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I “liberali” per Più Europa? Protestanti immaginari

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Pianeta liberale: abbiamo un problema. Emma Bonino, con +Europa sostiene che si debbano armonizzare le tasse nell’Ue, come è stato puntualmente riportato in queste colonne, e attira il plauso, invece che la riprovazione, dei liberali che l’appoggiano e la vogliono votare. Basta aprire una qualunque discussione su un qualunque social network per trovare pareri di liberali (o almeno si dichiarano tali), pronti a spiegarti, con toni più o meno saccenti, più o meno scontrosi, spesso con argomenti per intimidazione (quelli che iniziano con “non mi dire che…”) come “sì, le tasse nell’Ue devono essere armonizzate, altrimenti è concorrenza sleale, altrimenti non si fa squadra, altrimenti è come se mi rubassero i soldi. Altrimenti non si fa lo Stato unitario europeo”. Su Radio24 la Bonino ha anche spiegato che taglierà le tasse su lavoro e impresa, ma a che prezzo! Togliere l’Iva al 10%, tutto al 22%, anche i farmaci e gli alimentari (in un periodo di povertà farmaceutica e alimentare in aumento); togliere la detrazione sul mutuo della prima casa; reintrodurre l’Imu sulla prima casa. E i nostri liberali: “è giusto tassare i patrimoni e togliere qualche privilegio”, perché “i soldi devono circolare, devono essere investiti nel lavoro e nella produzione”. La Bonino stessa ha poi rettificato, con un post sui social network in cui spiega che gli aumenti di tasse ci saranno “solo se necessario”, se i tagli alla spesa non saranno sufficienti a dare una copertura. Ma i suoi fan erano già andati oltre, dimostrandosi più realisti del re. Pur continuando a dirsi liberali.

Per essere chiara, anche a livello dottrinario, la stessa Bonino ha dichiarato di non voler essere paragonata alla Thatcher, ma di ispirarsi maggiormente al suo opposto, a Lord Beveridge, cioè lo storico architetto del welfare state britannico. Quello stesso welfare che, negli anni ’70, ridusse il Regno Unito ad essere il “grande malato d’Europa” e che la Thatcher dovette curare con una terapia shock. Dunque sì, abbiamo un problema nel pianeta liberale italiano. Quale? L’origine di tutti i fenomeni politici, gira e rigira, è sempre nella religione. Perché i politici e i partiti vanno e vengono, ma la questione religiosa è sempre lì, immutata da secoli. I liberali che si definiscono “laici” sono principalmente mossi da un solo istinto: l’anticlericalismo. Sono convinti che tutti, o almeno gran parte, dei problemi degli italiani derivino dal cattolicesimo. E’ chiaro che il pacchetto delle principali battaglie anticlericali, almeno in Italia, è offerto dalla sinistra, che si tratti di imporre l’Imu ai beni immobili della Chiesa o di legalizzare l’eutanasia, vietare l’obiezione di coscienza (negli ospedali, dopo aver promosso quella nell’esercito) o togliere i crocefissi da tutti i luoghi pubblici. Per cui la sinistra è l’area di riferimento, inevitabilmente, anche se è socialdemocratica.

La conseguenza dell’anticlericalismo, sempre più psicologica che razionale, è l’ammirazione per il mondo protestante. Non quello reale, vissuto, che magari vota Trump, ma quello sognato: l’utopia di un’Europa settentrionale onesta e laboriosa, che probabilmente non è neppure mai esistita. Questo sogno del protestantesimo, vissuto da persone non protestanti, è paragonabile al sogno buddista di molte signore vegane radical chic: è una moda e basta. Ma comporta, nella politica, alcune conseguenze spiacevoli. La prima è il neo-puritanesimo: credere che la disonestà italiana sia dovuta al segreto del confessionale cattolico (dove si lavano i peccati) porta a pretendere un comportamento privato onesto. Cosa in sé positiva, se non comportasse anche la pratica pericolosa di voler ficcare il naso nella vita personale di tutti, personaggi pubblici o privati che siano, con gogne mediatiche, caccia alle streghe e processi alle intenzioni. La seconda è una sorta di iper-virtuosismo economico: la convinzione che i soldi debbano sempre “circolare”. Anche questa è una fissazione attribuita al protestantesimo, poi fatta propria dal keynesismo ortodosso: credere che esista una distinzione fra il denaro “circolante”, investito in attività produttive e quello “improduttivo” depositato su un conto o investito nel mattone (nella casa da abitare). In realtà, come spiegava molto chiaramente l’economista e filosofo Murray Rothbard, non esiste alcun “denaro circolante”, perché “in ogni istante il denaro è sempre detenuto da qualcuno”. Ma la convinzione che esista fa sì che vengano promosse misure repressive contro il denaro contante, contro il risparmio familiare e il patrimonio. Lo scopo sarebbe quello di incentivare la circolazione del denaro, però il risultato è solo quello di trasferire il denaro dalle tasche dei privati alle casse dello Stato.

Il nostro amico liberale laico, protestante immaginario, ovviamente sogna che sia l’Europa a guida tedesca, dunque protestante, a commissariarci e guidarci. E si riassume tutto qui lo slancio di volere sempre “più Europa”, con questo sogno inconfessato e inconfessabile: italiani cattolici, infidi e corrotti, finalmente domati dagli onesti lavoratori protestanti. Peccato che ai tedeschi interessi poco o nulla pagare, con le tasche dei loro contribuenti, il nostro sogno di modernizzazione ed emancipazione. Piuttosto, per un mero discorso di rapporti di forze reali, è molto più probabile che si realizzi lo scenario opposto. Cioè che i nostri soldi siano usati dai socialdemocratici tedeschi e dai loro alleati italiani per realizzare i loro programmi sociali. Quelli sì, realmente parassitari. Buon voto.

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