Tanto tuonò, che arrivò la firma. Il tanto annunciato, rinviato, ritrattato accordo sulle materie prime tra Stati Uniti e Ucraina è arrivato a destinazione, con le firme a Washington del segretario al Tesoro Usa Scott Bessent e del ministro dell’economia e vicepremier ucraino Yulia Svyrydenko.
L’ultimo miglio
L’accelerazione finale, forse, dovuta anche alla scarsa propensione della Russia a impegnarsi nel processo di pace, di cui pare essersi accorto anche Donald Trump. Mosca non ha ancora risposto alla proposta di un cessate il fuoco completo di 30 giorni e l’alternarsi di mini-tregue e attacchi missilistici ha indispettito il presidente Usa, che ha mutato il suo atteggiamento nei confronti di Vladimir Putin (“mi fa pensare che forse non vuole fermare la guerra, forse mi sta prendendo in giro”).
Pur facendo attenzione a non chiudere gli spiragli di pace, da Washington è arrivato il messaggio che la pazienza non durerà per sempre, gli Usa potrebbero disimpegnarsi dal negoziato, se lo vedranno finire su un binario morto, per concentrarsi su altre priorità, ma l’accordo firmato ieri con Kiev segnala che non si disimpegneranno dall’Ucraina come probabilmente sperano a Mosca.
Anzi, sul tavolo sembra esserci un nuovo pacchetto di armi Usa per un valore record di 50 miliardi che verrebbe acquistato da Zelensky con fondi europei.
L’ultimo miglio per arrivare all’accordo, presumibilmente, propiziato dall’incontro Trump-Zelensky a San Pietro in occasione dei funerali di Papa Bergoglio.
Un buon accordo
E alla fine ne è scaturito un buon compromesso, che entrambi i presidenti possono rivendicare come reciprocamente vantaggioso. Un accordo equo, paritario, non predatorio, che, come auspicato, nell’impegno a lungo termine Usa in Ucraina rappresenta anche una implicita garanzia di sicurezza rispetto alle mire russe e, come vedremo, cinesi.
E, non secondario, che apre la porta a nuovi aiuti militari da parte degli Stati Uniti. Qualcosa che certamente non va nella direzione di un abbandono o una svendita a Putin come molti speravano/paventavano.
Un Fondo 50-50
Si tratta di un accordo quadro, da attuare con successivi documenti, che istituisce un “Fondo di investimento per la ricostruzione Usa-Ucraina”. Sarà gestito congiuntamente da Kiev e Washington, nessuna delle due parti avrà un voto dominante.
Riguardo gli aspetti più controversi che in queste settimane sono stati all’attenzione delle cronache, non sono previste riparazioni né debiti relativi ai precedenti aiuti Usa. L’Ucraina non si obbliga a cedere lo sfruttamento delle sue risorse, ma contribuirà al 50 per cento del Fondo con i proventi derivanti dalle nuove licenze di estrazione mineraria, compresi petrolio e gas. Sono esclusi i proventi derivanti da progetti già avviati e a bilancio.
Come hanno spiegato il premier ucraino Denys Shmyhal e la vicepremier Svyrydenko, Kiev mantiene la piena proprietà e il controllo delle sue risorse naturali, del sottosuolo e delle infrastrutture, e sarà il governo ucraino a “determinare cosa estrarre e dove”. Né sono previsti obblighi circa la proprietà e la gestione delle aziende statali ucraine coinvolte, come Ukrnafta ed Energoatom.
Washington contribuirà all’altro 50 per cento del Fondo, con finanziamenti diretti ma potenzialmente anche con nuovi aiuti militari, calcolati per il loro valore effettivo.
Il Fondo quindi investirà in progetti – esclusivamente sul territorio ucraino e selezionati congiuntamente – di estrazione di materie prime critiche, inclusi petrolio e gas, nonché nelle relative infrastrutture e lavorazioni. Nei primi dieci anni gli utili e i ricavi del Fondo non saranno distribuiti, ma reinvestiti in Ucraina, in nuovi progetti o nella ricostruzione. E non saranno tassati, né in Ucraina né negli Stati Uniti. Il Fondo inoltre non interferirà con il percorso di adesione di Kiev all’Unione europea.
Messaggio a Russia e Cina
Estremamente significative le parole usate dal segretario Bessent nell’ufficializzare e presentare l’intesa:
Questo accordo invia un chiaro messaggio alla Russia: l’amministrazione Trump è impegnata in un processo di pace che abbia al centro un’Ucraina libera, sovrana e prospera nel lungo termine. Il presidente Trump ha concepito questo partenariato tra il popolo americano e il popolo ucraino per dimostrare l’impegno di entrambe le parti per una pace e una prosperità durature in Ucraina.
Un altro passaggio è rivolto invece a Pechino: “E per essere chiari, a nessuno Stato o persona che abbia finanziato o rifornito la macchina da guerra russa sarà consentito di trarre beneficio dalla ricostruzione dell’Ucraina”, ha ammonito Bessent. Esclusi quindi accordi per la ricostruzione dell’Ucraina con gli Stati o i soggetti che hanno aiutato o aiutano lo sforzo bellico di Mosca.
Il segretario di Stato americano Marco Rubio ha definito l’accordo una “pietra miliare nella nostra prosperità condivisa e un passo importante per porre fine a questa guerra”.
L’accordo segnala alla leadership russa che gli Stati Uniti restano impegnati a lungo termine nel futuro dell’Ucraina, che tirare per le lunghe i negoziati e procrastinare la guerra, nella convinzione che tanto prima o poi gli americani la abbandoneranno, è un’illusione.
Avviare da zero attività estrattive e di raffinazione è un processo che richiederà tempo, ma si tratta di interessi di lungo periodo, grandi investimenti, imprese e uomini impiegati sul terreno in Ucraina. Non software, hardware.
“Abbiamo raggiunto un accordo in cui i nostri soldi sono al sicuro, in cui possiamo iniziare a scavare e fare ciò che dobbiamo fare”, ha commentato il presidente Trump, osservando:
È anche buono per loro, perché hai una presenza americana sul posto. E la presenza americana terrà molti cattivi attori fuori dal Paese, o certamente fuori dall’area.
Valore politico
Ma a prescindere dal potenziale economico dell’accordo, se si tradurrà in nuove estrazioni di materie prime e miliardi di dollari, o invece resterà una scatola vuota (un “nothingburger” lo chiamano gli americani), al momento ciò che conta è il suo valore politico. Come abbiamo più volte ripetuto, è la formula scelta dall’amministrazione Trump per giustificare agli americani la prosecuzione di fatto del sostegno Usa all’Ucraina.