissione:

Non può essere il risentimento politico, né lo scontro a ispirarne i lavori, bensì la volontà di analizzare e comprendere quanto avvenuto e capire quali iniziative mettere in campo con l’Oms sia a livello internazionale che nei rapporti con le Regioni.

Certo, se si parte paragonando la stessa commissione a una clava (Speranza dixit) che i partiti di governo intenderebbero scagliare contro la minoranza, non si intuisce dove risieda questa “volontà di analizzare e comprendere” da parte delle opposizioni.

Piuttosto, l’inchiesta parlamentare è vista come fumo negli occhi da parte di chi ha votato e caldeggiato provvedimenti liberticidi che hanno mortificato i diritti fondamentali per tre anni. Perciò, nasce il dubbio fondato che, dietro le petizioni di principio, si nasconda un intento ostruzionistico.

Regole e narrazione sopravvivono

Peraltro, da questa impostazione così rigida si fa fatica ad affrancarsi visto e considerato che ancora sopravvivono alcune regole sanitarie pure a pandemia terminata.

Per esempio, pur in assenza di norme che prescrivano il test obbligatorio per i ricoveri, il ministro Schillaci ha lasciato la discrezionalità ai direttori sanitari creando così una situazione confusa con vicende più che paradossali di cui hanno dato conto alcuni giornali nell’ultima settimana.

D’altronde, la narrazione a senso unico prosegue imperterrita affibbiando ancora la fastidiosa etichetta di no-vax a chiunque si permetta di mettere in discussione la liturgia sanitaria o rifiuti un tampone. Anche per questa opprimente e ottusa ideologia che ancora soffoca le nostre esistenze è necessario illuminare il recente passato.

Non per una sorta di nemesi come teme qualcuno, ma più semplicemente per scongiurare il rischio di essere nuovamente risucchiati in un incubo distopico per un’emergenza sanitaria (o di altro genere).

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